In apertura, il Presidente del Comitato per la legislazione della Camera dei Deputati, On. Prof. Roberto Zaccaria, ha ricordato che l’Analisi d’Impatto della Regolamentazione (AIR) e l’Analisi Tecnico-Normativa (ATN) non accompagnano quasi mai i decreti legge, mancando il più delle volte anche la giustificazione della loro assenza, e ciò è tanto più grave quanto si considera che ormai oltre l’80% della normativa nazionale passa proprio attraverso tali provvedimenti.
Lo stato attuale dell’attività di legiferazione nel nostro paese presenta infatti tratti a dir poco particolari: delle 210 leggi approvate l’anno scorso, ben un terzo sono semplici ratifiche di trattati internazionali che richiedono un obbligatorio passaggio in aula (il quale avviene tuttavia nell’indifferenza più totale), oltre alle leggi di conversione di decreti legge, mentre non esiste nel nostro ordinamento la categoria delle leggi organiche.
La Dott.ssa Annalisa Ghiribelli ha affrontato il tema dell’istruttoria degli atti normativi del Governo, disciplinata dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 febbraio 2009, nella quale emerge il ruolo del Dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, istituito con il d.lgs. n. 303 del 1999.
La direttiva citata prevede sette fasi:
1 – la programmazione dell’attività normativa del Governo;
2 – la fase istruttoria;
3 – la fase di acquisizione dei pareri;
4 – la comunicazione al Presidente del Consiglio;
5 – diramazione;
6 – la riunione del cosiddetto pre-Consiglio;
7 – la fase emendativa.
In questo quadro si sottolinea che il DAGL sarebbe tenuto a svolgere un ruolo di assoluta rilevanza nell’ambito della prima e dell’ultima fase, dovendo, rispettivamente, coordinare gli uffici legislativi dei vari Ministeri e fungere da supporto nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri; nonché svolgere l’istruttoria degli emendamenti alla proposta di regolamento.
Per quanto tuttavia la direttiva definisca il quadro formale della procedura istruttoria per l’emanazione dei regolamenti, obbligando all’elaborazione dell’AIR e dell’ATN, queste raramente vengono allegate alla bozza di regolamento.
Le ragioni di tale costante omissione vanno individuate nell’assoluta mancanza di collegamento tra la procedura parlamentare e quella governativa, nella non coincidenza dei tempi tecnici con i tempi parlamentari e nell’alta conflittualità politica che non consente di analizzare dettagliatamente gli aspetti tecnici.
Il Prof. Massimo Carli ha rilevato, a tal proposito, che nelle strutture ministeriali mancano totalmente le competenze tecniche per svolgere un’attività di questo tipo; che l’AIR viene considerata dall’apparato politico come sconveniente, se non come un vero e proprio regalo per l’opposizione, e che l’assenza dell’AIR è altresì dovuta all’assenza della programmazione dell’attività legislativa e di risorse adeguate.
Il Dott. Enrico Albanesi ha trattato il tema delle modifiche alla legge n. 400 del 1988 ad opera della legge n. 69 del 2009 che affronta cinque ambiti distinti:
– la chiarezza dei testi normativi;
– l’aggiornamento dei codici e dei testi unici;
– l’espressione del parere parlamentare sui regolamenti di delegificazione;
– il cosiddetto taglia regolamenti;
– la disciplina dei testi unici compilativi.
Rispetto, tuttavia, ad un quadro teorico che vorrebbe una tendenza alla semplificazione normativa, al pieno rispetto dei principi del drafting e al costante aggiornamento dei testi, la prassi si presenta come radicalmente diversa, rivelando un notevole disordine normativo.
Il cosiddetto dispositivo taglia-regolamenti, contenuto all’art. 14, comma 4-ter della legge n. 400 del 1988, prevede che il Governo, mediante regolamento emanato ai sensi del comma 1 del medesimo articolo, possa provvedere:
– al periodico riordino dei regolamenti vigenti;
– alla ricognizione delle norme regolamentari esplicitamente abrogate;
– alla espressa abrogazione delle norme regolamentari che hanno esaurito i loro effetti.
