Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, Fundación Manuel Giménez Abad, Real Insituto Elcano, Friedrich Ebert Stiftung, Konrad Adenauer Stiftung, Secretaría de Estado para la Unión Europea del Ministerio de Exteriores y de Cooperación.
Madrid, 14 giugno 2011
Il ruolo dei Parlamenti nazionali e regionali alla luce dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e del Protocollo sul controllo del princpio di sussidiarietà: sono questi i temi principali toccati dalla conferenza internazionale svoltasi a Madrid, organizzata dal Centro di Studi Politici e Costituzionali, in collaborazione con alcuni centri di ricerca e fondazioni spagnoli e tedeschi.
Nei saluti iniziali sono intervenuti Paloma Biglino, Direttrice del Centro di studi politici e costituzionali, Charles Powell, Vicedirettore del Real Instituto Elcano, e Lothar Witte, delegato della Fondazione Friedrich Erbert in Spagna, che ha sottolineato come l’esperienza federale tedesca e le modalità con le quali sono regolati i rapporti tra i Lander e il Bund possa rappresentare un caso estremamente interessante per il contesto spagnolo.
Carmen Rubio de Val, avvocato del Parlamento dell’Aragona, ha introdotto i primi due relatori che hanno provveduto ad illustrare i risultati delle due principali conferenze che si sono tenute a Madrid, nel giugno del 2010, e a Saragozza, nell’ottobre dello stesso anno.
Ignacio Molina, primo ricercatore del Real Intituto Elcano, ha rilevato in apertura come il sistema tedesco abbia esercitato una notevole influenza sull’ordinamento spagnolo già dall’inizio della transizione democratica nel corso degli anni ’70 e come tale realtà rappresenti tuttora un termine di paragone importante che, per quanto non sia mutuabile in tutto e per tutto, a causa delle differenze nel sistema politico e partitico e nella cultura politica, costituisce un importante riferimento sia per le caratteristiche principali dei rapporti tra centro e periferia e tra legislativo ed esecutivo, sia le best practices che vi si possono riscontrare.
A settembre del 2011 è prevista l’uscita di un volume realizzato a partire dai due convegni di Madrid e di Saragozza svoltisi l’anno precedente, che approfondisce il rapporto tra Parlamenti nazionali e tra questi e i Parlamenti regionali in seguito all’entrata in vigore delle nuove disposizioni dei Trattato di Lisbona e dei Protocolli annessi, delle quali l’Olanda fu la prima sostenitrice, già in sede di Convenzione europea.
L’introduzione del meccanismo di allerta precoce riferito al rispetto del principio di sussidiarietà rappresenta una rivoluzione rispetto al ruolo svolto precedentemente dai Parlamenti nazionali nell’ambito dell’adozione degli atti del diritto dell’Unione europea che si caratterizzava per essere del tutto indiretto e scarsamente rilevante e nel quale l’attività di cooperazione era rimessa in modo pressoché esclusivo agli esecutivi.
Le possibilità concrete di giungere a compimento delle procedure previste dai due Protocolli annessi al Trattato di Lisbona (sul ruolo dei Parlamenti e sul rispetto del principio di sussidiarietà) sono effettivamente scarse, ma l’introduzione di tali procedure sta producendo una serie di interessanti conseguenze sul piano politico: anzitutto mette le Assemblee parlamentari nella condizione di dover instaurare un dialogo maggiormente stretto con la Commissione; le decisioni finali assunte saranno maggiormente legittimate sotto il profilo della loro democraticità; la mancata attivazione del sistema di allerta precoce su un atto emanato indurrebbe inoltre a presumere che il principio di sussidiarietà sia stato rispettato; infine l’esame preliminare degli atti europei da parte dei Parlamenti nazionali può condurre ad una maggiore efficacia nelle procedure di recepimento delle direttive.
