Attuazione regionale della Direttiva Servizi: sollevate dal Governo le questioni di costituzionalità nei confronti della Legge regionale Piemonte n. 13 del 27-07-2011 e della Legge regionale Liguria n. 23 del 12-08-2011

25.05.2011

Regione: Piemonte
Estremi: legge n.13 del 27-07-2011
Bur: n. 31 del 04-08-2011
Settore: Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. del: 22-09-2011 / Impugnativa

Motivi dell’impugnativa: La legge regionale, che detta disposizioni urgenti in materia di commercio, è censurabile relativamente alla disposizione, contenuta nell’articolo 4, che modifica l’articolo 10 della l.r. n. 28/1999 in materia di commercio su aree pubbliche, inserendo i commi 01 e 02. Il comma 01 prevede che il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su area pubblica non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), in quanto attività non limitate dalla scarsità delle risorse naturali o dalle capacità tecniche disponibili e per i motivi imperativi di interesse generale ascrivibili, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera h) del D.Lgs. 59/2010, all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, all’incolumità pubblica, al mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale e alla tutela dei consumatori. Si dispone altresì che la durata della validità delle concessioni sia disciplinata dalla normativa vigente. L’articolo 16 del d. leg.vo n.59/2010, che costituisce attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, riproducendo l’articolo 12 della stessa direttiva stabilisce :”1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l’imparzialità, cui le stesse devono attenersi. 2.Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorità competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto comunitario. 3. L’effettiva osservanza dei criteri e delle modalità di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi al rilascio del titolo autorizzatorio. 4. Nei casi di cui al comma 1 il titolo e rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo.” La norma esplicita il principio contenuta nel punto 62 del Considerando premesso alla direttiva 2006/123/CE , ove si afferma che , nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche, è opportuno prevedere una procedura di selezione tra diversi candidati potenziali, al fine di sviluppare, tramite la libera concorrenza, la qualità e le condizioni di offerta di servizi a disposizione degli utenti. Tale procedura dovrebbe offrire garanzie di trasparenza e di imparzialità e l’autorizzazione così rilasciata non dovrebbe avere una durata eccessiva, non dovrebbe poter essere rinnovata automaticamente o conferire vantaggi al prestatore uscente. In particolare, la durata dell’autorizzazione concessa dovrebbe essere fissata in modo da non restringere o limitare la libera concorrenza al di là di quanto è necessario per garantire l’ammortamento degli investimenti e la remunerazione equa dei capitali investiti. Qualora gli Stati membri limitino il numero di autorizzazioni per ragioni diverse dalla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche. Le autorizzazioni in questione dovrebbero comunque ottemperare alle altre disposizioni della direttiva relative ai regimi di autorizzazione. La norma regionale in esame, invece, come detto , afferma in maniera apodittica che il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su area pubblica non rientrano nell’ambito di applicazione della norma statale che è attuazione dei sopra descritti principi, stabilendo altresì che la durata della validità delle concessioni sia disciplinata dalla vigente normativa. In primo luogo va rilevato che la disposizione regionale costituisce di fatto una norma di interpretazione autentica della legge statale (in particolare, dell’articolo 16 del d.lgs. 59/2010); l’interpretazione che ne viene data è che le concessioni di posteggio per il commercio su area pubblica non rientrano tra le ipotesi di scarsità di risorse naturali, prese in considerazione dalla norma statale per farne discendere l’obbligo di una procedura di selezione; conseguentemente, è esclusa l’applicazione della disposizione dello Stato nel territorio della regione. Così intesa, la norma regionale viola la potestà legislativa dello Stato in relazione all’art. 117, comma 2. lettera l) della Costituzione. Indipendentemente dalla correttezza della soluzione interpretativa, non è consentito ai legislatore regionale fornire un’interpretazione autentica di una norma statale, in quanto ciò presupporrebbe la sussistenza della potestà legislativa. In sostanza, perché possa aversi interpretazione autentica, occorre che vi sia coincidenza tra il soggetto cui risale la disposizione interpretata e quello cui risale la disposizione interpretante. Quella di interpretazione autentica «è una legge espressione della potestà legislativa – e non già di una soggettiva volontà “chiarificatrice” del suo autore», il che implica che «l’emanazione di una legge di interpretazione autentica presuppone la sussistenza della potestà legislativa da pane dell’organo legiferante (cfr.Corte Cost., sent. n. 232 del 2006). Deve inoltre considerarsi che il commercio ambulante può svolgersi solo su suolo pubblico disponibile a tal fine e, visto il carattere circoscritto di tale risorsa, le norme comunitarie e nazionali impongono, al fine di consentire un accesso al mercato su base paritaria, che le autorizzazioni alla vendita nei mercati ambulanti abbiano durata limitata. Il periodo per il quale vengono concesse le autorizzazioni deve essere tale da consentire al prestatore di recuperare il costo degli investimenti e ottenerne un giusto rendimento, ma è comunque necessario attuare una procedura di selezione specifica per il rilascio di dette autorizzazioni, allo scopo di garantire imparzialità e trasparenza, nonché condizioni di concorrenza aperta. Risulta pertanto evidente il contrasto della norma regionale con i principi comunitari contenuti nelle citate norme della direttiva 2006/123/CE nonché del d. leg.vo n. 59/2010, in violazione quindi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, per mancato rispetto dei vincoli comunitari, nonché della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza di cui all’art. 117 secondo comma lettera e) della Costituzione Le medesime considerazioni valgono anche in relazione alla norma, contenuta nell’articolo 5 che, sostituendo l’articolo 11 della l.r. regionale n.28/1999, introduce apposite disposizioni in materia di commercio su aree pubbliche non recependo i principi di cui al citato articolo 16 del d.lgs. n. 59/2010, in particolare per quel che riguarda il divieto del rinnovo automatico delle concessioni, in violazione quindi dell’articolo 117, commi primo e secondo, lettera e) della Costituzione. Per questi motivi la legge deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