Tali disposizioni allentano notevolmente i vincoli definiti dalla disciplina precedente (legge n. 229 del 2003), che prevedeva una procedura maggiormente garantista sia dal punto di vista procedurale sia per quanto concerne il livello normativo coinvolto (in base al quale il Governo era delegato ad emanare decreti legislativi e regolamenti in base ai principi e ai criteri stabiliti dalla legge n. 59 del 1997, previo parere del Consiglio di Stato, ma senza parere delle Commissioni parlamentari competenti). Tale mancato coinvolgimento, criticato dallo stesso Consiglio di Stato, comporta un problema particolare, soprattutto nella misura in cui mediante tali interventi il Governo è legittimato ad intervenire in materia di regolamenti di delegificazione, per la cui emanazione è invece previsto il parere del Parlamento.
A tal proposito, tuttavia, il Prof. Zaccaria ritiene che, in luogo di un intervento da parte della Commissione parlamentare, sarebbe decisamente più opportuno, e soprattutto più utile, l’intervento di organo specializzato in materia di natura tecnica.
Il Dott. Paolo Zuddas, nell’affrontare invece il tema dei testi unici compilativi, di cui all’art. 17-bis della legge n. 400 del 1988, rileva in primo luogo come questi non vengano esplicitamente qualificati dalla legge, ma come, da un’attenta lettura della stessa, sia possibile dedurne la natura di fonti secondarie, escludendo categoricamente la qualifica di decreti legislativi: manca infatti la necessaria individuazione dell’oggetto definito e del tempo limitato nell’ambito del quale il Governo potrebbe intervenire.
Tale inquadramento pone tuttavia il problema della configurazione di un quadro nel quale le fonti secondarie sono preposte al riordino e al mantenimento di fonti primarie, con la conseguenza che, il testo unico compilativo che ne scaturirebbe potrebbe essere qualificabile come illegittimo, se non impossibile.
Tali previsioni sono tuttavia giustificate dal fatto che l’attività di riordino è un vero e proprio processo che richiede un’opera di manutenzione pressoché perpetua che non potrebbe essere soddisfatta da una mera delega legislativa. La possibilità di ricorrere allo strumento regolamentare non andrebbe escluso in modo categorico, ma ricondotto alla presenza di due condizioni preliminari:
– che il regolamento non svolga interventi sostanziali sul testo unico: in questo ambito, infatti, l’art. 17-bis non dice esplicitamente quali interventi sono ammessi, ma va in ogni caso notato che anche un’attività di apparente mero coordinamento formale può incidere sulla sostanza normativa mediante lo svolgimento di interpretazioni delle norme. L’articolo in esame dispone infatti la possibilità di svolgere abrogazioni e attività di coordinamento. Nel primo ambito rientrano la ricognizione di norme esplicitamente abrogate e l’individuazione del testo effettivamente vigente della norma che presenta tuttavia il rischio di interventi normativi di tipo innovativo da parte del Governo. Nel secondo, fa riferimento ad un attività formale, di tipo meramente meccanico;
– che sia predisposto un controllo sull’attività svolta dal Governo, magari da parte delle Commissioni parlamentari, relativamente all’istruttoria volta all’emanazione dei testi unici compilativi.
Il Prof. Carli ritiene tuttavia il contenuto dell’art. 17-bis quanto di peggio possa esistere al fine di una reale semplificazione della normativa vigente, anche alla luce del fatto che un’eventuale impugnazione dovrebbe avvenire comunque riguardare la disposizione originaria e non quella contenuta all’interno del testo unico compilativo. Il Prof. Zaccaria rileva inoltre come, un’opera di effettiva razionalizzazione si avrebbe mediante l’abrogazione di blocchi di leggi e la loro trasposizione all’interno di testi unici normativi omogenei per materia, come effettuato spesso nell’ordinamento francese.