Il volume, in particolare, approfondirà, da una parte, gli aspetti comparati delle modalità con le quali i parlamenti regionali possono intervenire in tale procedure (generalmente riassumibili nella partecipazione diretta, mediata dalle Camere alte o in cooperazione tra queste); la seconda parte si soffermerà invece sulla disamina dell’ordinamento spagnolo, nell’ambito del quale è stata istituita la Commissione bicamerale mista per il controllo di sussidiarietà e le cui attività sono disciplinate dalle leggi n. 24 del 2009 e n. 39 del 2010. Simili innovazioni hanno permesso al Parlamento spagnolo di ridurre in parte la debolezza del ruolo che esso svolge, determinata anche dalla previsione costituzionale in base alla quale “l’esecutivo dirige la politica nazionale”: l’apertura di una sede di rappresentanza delle Cortes presso il Parlamento europeo rappresenta un indubbio segnale di inversione di tendenza.
Per quanto la Commissione bicamerale svolga intensamente il proprio ruolo e i deputati abbiano un buon livello di preparazione e competenze personali, non mancano tuttavia i problemi da affrontare. Questi concernono i rapporti con le assemblee delle Comunità autonome; le modalità con le quali è prevista la possibilità di ricorrere alla Corte di giustizia dell’Unione europea; la scarsa struttura amministrativa di cui la Commissione dispone.
In conclusione, per quanto la Spagna abbia decisamente beneficiato dal processo di integrazione europea, raggiunta ormai abbondantemente la maggiore età dal momento dell’ingresso nell’Unione, è necessario che tutte le istituzioni e tutti i livelli di governo acquisicano una maggiore consapevolezza del ruolo che sono chiamati a svolgere anche rispetto alla dimensione sovrastatale.
Mario Kolling, ricercatore della Fondazione Manuel Giménez Abad, ha affrontato in primo luogo il tema delle Assemblee delle Comunità autonome notando come, in virtù delle ultime innovazioni, queste hanno aumentato notevolmente il loro ruolo, pur non avendo la possibilità di pronunciarsi attraverso un voto sulla violazione o meno del principio di sussidiarietà. Tuttavia la differenze e le assimetrie esistenti tra queste rendono estremamente difficile l’utilizzo dei meccanismi di iniziativa legislativa.
Quanto, invece, alla prospettiva comparata si può notare come i Parlamenti nazionali, tutti caratterizzati in questo periodo storico da una sostanziale debolezza, risultino essere, pur con le dovute differenze date dalle specifiche realtà istituzionali, sostanzialmente rafforzati in seguito alle innovazioni introdotte mediante il Trattato di Lisbona, le cui disposizioni incentivano uno sviluppo particolare della cooperazione interparlamentare. Tali nuove procedure impongono altresì una più accorta divisione del lavoro tra le Commissioni parlamentari competenti per gli affari dell’Unione europea e le Commissioni parlamentari settoriali, nonché, inevitabilmente, tra i Parlamenti nazionali e il Parlamento europeo. Sono state inoltre svolte alcune considerazioni in riferimento ad alcuni singoli casi nazionali: nel sistema tedesco, l’introduzione del sistema di allerta precoce ha prodotto un notevole aumento del lavoro svolto da parte del Bundestag in riferimento agli atti dell’UE, senza tuttavia che questo abbia avuto una particolare risonanza pubblica; in Finlandia è stata invece del tutto decentralizzata l’attività di controllo sul rispetto del principio di sussidiarietà tra le differenti Commissioni parlamentari, configurando un sistema che rappresenta indubbiamente una delle migliori best practices a livello continentale; in Italia, infine, è possibile notare un interesse particolare allo sviluppo di tali nuovi strumenti mediante l’introduzione nuove di interessanti procedure. I risultati che si potranno ottenere nei differenti contesti dipenderanno inevitabilmente da numerose variabili, prime tra tutte quelle legate alle dinamiche istituzionali e quele relative alle volontà politiche nazionali. Va altresì apprezzato come l’introduzione del sistema di allerta precoce incentiva l’apertura di un nuovo canale di comunicazione tra i governi e gli elettori in merito alle questioni europee, nelle quali i Parlamenti nazionali svolgono ora un ruolo di assoluto rilievo.
