Con la sentenza 27 giugno 2012, n. 164, la Corte Costituzionale si è espressa in merito alla disciplina della SCIA (segnalazione certificata di inzio attività), dichiarando la legittimità costituzionale della sua applicazione a tutte le materie, tra cui quelle che spettano alla competenza concorrente delle regioni, compresa l’edilizia.
La Corte Costituzionale, in particolare, è stata chiamata a pronunciarsi in merito alle seguenti questioni:
A) La prima sollevata dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, dalle Regioni Toscana, Liguria, Emilia Romagna, Puglia, e relativa a questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 49, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122.
L’art. 49, comma 4-bis, ha riformulato l’art. 19 della legge n. 241 del 1990, introducendo, al posto della Denuncia Inizio Attività (DIA), la Segnalazione Certificata di Inizio attività (SCIA), in virtù della quale sono ridotti gli oneri amminsitrativi per il privato, consentendogli di intraprendere un’attività economia immediatamante, fin dalla data di presentazione di una semplice segnalazione all’amministrazione pubblica competente.
Il comma 4-ter, del medesimo art. 49, prevede l’estensione dell’applicazione del comma 4-bis anche ai procedimenti amministrativi ricadenti nelle materie di competenza legislativa regionale.
Le Regioni ricorrenti contestano tali disposizioni definendole illegittime in quanto incidenti su ambiti ricadenti nella sfera di competenza di legislazione regionale, di natura esclusiva o concorrente e, dunque, contrastanti con le garanzie costituzionali concernenti il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni.
La Corte dichiara infondati i ricorsi sottolineando che, ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, occorre far riferimento all’oggetto e alla disciplina delle disposizioni censurate per identificare, in modo chiaro, l’interesse tutelato e tralasciare, invece, gli effetti marginali e riflessi (sentenze n. 207 del 2010; n. 1 del 2008; n. 169 del 2007; n. 447 del 2006; n. 406 e n. 29 del 1995). La Consulta sostiene, pertanto, che la disciplina della SCIA, con il principio di semplificazione ad essa sotteso, riferendosi ad «ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli stessi» ha un ambito applicativo diretto alla generalità dei cittadini e perciò va oltre la materia della concorrenza, anche se è ben possibile che vi siano casi nei quali quella materia venga in rilievo. Tuttavia, ciò deve essere verificato in concreto non potendosi assumere violata per il semplice richiamo della disposizione contestata alla concorrenza.
B) Con la stessa sentenza, la Corte si è espressa anche sulla questione di legittimità costituzionale proposta dalla Regione Emilia Romagna e relativa all’articolo 5, comma 1, lettera b), comma 2, lettere b) e c), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, «nella parte in cui tale articolo conferma o dispone l’applicabilità della SCIA alla materia edilizia e nella parte in cui – attraverso il nuovo comma 6-bis dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) – introduce un termine breve di trenta giorni per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti della SCIA in materia edilizia», per violazione degli articoli 3, 9, 97, 114, 117 e 118 della Costituzione.
Volendo sintetizzare, la ricorrente contesta l’illegittimità sia della regola che consente l’immediato avvio dell’attività edilzia sia della regola che costringe i controlli nel termine irrazionalmente breve di trenta giorni per violazione del riparto costituzionale delle competenze legislative nella materia.
La Consulta dichiara infondato il ricorso estendendo le considerazioni svolte in via generale anche alla SCIA in materia edilizia, entro i limiti e con le esclusioni previsti. Infatti, dopo aver evidenziato che la normativa contestata sarebbe attinente alla materia dei livelli essenziali delle prestazioni e pertanto rientrerebbe nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett m), Cost., afferma che la disciplina della SCIA risponderebbe all’esigenza di dettare un procedimento uniforme su tutto il territorio nazionale in un’ottica di maggiore competitività delle imprese: la semplificazione che deriverebbe dalla fissazione del livello standardizzato, strutturale e qualitativo, di una data prestazione sarebbe essenziale per fronteggiare situazioni peculiari quali fasi di congiungura economica eccezionalmente negative (sentenza n. 10 del 2010, punto 6.3 del considerato di diritto) come quella attuale.