La Dott.ssa Francesca Bailo ha invece trattato dell’Analisi tecnico-normativa (ATN), introdotta dapprima dalla cd. circolare Prodi del 15 aprile 1998 e attuata in concreto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 marzo 2000. La direttiva emanata nel 2008 ha tuttavia innovato profondamente la materia sia per quanto concerne la parte definitoria, sia per quella relativa all’analisi degli obiettivi, sia per quella concernente la griglia metodologica.
Nel primo caso si prevede che l’ATN si debba occupare altresì di svolgere un controllo di compatibilità anche in riferimento agli obblighi internazionali (e non solo di quelli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea) e alle eventuali procedure di infrazione avviate nei confronti del nostro paese.
In riferimento alla griglia metodologica, invece, vengono specificate maggiormente le voci in riferimento al drafting, rispetto alla questione della reviviscienza delle norme e alla esistenza di deleghe aperte, e all’aspetto tecnico-normativo, con una maggiore attenzione alle Regioni e agli enti locali e al rispetto del principio di sussidiarietà, e si prevede l’introduzione di una nuova terza voce in riferimento ai casi pendenti di fronte alla Corte CEDU e alle tendenze normative degli altri stati.
L’ATN dovrebbe essere svolta mediante il supporto del DAGL e la sua assenza dovrebbe precludere la possibilità di iscrivere la bozza di testo normativo all’esame all’ordine del giorno del pre-Consiglio.
Per quanto la tendenza recentissima veda un leggero aumento della loro presenza, l’AIR e l’ATN sono generalmente assenti: in particolare, dei 172 disegni di legge divenuti legge dal 2008 ad oggi (inclusi quelli di conversione dei decreti legge), di 20 testi non è dato sapere se fossero accompagnati o meno e si tratta di leggi finanziarie e di bilancio, 95 presentavano l’ATN, ma di questi ben 73 erano ratifiche di trattati internazionali che presentano un’ATN svolta però in base alla griglia del 2000; tra le leggi di conversione dei decreti legge, invece, 18 presentavano l’ATN, mentre 44 ne erano prive.
La Dott.ssa Chiara Fatta ha invece trattato il tema dell’Analisi d’impatto della regolamentazione (AIR), introdotta dalla legge n. 50 del 1999 su impulso dell’Unione europea e influenza delle esperienze anglosassoni. Dopo una prima fase di sperimentazione disciplinata dalle direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 settembre 2001 e del 16 gennaio 2002 che non ha prodotto particolari esiti, è intervenuta la direttiva del 23 luglio 2002 sulle competenze del DAGL in materia e la legge n. 229 del 2003 che ha prodotto esiti ancora peggiori e ha visto lo svolgimento di una sola analisi sulla disciplina dei prodotti da forno.
Successivamente è intervenuta la legge di semplificazione del 2005 che, all’art. 14, rinnova la disciplina dell’AIR che viene successivamente completata dal DPCM del’11 settembre 2008 che la definisce come l’attività di valutazione degli effetti dell’impatto di ipotesi normative sui cittadini, le imprese e le pubbliche amministrazioni, escludendo dal proprio campo di applicazione i disegni di legge costituzionale, i progetti di legge in materia di sicurezza interna ed esterna e quelli di ratifica dei trattati che non comportano maggiori spese per il bilancio dello Stato. Si prevede inoltre la possibilità che, su richiesta dall’amministrazione, il DAGL possa disporre l’esclusione dal campo di applicazione dell’AIR in casi straordinari di necessità e urgenza che permette di fatto un’esclusione sistematica dei decreti legge. Qualora si dovesse ritenere opportuno l’intervento normativo, sarebbe necessario predisporre successivamente un’attività di consultazione delle parti coinvolte.
Il Prof. Carli rileva a tal proposito che le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Toscana sono le sole ad aver provveduto ad introdurre una disciplina dell’AIR effettivamente funzionante.
Il Dott. Simone Scagliarini si è invece soffermato sugli effetti economici e finanziari dell’AIR, rilevando in primo luogo come gli impatti finanziari degli interventi non sono considerati dalla stessa essendo valutati all’interno della prevista relazione tecnico-finanziaria. Si tratta di una previsione miope soprattutto nei confronti degli interventi che hanno come obiettivo principale proprio gli effetti finanziari.