La prima sessione ha quindi affrontato il tema delle relazioni interparlamentari nell’Unione europea come via per migliorare la qualità democratica della governance europea e ha visto, in apertura, l’intervento della deputata del gruppo del Partido Popular al Congresso Luz Elena Sanín, viceportavoce della Commissione mista dell’Unione europea, la quale ha posto l’accento sul fatto che l’innovazione apportata dal Trattato di Lisbona relativa al controllo del principio di sussidiarietà permette un notevole miglioramento della qualità democratica delle decisioni prese a livello europeo, rafforzando, al tempo stesso, la democrazia parlamentare tanto dell’UE quanto dei singoli stati membri. Nel quadro del nuovo Trattato di Lisbona va rilevato, altresì, come il cittadino assuma un protagonismo mai visto prima d’ora, essendo legittimato a intervenire nelle dinamiche istituzionali mediante, ad esempio, la presentazione di una proposta di atto normativo da parte di un milione di cittadini europei.
La previsione della possibilità per i Parlamenti nazionali di vigilare sul rispetto del principio di sussidiarietà rappresenta indubbiamente l’innovazione più importante che permette un notevole miglioramento della qualità della democrazia, cui si accompagna il controllo sul rispetto del principio di proporzionalità, volto ad evitare che il contenuto degli atti dell’Unione vada oltre il necessario rispetto all’obiettivo proprio dell’intervento, con la possibilità di ricorrere alla Corte di Gusitizia dell’UE in caso di mancata revisione dell’atto in questione. Attraverso tali previsioni sarà altresì possibile rilanciare il processo di integrazione europea: la previsione di un ruolo rafforzato delle istituzioni parlamentari potrà produrre effetti positivi.
Nel contesto spagnolo sarebbe altresì opportuno prevedere forme di cooperazione decentrata al fine di riportare gli atti dell’Unione ai cittadini mediante l’intermediazione delle Comunità autonome, le cui indicazioni devono essere riportate nei pareri deliberati dalla Commissione mista.
Il governo multilevel assume pertanto, accanto ad una dimensione verticale, una orizzontale che deve svilupparsi secondo cinque principi fondamentali: partecipazione; apertura; responsabilità; efficacia e trasparenza. La collaborazione tra differenti livelli istituzionali di uno stesso paese e tra livelli di governo di paesi differenti rappresenta dunque la prospettiva da intraprendere per garantire al massimo l’evoluzione delle istituzioni europee e fare in modo che queste siano maggiormente legittimate da un punto di vista democratico.
È quindi intervenuta Gabriele Adels, docente di scienza politica presso l’Università di Tubingen, la quale ha rilevato come il coinvolgimento dei parlamenti nazionali può rappresentare un’occasione per democratizzare la stessa Unione europea: il Trattato di Lisbona comporta, infatti, un salto qualitativo e contiene una serie di previsioni che, almeno teoricamente, hanno notevoli potenzialità.
Le funzioni tradizionali svolte da parte dei parlamenti (controllo sull’esecutivo, legislazione e indirizzo politico) hanno subito negli ultimi anni una notevole rimodulazione tra i differenti livelli di governo (europeo, statale e regionale) e hanno visto l’emergere della nuova funzione di partecipazione a procedimenti non previsti dagli ordinamenti interni. In questo senso, il Parlamento europeo è oggi il soggetto più attivo nel campo della legislazione, con una drastica riduzione del peso dei parlamenti nazionali. Rispetto a tale fenomeno vanno registrate le riforme poste in essere in Germania al fine di rendere il Bundestag maggiormente coinvolto nell’ambito della politica europea.
La dimensione di cooperazione interparlamentare, particolarmente importante in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e dei protocolli allegati, va distinta in base a vari profili: territoriale (che si sviluppa in senso orizzontale e verticale, rispetto, ad esempio, alle regione o alla seconda camera); temporale (mediante l’istituzionalizzazione di cooperazioni fisse o di reti ad hoc); istituzionale codificata (sia in chiave formale, che in chiave informale).
Nell’ambito della cooperazione interparlamentare di tipo orizzontale vanno menzionate la COSAC, di livello internazionale; la CALRE, di livello interregionale; e la Conferenza dei presidenti delle assemblee regionali tedesche.
