Corte costituzionale, 7 aprile 2011 n. 114 – Sulle disposizioni del Codice dei contratti pubblici che costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica

06.05.2011

Corte costituzionale, 7 aprile 2011 n. 114

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dallo Stato avverso la Regione Friuli Venezia Giulia

Norme impugnate e parametri di riferimento

E’ stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 28, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 16 luglio 2010, n. 12 (Assestamento del bilancio 2010 e del bilancio pluriennale per gli anni 2010-2012), che ha inserito l’art. 1-bis nella legge regionale 4 giugno 2009, n. 11, per asserita violazione dell’art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost.

Argomentazioni della Corte

La Corte richiama preliminarmente la sua giurisprudenza pregressa sui rapporti tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome con riferimento al riparto delle rispettive competenze legislative in tema di appalti pubblici.

Ferme restando le competenze statutarie in materia, che trovano conferma anche a seguito della riforma del Titolo V Cost., la Corte ha infatti ribadito che, in relazione alla disciplina dei contratti di appalto che incidono sul territorio della Regione, la legislazione regionale non e’ libera di esplicarsi senza alcun vincolo e che possono quindi trovare applicazione le disposizioni di principio contenute nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici). Deve, infatti, essere riconosciuto ai principi desumibili dalle disposizioni del Codice degli appalti – e soprattutto a quelle attengono alla scelta del contraente, nonché al perfezionamento del vincolo negoziale e alla sua correlata esecuzione – la natura di norme fondamentali di riforme economico-sociali della Repubblica. In questi ambiti vengono in rilievo i limiti derivanti dal rispetto dei principi della tutela della concorrenza, strumentali ad assicurare il rispetto delle libertà comunitarie.

Le censure sollevate dal ricorrente riguardano, in particolare,  le seguenti disposizioni:

a) i commi 1 e 2 dell’art. 1-bis, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 11 del 2009, nella parte in cui prevedono che al fine di fronteggiare la straordinaria situazione di grave crisi congiunturale, fino al 31 dicembre 2011 i lavori di importo pari o inferiore a 1 milione di euro al netto di IVA non presentano interesse transfrontaliero. La Corte giudica la disposizione inammissibile, in quanto la medesima, limitandosi a stabilire che i lavori ivi descritti non hanno interesse transfrontaliero, presenta un contenuto precettivo non suscettibile di recare un vulnus alle competenze statali;

b) il comma 3 del predetto art. 1-bis che, nella prima parte, prevede che i lavori oggetto di regolamentazione debbano essere affidati preferibilmente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il criterio del prezzo più basso può essere utilizzato soltanto ove ritenuto più adeguato dalla stazione appaltante. A livello statale l’art. 81, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006, pone i due criteri su un piano di sostanziale parità. A tale proposito, la Corte ha già avuto modo di affermare che nei casi, quale quello in esame, in cui il legislatore regionale non ha escluso in via aprioristica ed astratta uno dei possibili criteri di aggiudicazione, ma si è limitato ad indicare un ordine di priorità nella scelta, tale diversità di disciplina non è suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato e, pertanto, non è idonea ad incidere negativamente sui livelli di tutela della concorrenza fissati dalla legislazione statale.

Nella seconda parte, la stessa norma prescrive che «qualora si applichi il criterio del prezzo più basso si darà corso, in ogni caso, all’applicazione del sistema di esclusione automatica delle offerte anomale». Con questa disciplina, il legislatore regionale – non avendo previsto che, nelle stesse ipotesi considerate a livello statale, non si possa disporre l’esclusione automatica – ha introdotto una disciplina diversa da quella nazionale, idonea ad incidere negativamente sul livello della concorrenza, che deve essere garantito agli imprenditori operanti nel mercato. Ne deriva l ‘illegittimità costituzionale della norma regionale in questione;

c) il comma 4 del predetto art. 1-bis è censurato nella parte in cui prevede che gli affidamenti di cui al comma 2 vanno pubblicati all’Albo della stazione appaltante e comunicati all’Osservatorio. L’adozione di adeguate misure di pubblicità costituisce un elemento imprescindibile a garanzia della massima conoscenza e della conseguente partecipazione alle procedure di gara. Nel caso in esame, la diversità di disciplina introdotta dalla normativa regionale rispetto a quella statale incide negativamente, in ragione della funzione che deve essere assegnata alle forme di pubblicità, sui livelli di concorrenza;

d) il comma 5 del predetto art. 1-bis, nella parte in cui prevede che «fino al 31 dicembre 2011 i servizi di ingegneria e di architettura di importo pari o inferiore a 50.000 euro al netto di IVA sono affidati dalla stazione appaltante sulla base di una procedura selettiva mediante curricula tra tre soggetti individuati dal responsabile unico del procedimento secondo criteri di professionalità, rotazione e imparzialità». La norma regionale contempla un sistema di affidamento che non impone il rispetto di regole e procedure rigide salvo su un punto, al pari della normativa statale. Il legislatore nazionale, tuttavia, ha previsto che l’invito debba essere rivolto ad almeno cinque soggetti, se sussistono, in tale numero, aspiranti idonei. La norma regionale censurata, invece, stabilisce che la selezione debba avvenire tra tre soggetti individuati dal responsabile unico del procedimento. La riduzione degli operatori economici abilitati a partecipare alla procedura selettiva comporta una diversità di disciplina idonea ad incidere negativamente sul livello complessivo di tutela della concorrenza nel particolare segmento di mercato preso in considerazione. La disposizione impugnata deve, pertanto, essere dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede che la procedura selettiva debba svolgersi tra tre e non tra «almeno cinque soggetti».

Decisione della Corte

La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale: dell’art. 1-bis, comma 3, della legge regionale n. 11 del 2009, nella parte in cui prevede che qualora si applichi il criterio del prezzo più basso si darà corso, in ogni caso, all’applicazione del sistema di esclusione automatica delle offerte anomale; dell’art. 1-bis, comma 4, della medesima legge regionale n. 11 del 2009, nella parte in cui non prevede che, oltre alla forme di pubblicità ivi stabilite, si applichino anche quelle stabilite dall’art. 122 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; dell’art. 1-bis, comma 5, della legge regionale n. 11 del 2009, nella parte in cui prevede che la procedura selettiva debba svolgersi tra tre e non tra almeno cinque soggetti.

Le altre questioni sono dichiarate in parte non fondate e in parte inammissibili.

Giurisprudenza richiamata

– sul riparto di competenze tra lo Stato e la Regione Friuli Venezia Giulia in materia di appalti pubblici: Corte cost., sentt. n. 45 e 221 del 2010

– sull’adozione di adeguate misure di pubblicità quale elemento imprescindibile a garanzia della massima conoscenza e della conseguente partecipazione alle procedure di gara: Corte cost., sent. n. 401 del 2007

Elena Griglio