Regione: Liguria

Estremi: legge n.23 del 12-08-2011

Bur: n. 6 del 17-08-2011

Settore: Politiche infrastrutturali

Delibera C.d.M. del: 13-10-2011 / Impugnativa

 

Motivi dell’impugnativa: La legge regionale in esame, che modifica la legge regionale 2 gennaio 2007, n. 1 recante il “Testo unico in materia di commercio”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale. L’articolo 15 modifica l’articolo 28 della L.R. n. 1/2007 prevedendo che l’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche, sia su posteggi dati in concessione che in forma itinerante, così come descritto al comma 1 è soggetto ad autorizzazione rilasciata dal Comune a persone fisiche, a società di persone regolarmente costituite o cooperative ed in possesso dei requisiti di cui agli articoli 12 e 13″. Tale previsione, non prevedendo tra i soggetti che possono essere autorizzati, per l’esercizio dell’attività del commercio su aree pubbliche, le società di capitale contrasta con la disciplina statale in materia di commercio; infatti, l’articolo 28 del D.Lgs. n. 114/1998, modificato dall’articolo 70 del D.Lgs. n. 59/2010, recante attuazione della direttiva 2006/123/CE (cd. direttiva servizi), prevede che l’autorizzazione all’esercizio di attività di commercio su aree pubbliche possa essere rilasciata, oltre che a persone fisiche, società di persone e cooperative, anche a società di capitali regolarmente costituite. Ne consegue che la norma regionale, nel disciplinare il rilascio delle autorizzazioni, detta una disciplina derogatoria e più restrittiva rispetto a quella statale, intervenendo in un ambito che attiene alla tutela della concorrenza che, ai sensi dell’art. 117, comma 2, della Costituzione è di esclusiva competenza statale. L’art 15, comma 2, lettera b), della legge in esame, pertanto, contrasta con l’art. 117, comma 1 e 117, comma 2, lett. e), della Costituzione. L’articolo 51, comma 1, prevede che, in attesa dell’adozione dei criteri per l’assegnazione dei posteggi sulle aree pubbliche – che, come stabilito dalla stessa legge regionale (articolo 17), devono essere adottati dalla Giunta regionale ai sensi dell’intesa in sede di Conferenza Unificata – continuino ad applicarsi i criteri regionali previgenti. I criteri finora previsti dalla legislazione regionale (articolo 30, comma 4, della L. n. 1/2007, nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dalla L. n. 23/2011) contrastano con i principi comunitari posti a tutela della concorrenza e, in particolare, con quelli di libertà di stabilimento e di parità di trattamento tra i partecipanti. Detti criteri, infatti, impongono di tener conto, nel rilascio dell’autorizzazione, del maggior numero di presenze maturate nel mercato o nella fiera e, a parità di anzianità di presenze, della complessiva anzianità maturata quale risultante dal registro delle imprese. E’evidente che i suddetti criteri, attribuendo un vantaggio a coloro che hanno svolto in precedenza l’attività nel mercato o nella fiera, anziché promuovere la concorrenza, hanno l’effetto di limitare l’accesso di nuovi soggetti all’esercizio dell’attività commerciale. La previsione contrasta, peraltro, con l’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE, in base al quale, qualora debba attuarsi una selezione tra diversi candidati, a causa del numero limitato delle autorizzazioni disponibili, non è possibile accordare vantaggi al prestatore uscente. Si segnala che la Corte Costituzionale, con le sentenze n. 180 del 2010 