Tre le forme di cooperazione di tipo verticale troviamo, invece, le cooperazioni esistenti tra Parlamento europeo e parlamenti nazionali, oppure, in Germania, le forme di cooperazione tra il Bundestag e ciascun Landtag.
Tra le forme di cooperazione a livello legislativo va infine menzionata la IPEX.
Il meccanismo di early warning introdotto con il Trattato di Lisbona fa sì che i parlamenti possano svolgere un ruolo di veto players: tale meccanismo è stato attivato fino ad oggi solamente in materia di agricoltura e di giustizia, pur tuttavia non riuscendo a raggiungere il quorum previsto.
Alla luce di tali innovazioni si pongono una serie di problemi che necessitano di essere affrontati e che riguardano le modalità con le quali è possibile migliorare il controllo sugli esecutivi; le questione della rappresentanza, al fine di ridurre la distanza delle istituzioni dai cittadini; il rafforzamento del bicameralismo; l’istituzione di canali di informazione indipendenti, non necessariamente legati al governo.
In conclusione, le prospettive concernenti la cooperazione interparlamentare rappresentano un nuovo campo di ricerca che merita di essere indagato in modo approfondito, anche in ragione dei riflessi che si producono sui parlamenti nazionali. Altri ambiti che meritano d’ora in poi una particolare attenzione sono rappresentati dall’assetto istituzionale dell’Unione europea che, in seguito al nuovo Trattato, assume una fisionomia maggiormente complessa e dal ruolo che i parlamenti nazionali assumono rispetto alle prospettive dell’integrazione europea.
La seconda sessione dedicata sulla cooperazione parlamentare interregionale ha visto l’intervento di Gracia Vara Arribas, ricercatrice dell’Istituto europeo di amministrazione pubblica di Barcellona, che ha articolato la sua esposizione in quattro punti.
In primo luogo, in riferimento al ruolo dei parlamenti nazionali nel Trattato di Lisbona, va notato che il diritto dei parlamenti ad essere informati era stato già previsto nel Trattato di Maastricht; il successivo Trattato di Amsterdam ha invece introdotto il primo Protocollo sui parlamenti nazionali. Il successivo avvio del progetto costituzionale ha inoltre l’effetto di produrre un notevole protagonismo sia da parte dei parlamenti nazionali, sia da parte di quelli regionali.
Quanto al tema delle regioni nel Trattato di Lisbona, è possibile notare che esse vedono aumentare il loro ruolo in seguito alle nuove disposizioni del 2009: la Commissione deve, infatti, valutare l’impatto regionale e locale delle proposte e le rispettive conseguenze finanziarie e amministrative. Il sistema di early warning può essere considerato come l’esito naturale di tale riconoscimento – per quanto il quorum per la sua attivazione sia estremamente elevato – e tale innovazione ha l’esito positivo di costringere di fatto la Commissione a giustificare fortemente le proposte in termini di sussidiarietà. Rispetto a tale nuovo meccanismo, va quindi notato che tutti gli Stati europei con assemblee regionali con potere legislativo, inclusa l’Italia, hanno deciso di trasmettere a queste tutti i documenti ricevuti dalla Commissione, senza alcun filtro.
Quanto all’operatività di tale sistema nell’ordinamento spagnolo, va notato che i parlamenti delle Comunità autonome sono chiamati a trasmettere alle Cortes un parere entro il termine di quattro settimane previsto dalla legge n. 24 del 2009; tale parere non è tuttavia vincolante, ma esse dovranno menzionarlo nella relazione da inviare alla Commissione europea. A tal proposito, al fine di rendere tale sistema maggiormente efficace, sarebbe auspicabile che la rete di sussidiarietà, della quale fanno parte molti parlamenti regionali, si trasformi in rete di cooperazione tra i parlamenti regionali, dal momento che il Comitato delle regioni non sarebbe in alcun modo in grado spontanemante di svolgere questo nuovo ruolo.
