Corte Costituzionale, sentenza 21 marzo 2012, n. 62 in tema di illegittimità costituzionale della legge regionale che affida direttamente ad un ente pubblico la gestione del servizio idrico integrato

29.05.2012

La Corte Costituzionale, con la sentenza 21 marzo 2012, n. 62 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, dell’art. 5 e dell’art. 9, comma 1, della legge della Regione Puglia 20 giugno 2011, n. 11 (Gestione del servizio idrico integrato. Costituzione dell’Azienda pubblica regionale “Acquedotto pugliese – AQP”.

Le tre disposizioni della legge regionale Puglia n. 11/2011 oggetto dalla censura di costituzionalità dettavano rispettivamente le seguenti previsioni:

a)      l’articolo 2, co. 1, stabiliva che «…il servizio idrico integrato della Puglia è affidato a un’azienda pubblica regionale che realizza la parte prevalente della propria attività con l’ente pubblico che la controlla, anche per beneficiare delle economie di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento del servizio e con l’obbligo del reinvestimento nel servizio di almeno l’80 per cento degli avanzi netti di gestione»;

b)      l’articolo 5 disciplinava il subentro della Azienda pubblica regionale nel patrimonio e nei rapporti della s.p.a. Acquedotto pugliese, a suo tempo costituita, mediante trasformazione del preesistente “Ente autonomo per l’acquedotto pugliese”, con il d.lgs. 11 maggio 1999, n. 141 (Trasformazione dell’Ente autonomo acquedotto pugliese in società per azioni, a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera b, della legge 15 marzo 1997, n. 59);

c)      l’articolo 9, co. 1, disponeva che «il personale in servizio presso l’Acquedotto pugliese S.p.A. alla data di costituzione dell’AQP transita nell’organico dell’AQP alla data della costituzione della medesima, conservando tutti i diritti giuridici ed economici acquisiti, senza ulteriori e maggiori oneri. Nell’attuazione di tale progetto sono assicurate le relazioni sindacali».

Nel motivare la propria decisione, la Corte Costituzionale ha espresso le osservazioni di seguito indicate.

a) Con riferimento alla previsione contenuta nell’articolo 2, co. 1,  i Giudici hanno affermato che essa risulta in contrato con l’articolo 117, secondo comma, lettere e) ed s) della Costituzione. Al riguardo la Corte osserva, in primo luogo, che «la disciplina dell’affidamento della gestione del SII attiene, come piú volte affermato da questa Corte, alle materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del 2011; n. 325 del 2010; n. 142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del 2009). Nella specie, anche dopo l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 (con effetto dal 21 luglio 2011, ad opera dell’art. 1, commi 1 e 2, del d.P.R. 18 luglio 2011, n. 113, recante “Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”), resta vigente il disposto del terzo periodo del comma 186-bis dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009 (inserito dall’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42), in forza del quale alla legge regionale spetta soltanto disporre l’attribuzione delle funzioni delle soppresse Autorità d’àmbito territoriale ottimale (AATO), “nel rispetto dei princípi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza”, e non spetta, di conseguenza, provvedere direttamente all’esercizio di tali funzioni affidando la gestione ad un soggetto determinato».

Alla luce di tale ricostruzione, dunque, la Corte rileva che “la norma regionale impugnata si pone in contrasto con la suddetta normativa statale, perché – disponendo che la gestione del SII è affidata ad un’azienda pubblica regionale avente determinate caratteristiche – da un lato esclude che l’ente regionale successore delle competenze dell’AATO (ossia l’Autorità idrica pugliese) deliberi con un proprio atto le forme di gestione del SII e provveda all’aggiudicazione della gestione del servizio al soggetto affidatario e dall’altro, con disposizione che tiene luogo di un provvedimento, stabilisce essa stessa che il SII sia affidato ad un’azienda pubblica regionale, da identificarsi necessariamente nell’unica (a quanto consta) azienda pubblica regionale istituita al fine di detta gestione, cioè nell’azienda denominata “Acquedotto pugliese – AQP”, prevista dalla medesima legge reg. Puglia n. 11 del 2011 (artt. da 5 a 14). Poiché, come già rilevato, la normativa statale non consente che la legge regionale individui direttamente il soggetto affidatario della gestione del SII e che stabilisca i requisiti generali dei soggetti affidatari di tale gestione (cosí determinando, indirettamente, anche le forme di gestione), appare evidente la violazione dell’evocato art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Costituzione».

b) Con riferimento alla previsione contenuta nell’articolo 5, nella pronuncia si osserva che tale  disposizione «incide sul patrimonio e sui rapporti attivi e passivi di una società per azioni costituita con legge statale; società nel cui oggetto sociale rientra la “gestione del ciclo integrato dell’acqua» e che è destinata ad operare (in base al citato d.lgs. n. 141 del 1999) almeno fino al 31 dicembre 2018». In tale linea di ragionamento, continua la Corte «…la norma regionale impugnata è riconducibile – oltre che alla materia ordinamento civile – alle materie tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, entrambe riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in base agli evocati parametri costituzionali (come evidenziato dalle sopra citate sentenze n. 187 del 2011; n. 128 del 2011; n. 325 del 2010; n. 142 del 2010; n. 307 del 2009; n. 246 del 2009)».

c) Infine, in riferimento all’articolo 9, co. 1, la Corte ha rilevato il contrasto con l’articolo 97 della Costituzione nella misura in cui «La normativa impugnata dispone un generale ed automatico transito del personale di una persona giuridica di diritto privato, la s.p.a. Acquedotto pugliese, nell’organico di un soggetto pubblico regionale, l’Azienda pubblica regionale denominata AQP, senza il previo espletamento di alcuna procedura selettiva. Le modalità di tale transito costituiscono, pertanto, una palese deroga al principio del concorso pubblico, al quale debbono conformarsi − come piú volte affermato da questa Corte – le procedure di assunzione del personale delle pubbliche amministrazioni (ex plurimis, sentenza n. 190 del 2005). Il mancato ricorso a tale forma generale e ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione non trova, nella specie, alcuna peculiare e straordinaria ragione giustificatrice (che non risulta dal testo della legge regionale, non è indicata dalla Regione resistente e, allo stato degli atti, neppure appare ricavabile aliunde), tanto da risolversi in un privilegio indebito per i soggetti che possono beneficiare della norma impugnata (sulla necessità che le eccezioni alla regola di cui all’art. 97 Cost. rispondano a peculiari e straordinarie esigenze di servizio, ex plurimis, sentenze n. 363, n. 205 e n. 81 del 2006».

a cura di Luigi Alla


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