e n. 213 del 2011, in tema di concessioni demaniali marittime a scopo turistico-balneare, ha censurato le norme regionali che attribuivano il diritto di proroga ai titolari delle concessioni, evidenziando che una simile previsione «viola l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza. Infatti, la norma regionale prevede un diritto di proroga in favore del soggetto già possessore della concessione, consentendo il rinnovo automatico della medesima. Detto automatismo determina una disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza, dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilità, alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti». Pertanto sulla scorta delle suesposte argomentazioni si ritiene che l’art. 51 comma 1 della legge regionale in esame si pone in contrasto sia con l’art. 117, comma 1, sia con l’art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione. Infine l’art. 40 inserendo l’art. 116-bis nella l.r. n. 1/2007, viola l’art. 117, comma 2, lett. e). Detta disposizione prevede che “I distributori automatici possono rimanere aperti fino ad un massimo di ventiquattro ore, salvo diverse determinazioni dei Comuni adottate attraverso forme di consultazione e di confronto con le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle imprese interessate”. Trattasi di disciplina che, sebbene sia riconducibile alla materia «commercio», di competenza regionale, non può sottrarsi, secondo il pacifico orientamento della Consulta (cfr., da ultimo, Corte Cost., sentenza 21.4.2011, n. 150), ad una necessaria valutazione se la stessa, nel suo contenuto, determini o meno un vulnus alla tutela della concorrenza. Ed invero, la materia «tutela della concorrenza», di cui all’art. 117, secondo comma lettera e), Cost., non ha solo un ambito oggettivamente individuabile che attiene alle misure legislative di tutela in senso proprio, quali ad esempio quelle che hanno ad oggetto gli atti e i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, ma, dato il suo carattere «finalistico», anche una portata più generale e trasversale, non preventivamente delimitabile, che deve essere valutata in concreto al momento dell’esercizio della potestà legislativa sia dello Stato che delle Regioni nelle materie di loro rispettiva competenza. Nel caso di specie, la norma regionale, sopra indicata, nell’attribuire ai Comuni la possibilità di limitare, con proprie determinazioni (sebbene adottate all’esito di forme di consultazione e di confronto con le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle imprese interessate), l’orario di apertura dei distributori automatici, è tale da determinare possibili effetti anticoncorrenziali. I distributori self service, infatti, perseguono il fine di estendere il servizio vendita ad ambiti orari diversi, oltre che con diverse modalità; quindi, le determinazioni dei Comuni, alla cui adozione questi ultimi vengono abilitati dalla norma di legge regionale in argomento, potrebbero finire per dare luogo ad una sorta di ausilio (pur se involontario) anticoncorrenziale agli esercizi tradizionali, piuttosto che quale perseguimento delle esigenze della collettività ed in primis della tutela della concorrenza e dei relativi benefici effetti (cfr., sul punto, T.A.R. Liguria, sezione II, sentenza 24.8.2011, n. 1352). Per questi motivi le sopra evidenziate norme regionali devono essere impugnate di fronte alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

a cura di Rocco Cifarelli