Infine, in quarto luogo, sono state messe in evidenza le tre linee principali di tendenza che caratterizzano l’approccio degli stati membri con assemblee regionali con poteri legislativi rispetto al controllo di sussidiarietà: da una parte vi sono i paesi che mostrano un alto desiderio di partecipare, ma dispongono di scarse risorse umane e scarsa cultura della sussidiarietà (quali Italia e Spagna); in secondo luogo troviamo i paesi che si caratterizzano per una lunga tradizione di controllo, ma ripongono scarso interesse in questo meccanismo (quali Regno Unito e Finlandia); infine troviamo i paese che sono riusciti a raggiungere un buon equilibrio tra le due suddette tendenze (Austria, Belgio e Germania).
In conclusione, il meccanismo di allerta precoce presenta molte potenzialità, ma corre il rischio di svilupparsi in modo molto inefficace, rappresentando una sorta di edulcorante posto sopra la pillola amara del progressivo svuotamento di competenze dei parlamenti nazionali, i quali saranno tuttavia maggiomente coinvolti nel processo di integrazione europea.
È quindi intervenuto Ignacio Sànchez Amor, presidente della Commissione affari europei dell’assemblea dell’Extremadura, il quale si è soffermato sugli aspetti non direttamente inerenti il diritto positivo, notando come il meccanismo di allerta precoce possa essere una vera e propria bomba nelle mani degli euroscettici, arrivando quasi a sostituire il criterio di efficacia con quello della legittimazione democratica al fine di ottenere un miglior processo decisionale. Esso rischia, infatti, di produrre conseguenze estremamente negative sulle decisioni finali assunte che, sempre più spesso, devono essere prese in modo tempestivo.
La prima elaborazione del principio di sussidiarietà venne svolta dai nazionalisti e dagli euroscettici, al fine di limitare le competenze implicite dell’Unione, e non da parte degli europeisti. La vera declinazione del principio di sussidiarietà dovrebbe essere svolta nei termini di valutazione di efficacia circa il fatto che una decisione sia adottata ad un certo livello di governo e non, come spesso avviene, nei termini di mera opportunità politica.
Uno dei maggior pericoli che si corrono per la tenuta dell’architettura istituzionale europea è rappresentato dall’affermazione da parte di alcuni che l’UE è veramente democratica solamente se il proprio parlamento nazionale incide e conta nel processo decisionale dell’Unione: una simile affermazione delegittima, infatti, fortemente il Parlamento europeo. In questo senso non si può denunciare alcuna perdita di democrazia: si tratta, infatti, di riconoscere compiutamente un sistema nel quale esiste un altro parlamento competente a decidere rispetto a talune questioni.
Il relatore critica inoltre la cosiddetta “diplomazia parlamentare”, dal momento che rappresenta una reale distrazione dalle funzioni proprie: la vera diplomazia è un’attività propria dell’esecutivo controllata e indirizzata da parte del Parlamento.
A livello regionale, il nuovo meccanismo di early warning ha prodotto una particolare attivazione delle commissioni politiche europee, piuttosto che delle singole commissioni settoriali.
Si potrebbe dunque concludere con una provocazione, affermando che, se il vero obiettivo di tali innovazioni era volto al raggiungimento di una maggiore sensibilità istituzionale a livello europeo, sarebbe stato meglio organizzare un adeguato corso di formazione, piuttosto che introdurre un meccanismo complessissimo che coinvolge 78 assemblee parlamentari statali e regionali.
Nella terza ed ultima sessione si è affrontato il tema della cooperazione interparlamentare orizzontale e si è aperta con l’intervento di Ute Muller, capo del segretariato affari europei del Bundesrat tedesco, la quale ha affermato che il sistema di allerta precoce può operare fattivamente solo in presenza di un’efficace cooperazione interparlamentare. L’esperienza, ad un anno dalla sua introduzione, mostra due tentativi di attivazione e la tendenza da parte del Parlamenti nazionali ad utilizzare tale sistema per svolgere un controllo più di tipo politico che attraverso una obiettiva valutazione di efficacia.
