ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO 1 AGOSTO 2011, N. 16

31.05.2011

Ad. Plen. n. 16 del 2011

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 2011 si segnala perché offre interessanti spunti utili a chiarire alcuni profili riguardanti l’ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo del d.lgs. n. 163 del 2006 nei settori speciali (ex esclusi).

La controversia devoluta alla cognizione dell’Adunanza plenaria riguardava l’affidamento di un servizio di vigilanza da parte di un’impresa pubblica, il cui svolgimento non sarebbe risultato del tutto conforme alle previsioni contenute nel d.lgs. n. 163 del 2006 (il c.d. “Codice dei contratti pubblici”).

In via preliminare, il Consiglio di Stato richiama la particolare natura delle imprese pubbliche, le quali, pur essendo annoverate all’interno del Codice dei contratti pubblici, si collocano su di un piano diverso da quelle delle “amministrazioni aggiudicatrici”, in quanto qualificate nei termini di “enti aggiudicatori”. Nella sentenza b. 16 del 2011, inoltre, si ricorda come sia la direttiva 2004/17/CE, sia il d.lgs. n. 163 del 2006 prevedano una rigorosa delimitazione anche dell’ambito oggettivo di applicazione delle disposizioni e, ciò, perché l’obiettivo di tali norme è quello “di garantire la tutela della concorrenza in relazione a procedure di affidamento di appalti da parte di enti operanti in settori sottratti, per il passato, alla concorrenza e al diritto comunitario dei pubblici appalti”. Tanto ciò è vero che la Corte di Giustizia della Comunità Europea (sentenza 10 aprile 2008 C-393/06, Aigner) ha escluso che trovi applicazione nei settori speciali la “c.d. teoria del contagio di cui alla giurisprudenza Mannesman“, in virtù della quale il regime applicabile all’organismo di diritto pubblico opera per tutti gli appalti indetti da tale soggetto senza distinzioni in funzione della attività (imprenditoriale o meno) a cui l’affidamento si riferisce. Per completezza, si ricorda come ai fini della ricostruzione del quadro normativo di riferimento occorre tenere presente anche l’art. 217 del Codice dei contratti pubblici, con il quale si esclude l’applicabilità della disciplina dei settori speciali agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano “per scopi diversi dall’esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 208 a 213 o per l’esercizio di tali attività in un Paese terzo, in circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un’area geografica all’interno della Comunità”.

In questa prospettiva, il Consiglio di Stato ha agevolmente rilevato l’insussistenza del precitato nesso, in quanto il servizio di vigilanza degli uffici della sede societaria non può certo essere considerata espressione degli scopi propri (core business) dell’attività speciale del gruppo, di estrazione e commercializzazione del petrolio o del gas e, ciò, anche in considerazione del fatto che delle norme in questione occorre preferire un’interpretazione restrittiva.

L’accertata impossibilità di ricondurre l’appalto alla categoria dei settori speciali, pone la conseguente questione relativo alle norme applicabili in materia potendo in astratto ipotizzarsi che rilevi la disciplina prevista per i settori ordinari, oppure l’art. 27 del d.lgs. n 163/2006, ovvero i soli

Principi generali posti a tutela della concorrenza contenuti nei Trattati dell’Unione europea, oppure il diritto privato. In quest’ultima ipotesi, peraltro, non sarebbe ipotizzabile la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

L’Adunanza plenaria esclude, anzitutto, che si possano applicare le norme previste per i settori ordinari, in quanto tali previsioni possono presuppongono la possibilità di qualificare il soggetto che indice la gara nei termini di una amministrazione aggiudicatice

Queste ultime, infatti, al contrario delle imprese pubbliche sono comunque assoggettate al rispetto delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 163 del 2006: diversamente, le imprese pubbliche, enti aggiudicatori al di fuori dei settori speciali individuati dal Codice dei contratti, ossia dei servizi pubblici ex monopolistici, non svolgono alcuna attività amministrativa con assunzione delle pertinenti prerogative e “pertanto non sorge la necessità di assicurare normativamente la garanzia della concorrenza dei potenziali contraenti, mediante l’imposizione di scansioni particolari del processo di formazione contrattuale”.

Del pari, nella sentenza n. 16 del 2011 non si ritiene applicabile l’art. 27 del d.lgs. n. 163/2006, il quale, peraltro, rappresenta il recepimento a livello di norma nazionale dei principi comunitari comunque applicabili ai contratti pubblici. Per inciso, il Consiglio di Stato si sofferma sulla recente modifica introdotta dal d.l. 13 maggio 2011 n. 70 conv. in l. 12 luglio 2011 n. 106 per specificare che “la nuova previsione … ha una portata interpretativa e non innovativa”, in quanto volta a chiarire che “l’applicazione dei principi dei Trattati ai contratti esclusi dal codice” presuppone in ogni caso che si tratti “di contratti posti in essere dai soggetti contemplati dal codice, e dunque rientranti nell’ambito di applicazione soggettiva del codice e del diritto comunitario”. E’ evidente, d’altra parte, come sarebbe del tutto irragionevole imporre l’applicazione di principi di evidenza pubblica a soggetti del tutto estranei all’ambito del codice, e dunque ad appalti retti dal diritto privato. Alla luce di quanto precede, il Consiglio di Stato afferma che l’art. 27 del d.lgs. n. 163 del 2006 non individua una sorta di tertium genus dei pubblici appalti che si aggiunge ai settori ordinari e ai settori speciali, ricollegandosi piuttosto agli appalti dei settori ordinari o speciali, e ai soggetti appaltanti di tali settori. In  questo senso, si richiamano le ipotesi degli appalti sotto soglia ovvero gli affidamenti delle concessioni di servizi e degli appalti di servizi dell’allegato II B.

Ancora diversa è l’ipotesi di cui all’art. 217 del Codice dei contratti pubblici, in quanto tali affidamenti configurerebbero una “categoria residuale, che comprende qualsiasi tipo di appalto estraneo al settore speciale”, ossia di appalti del tutto “estranei” all’ambito di azione della direttiva 2004/17/CE. Secondo il Consiglio di Stato occorre distinguere tra “gli appalti “esenti” e quelli “estranei”: i primi “sono quelli in astratto rientranti nei settori di intervento delle direttive, ma che ne vengono esclusi per ragioni latu sensu di politica comunitaria, quali, ad es., gli appalti segretati, o i servizi di arbitrato e conciliazione, o acquisto o locazione di terreni e fabbricati, e le stesse concessioni di servizi”; i secondi “sono quelli esclusi perché sono del tutto al di fuori dei settori di intervento delle direttive o dello stesso ordinamento comunitario, quali gli appalti da eseguirsi al di fuori del territorio dell’Unione (art. 15, direttiva 2004/18/CE e art. 22, direttiva 2004/17/CE), o quali gli appalti aggiudicati dagli enti aggiudicatori dei settori speciali per fini diversi dall’esercizio delle attività nei settori speciali (art. 20, direttiva 2004/17/CE)”.

In conclusione, dal momento che l’appalto oggetto della controversia “è estraneo sia ai settori speciali, sia ai settori ordinari, sia all’art. 27, di cui al d.lgs. n. 163/2006, ed essendo altresì sottratto ai principi dei Trattati”, il Consiglio di Stato non può che concludere nel senso del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

A cura di Filippo Degni