Con tale sentenza la Corte di Giustizia dichiara contraria al diritto dell’Unione la legge italiana n. 13 aprile 1988, n. 117, art. 2, concernente la responsabilità civile dei magistrati per i danni arrecati ai singoli a seguito della violazione del diritto medesimo.
In particolare, ad avviso della Corte, la surrichiamata disposizione legislativa non è conforme al diritto dell’Unione laddove (i) esclude qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o di valutazione di fatti e prove effettuate dall’organo giurisdizionale medesimo, (ii) limita tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave.
L’esclusione o la limitazione di responsabilità dello Stato ai casi di dolo o di colpa grave è contraria al principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado.
Tale principio, come noto, è stato precedentemente consacrato nelle sentenze della Corte di Giustizia, Kobler (sentenza 30 settembre 2003, C-224/01) e Traghetti del Mediterraneo (sentenza 13 giugno 2006, causa C-173/03), nelle quali la Corte ha affermato che il diritto dell’Unione osta ad una legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado per il motivo che la violazione controversa risulti da un’interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale.
La Corte, inoltre, nella presente decisione, rammenta che tre sono le condizioni in presenza delle quali uno Stato membro è tenuto al risarcimento dei danni causati ai singoli per violazione del diritto dell’Unione al medesimo imputabile, vale a dire che (i) la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, (ii) si tratti di violazione sufficientemente caratterizzata, (iii) esista un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi.
Da ciò consegue che la responsabilità dello Stato per i danni causati dalla decisione di un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado che violi una norma di diritto dell’Unione è disciplinata dalle stesse condizioni;
Con riferimento alla seconda di dette condizioni, la responsabilità dello Stato può essere invocata solamente nel caso eccezionale in cui il giudice abbia violato in maniera manifesta il diritto vigente. Sul punto, la Corte ricorda che, se è pur vero che non si può escludere che il diritto nazionale precisi i criteri relativi alla natura o al grado di una violazione, tali criteri non possono, in nessun caso, imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di una manifesta violazione del diritto vigente. A tal riguardo, nel caso di specie, la Commissione sostiene che la nozione di “colpa grave”, di cui all’art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 117/88, viene interpretata dalla suprema Corte di cassazione in termini coincidenti con il “carattere manifestamente aberrante dell’interpretazione” effettuata dal magistrato e non con la nozione di “violazione manifesta del diritto vigente” postulata dalla Corte ai fini del sorgere della responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione.
Peraltro, la Corte rileva che l’Italia non è stata in grado di provare che l’interpretazione di tale legge ad opera dei giudici italiani sia conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia, nel senso di porre un semplice limite alla responsabilità dello Stato e non nel senso di escluderla, nell’ipotesi di violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado. Motivo per il quale la predetta legge risulta non conforme al diritto dell’Unione, nella misura in cui esclude o limita la responsabilità dei magistrati per i danni arrecati ai singoli a seguito della violazione del diritto dell’Unione.