Il rafforzamento della cooperazione parlamentare si pone, dunque, come un passaggio indispensabile per utilizzare al meglio tale sistema: in questo senso il sistema IPEX rappresenta uno strumento importante da sviluppare al massimo; la COSAC potrebbe invece svolgere un ruolo di confronto, di coordinamento, cooperazione e valutazione sul controllo di sussidiarietà.
Arthur Dyevre, ricercatore del Centro di studi politici e costituzionali di Madrid, ha affermato che i Parlamenti nazionali e le Corti costituzionali sono risultati essere i due soggetti più penalizzati dal processo di integrazione europea. Per quanto riguarda i primi, in particolare, l’inizio della fase di declino va collocata già in seguito alla seconda guerra mondiale, agli albori del processo di integrazione europea, quando l’assenza di stimoli nei confronti dei singoli parlamentari nazionali, la natura estremamente complessa del policy making europeo e la presenza prepotente delle lobby rappresentavano e, per certi versi, rappresentano tuttora ostacoli significativi alla possibilità per i parlamenti nazionali di partecipare al processo legislativo europeo.
La possibilità che i parlamenti nazionali svolgano un effettivo controllo sui governi nell’ambito delle questioni europee dipende dal peso che il potere legislativo occupa in quel determinato sistema istituzionale; dalla frequenza con le quali, rispetto alle questioni europee, il parlamento si esprime mediante votazione; e dalla presenza di governi di coalizione, piuttosto che di tipo monopartitico.
Nell’ambito dell’Assemblea nazionale francese si registra un netto incremento delle risoluzioni approvate a partire dal 2008, pur con l’handicap dell’impossibilità di approvare, come invece avviene in alcuni parlamenti scandinavi, risoluzioni di tipo vincolante. Nell’ambito dell’attuazione del protocollo sul controllo di sussidiarietà va rilevata la possibilità, per 60 deputati, di ricorrere direttamente alla Corte di giustizia dell’Unione. Nel contesto francese, inoltre, va notato come il ricorso alla cooperazione interparlamentare sia volto per lo più a raccogliere informazioni e identificare best prectices, piuttosto che per svolgere il controllo di sussidiarietà.
In conclusione, pur producendo il Trattato di Lisbona un rafforzamento notevole del ruolo sia dei singoli deputati che delle assemblee legislative in generale, non è possibile ancora analizzare le modalità con le quali ha inciso sulla riduzione del deficit democratico.
Le conclusioni del convegno sono state svolte da Carlos Carnero Gonzàlez, Ambasciatore in missione speciale per progetti in materia di integrazione europea presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione, il quale ha affermato che grazie al Trattato di Lisbona l’Unione europea si è sviluppata maggiormente sotto il profilo politico, essendo ormai caratterizzata da una carta dei diritti e da una sostanziale divisione dei poteri che qualificano tutti gli ordinamenti costituzionali occidentali. In questo senso non si va verso la creazione di uno Stato, né di una federazione, né, tanto meno, di una confederazione: si va verso la nascita di un’unione politica che dispone, per quanto in forma atipica, di un potere legislativo, di un potere esecutivo e di un potere giudiziario.
Il ruolo dei parlamenti nazionali – che non possono essere considerati i veri sconfitti del processo di integrazione –, in questo quadro, non può non essere rilevante e il momento in cui si è registrato il loro massimo protagonismo va collocato al momento della nascita della Convenzione europea per la redazione del Trattato costituzionale europeo, che non avrebbe mai potuto essere un’esclusiva dei soli esecutivi.
Il meccanismo di controllo sul rispetto del principio di sussidiarietà può essere considerato come volto, tra l’altro, ad incrementare il controllo democratico e la legittimità politica delle decisioni adottate in sede europea e particolarmente rilevante è il ruolo svolto dai parlamenti regionali: questo fenomeno proietta i sistemi parlamentari in una nuova dimensione, totalmente inedita, rappresentata dall’appartenenza alla prima democrazia sovranazionale esistente al mondo. Una nuova dimensione, estremamente stimolante, nella quale i rispettivi ruoli istituzionali andranno delineati giorno dopo giorno e nella quale anche gli studiosi della teoria politica e del diritto dovranno sforzarsi di elaborare nuovi schemi di riferimento.