A meno di un mese dalla pubblicazione del Libro Verde sulla modernizzazione degli appalti pubblici in Europa, che reca la data del 27 gennaio 2011, il 23 febbraio 2011 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, approvata dal Parlamento e dal Consiglio lo scorso 16 febbraio.
L’esigenza di adottare tale intervento è nata dal rilievo spesso molte stazioni appaltanti effettuano i pagamenti relativi alla fornitura di merci o alla prestazione di servizi ben oltre i termini pattuiti o stabiliti nella Direttiva 200/35/CE, ovvero applicando interessi di mora molto bassi a danno delle imprese creditrici.
Tale prassi si riverbera in senso negativo soprattutto nelle PMI che, nell’attuale fase di crisi economica, hanno maggiori difficoltà ad accedere al credito bancario e a sostenere i costi di gestione in mancanza di liquidità.
È stato infatti stimato che a livello europeo nel 2010 il periodo medio di pagamento è stato pari a 63 giorni per i crediti verso il settore pubblico e a 55 giorni per quelli verso le imprese; il Vicepresidente del Parlamento Europeo ha dichiarato che l’Italia è nella black list dei Paesi dell’Unione europea per il ritardo dei pagamenti: 186 giorni per il settore pubblico e 96 giorni per le imprese, con punte di 500-600 giorni nella Sanità.
Con l’auspicio di invertire questa linea di tendenza, la Direttiva 2011/7/UE ha introdotto disposizioni specifiche sui periodi di pagamento e sul risarcimento dei creditori per le spese sostenute, intervenendo anche sulle procedure di recupero dei crediti e sugli interessi di mora, nell’ottica di costruire “una cultura dei pagamenti rapidi” (considerando n. 12 della Direttiva).
La misura più incisiva è relativa ai nuovi termini di pagamento.
Nelle transazioni tra imprese (cd. Business to business), il termine per il pagamento di una fattura per beni e servizi è stato fissato a 30 giorni dal ricevimento da parte del debitore della fattura. Tale termine può essere elevato a 60 giorni solo se è espressamente concordato nel contratto e se non sia gravemente iniquo per il creditore. L’art. 3 della Direttiva prevede altresì che l’eventuale procedura di accettazione o di verifica delle merci o dei servizi non può superare il termine di 30 giorni dal loro ricevimento o dalla loro prestazione.
Anche per il settore pubblico la regola generale è che il periodo di pagamento non può superare 30 giorni dal ricevimento della fattura, ma le eccezioni sono regolate in maniera più severa: in questo caso il termine può essere elevato a 60 giorni solo se concordato espressamente nel contratto e “purché sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o alcune sue caratteristiche”, dunque è richiesto un obbligo di motivazione più pregnante.
Una disciplina peculiare è prevista per i pagamenti relativi ai servizi sanitari (art. 4, par. 4). In questo caso gli Stati membri possono prevedere un termine di pagamento superiore a 30 giorni e massimo di 60 giorni per gli “enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine”. La ratio di tale previsione risiede nell’esigenza di conciliare le esigenze dei creditori con le disponibilità finanziarie, anche in considerazione del fatto che gli ospedali pubblici sono finanziati grazie ai rimborsi ottenuti tramite il Sistema Sanitario Nazionale.
Una ulteriore ed incisiva misura contenuta nella Direttiva riguarda la nuova disciplina dei tassi di interesse in caso di ritardo di pagamento.
Innanzitutto è previsto che gli interessi di mora scattano in maniera automatica, senza che sia necessario un sollecito da parte del creditore, quando questo ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge e quando non ha ricevuto l’importo dovuto nei termini per causa imputabile al debitore. Gli interessi, inoltre, sono dovuti dal giorno successivo alla data di scadenza del termine di pagamento sia nel caso di transazioni tra imprese sia nel caso di transazioni tra imprese e P.A.
Per quanto concerne il quantum, la Direttiva prevede che il tasso di interesse da applicare ai pagamenti tardivi sarà individuato nel tasso applicato dalla Banca Centrale Europea incrementato di almeno otto punti percentuali.
Accanto a tali rimedi, per far fronte ai costi eventualmente sopportati per recuperare il credito, alle imprese è riconosciuto il diritto automatico di ottenere altresì un importo fisso minimo a titolo di indennizzo dei costi di recupero, pari a € 40. Rimane comunque impregiudicato il loro diritto ad esigere anche il rimborso di tutti i costi di recupero ulteriori sostenuti a causa del ritardo (quale l’incarico ad un avvocato).
A completamento del sistema viene previsto che “una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso di interesse di mora o al risarcimento per i costi di recupero non possa essere fatta valere oppure dia diritto a un risarcimento del danno qualora risulti gravemente iniqua per il creditore” (art. 7). Si tratta di previsione che configura le clausole derogatorie alle disposizioni sopra citate come clausole vessatorie, che potrebbero essere suscettibili, nel nostro sistema, di nullità assoluta. Non è un caso, infatti, che la stessa disposizione attribuisce alle associazioni di categoria delle PMI la legittimazione ad agire in giudizio per rimuovere tali clausole.
La Direttiva contiene poi nuove norme improntate ad una più forte trasparenza: gli Stati membri sono infatti tenuti a pubblicare i tassi applicabili agli interessi di mora, cosicché siano più accessibili per le imprese. Analogamente, gli Stati vengono incoraggiati a redigere codici di prontezza dei pagamenti.
Dal punto di vista procedurale, è importante richiamare l’art. 10 della Direttiva relativo alle procedure di recupero di crediti non contestati, ad integrazione del Regolamento CE n. 805/2004 che ha istituito il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati e del Regolamento CE n. 1896/2006 che ha istituito un procedimento europeo di ingiunzione di pagamento. Nell’ottica di rendere dissuasive le conseguenze dei pagamenti tardivi è infatti imposto agli Stati membri (con una prescrizione di carattere obbligatorio) di prevedere una procedura esecutiva accelerata nel caso di mancata contestazione del credito da concludersi entro 90 giorni dalla presentazione del ricorso.
È, infine, importante sottolineare che gli strumenti acceleratori introdotti dalla Direttiva hanno un ambito applicativo piuttosto ampio. Si estendono, infatti, a “tutte le transazioni commerciali a prescindere dal fatto che siano effettuate tra imprese pubbliche o private ovvero tra imprese e amministrazioni pubbliche … anche tutte le transazioni commerciali tra gli appaltatori principali e i loro fornitori e subappaltatori”. Inoltre, sono state espressamente inclusi anche i pagamenti a fronte della progettazione, dell’esecuzione di opere ed edifici pubblici, nonché per lavori di ingegneria civile (anche se il condizionale che si legge nel testo della Direttiva lascia intendere che si tratta di una prescrizione di carattere facoltativo).
Di contro viene rimessa alla potestà degli Stati la facoltà di escludere dall’ambito applicativo de qua le transazioni con i consumatori, gli interessi relativi ai pagamenti per assegni, titoli di credito o risarcimento danni, i debiti oggetto di procedure concorsuali.