Clamorosa fu inoltre la decisione del DAGL di escludere l’AIR in riferimento ai disegni di leggiefinanziaria in ragione dell’alto tasso di modificazione di cui questi sono oggetto, nonostante i ripetuti pareri del Consiglio di Stato.
La situazione mostra ulteriori lacune se si considera che, di fatto, la totalità delle disposizioni passano attraverso emendamenti alle leggi di conversione dei decreti legge che non sono mai accompagnati da relazioni tecniche.
La Dott.ssa Marina Pietrangelo si è, per parte sua, soffermata sulla Valutazione d’impatto della regolamentazione (VIR), introdotta dalla legge di semplificazione del 2005 e volta a svolgere un’analisi ex post della regolazione stessa. Essa va tuttavia distinta dalla valutazione ex post delle politiche pubbliche che è probabilmente la prospettiva maggiormente interessante.
In materia di VIR è stato emanato un regolamento molto ambizioso che disciplina le procedure le l’ambito di applicazione, mentre si sta ancora attendendo in materia una direttiva.
Particolarmente biasimabili sono altresì l’assenza di un ruolo formale delle Commissioni parlamentari e il disinteresse totale nei confronti delle attività di consultazione, estremamente criticata da parte del Consiglio di Stato.
A livello regionale, vanno in particolare segnalate l’esistenza delle clausole valutative, con le quali, mediante un’articolo ad hoc, i Consigli attribuiscono alle Giunte un sostanziale mandato informativo relativamente all’applicazione delle leggi regionali (oltre 150 casi), e delle missioni valutative, uno strumento valutativo con il quale il Consiglio effettua la valutazione di un atto. Molte Regioni hanno disciplinato tali interventi anche all’interno dello Statuto o di leggi regionali, o anche in via informale.
La Dott.ssa Alessandra Valastro, nel trattare il tema della consultazione, ha rilevato come essa dovrebbe rappresentare lo strumento di collegamento rispetto all’AIR e alla VIR. L’assenza totale di qualsiasi disciplina è dovuta ad una precisa volontà politica di disinnescare un istituto potenzialmente rivoluzionario, prima ancora di disciplinarlo, nonostante i regolamenti in materia di AIR la richiamino come un elemento essenziale e in questo senso si sia espresso anche il Consiglio di Stato.
Il ritardo nella disciplina è dovuto inoltre alla costante confusione tra consultazione e concertazione; all’inadeguatezza delle fonti regolative e ad una costante trascuratezza dei profili organizzativi e delle risorse necessarie ad una loro effettiva implementazione.
La Dott.ssa Lara Trucco ha, infine, trattato del tema del drafting comunitario rilevando come esso sia decisamente più evoluto a livello di Unione Europea rispetto al livello nazionale anche per l’esigenza andare in contro ad esigenze formali per la redazione di atti normativi in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea.
La prima svolta in questo senso avvenne con il Trattato di Maastricht, quindi vi fu una giuridicizzazione dell’istituto con gli Accordi interistituzionali del 1993, 1994, 1998 e 2003. Successivamente, il Trattato di Lisbona, e in particolare la risoluzione sul principio di sussidiarietà, ebbero ricadute particolarmente positive sul drafting introducendo l’obbligo di motivazione dell’atto.
La prospettiva futura dovrebbe tuttavia riguardare l’esigenza di passare dal legiferare meglio al legiferare con intelligenza, coinvolgendo gli Stati membri anche nella fase discendente per lo studio sull’impatto della regolamentazione. In questo senso la normativa nazionale stabilita dalla legge n. 96 del 2010 non va nella direzione giusta.
Va infine segnalata la sentenza n. 58 del 2008 della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di roaming, in base alla quale non è illegittimo il regolamento che ha rispettato i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, anche perché analizzando l’AIR allegata si evincevano risvolti positivi per i cittadini.