Si tratta di una seconda edizione, rivista e ampliata, di una ricerca condotta tra il 2005 e il 2006, che per la prima volta ha inteso prendere in esame il legame tra politiche sanitarie e politiche del turismo in Europa, per comprendere le implicazioni sottese al fenomeno della mobilità dei cittadini-turisti e cittadini-pazienti.
Si assiste, in epoca recente, da un lato, ad un incremento dei flussi turistici transfrontalieri e, dall’altro, ad una crescita di consapevolezza circa l’offerta turistica e, quindi, di benessere richiesta. Nell’ultimo decennio, il concetto di “cura” si è, infatti, evoluto e lo scenario di riferimento ha registrato sensibili cambiamenti, in particolare a seguito del diffondersi di un approccio salutistico allargato, con l’entrata sul mercato, secondo una logica di marketing adeguata ai tempi, del comparto del benessere e delle attività connesse e con un forte aumento delle attività propriamente sportive mirate alla salute dei praticanti.
La mobilità dei cittadini-turisti e dei cittadini-pazienti all’interno dell’Unione Europea è ormai una realtà e non più soltanto un fenomeno da prevedere. La mobilità dei pazienti è strettamente connessa con l’organizzazione dei sistemi sanitari nazionali, e in particolare, con il riconoscimento da parte di questi ultimi della copertura delle spese sostenute per fruire delle cure termali, sia nelle strutture nazionali sia in quelle all’estero. Inoltre, la mobilità dei pazienti è intimamente collegata con la libertà di stabilimento e di erogazione dei servizi nel mercato interno.
Per storia, per tradizione e per vocazione, le stazioni termali sono orientate ad operare “fuori dai confini” nazionali. In questa direzione, il termalismo terapeutico si candida naturalmente a realizzare sinergie positive tra profili sanitari e programmazione/ricettività turistica, saldando così un binomio, segnatamente, quello tra sanità e turismo, che oggi viene altresì evidenziato e supportato a livello comunitario, in specie avuto riguardo a quegli ordinamenti giuridici (quali l’Italia, la Germania, l’Austria, l’Ungheria) nei quali le prestazioni termali sono riconosciute dai sistemi sanitari nazionali.
Al riguardo, come il volume richiama, si segnala la recente Direttiva UE sul rimborso delle spese sanitarie all’estero, i cui principi cardine possono essere così sintetizzati:
1 – la base giuridica viene identificata nell’art. 114 del Trattato CE, che dispone in merito al funzionamento del mercato interno e alla libera circolazione di merci, persone e servizi, ancorché la direttiva tratti della protezione della sanità pubblica quale elemento determinante delle scelte operate;
2 – la direttiva rispetta e non pregiudica la facoltà di ciascun Stato membro di decidere il tipo di assistenza sanitaria ritenuta opportuna (7 Considerando);
3 – la direttiva ha la finalità di pervenire a una più generale nonché efficace applicazione dei principi elaborati dalla Corte di giustizia attraverso singole pronunce;
4 – gli Stati membri possono, tuttavia, limitare la libertà di movimento dei cittadini-pazienti quando l’impedimento risulti giustificato da un motivo imperativo di interesse generale;
5 – il diritto al rimborso delle spese sanitarie deve seguire la legislazione dello stato membro di affiliazione del cittadino-paziente che intende recarsi all’estero;
6 – la direttiva non si applica ai comparti della long-term care ovvero dell’assistenza agli anziani presso case di cura;
7 – il fatto che l’obbligo di rimborso dell’assistenza sanitaria transfrontaliera si limiti all’assistenza sanitaria figurante tra le prestazioni cui il paziente ha diritto nel proprio Stato membro di affiliazione non impedisce agli Stati membri di rimborsare il costo dell’assistenza sanitaria transfrontaliera al di là di tali limiti;
8 – con riferimento a quanto indicato sub 7), gli Stati membri possono rimborsare spese supplementari, come le spese di alloggio e di viaggio o le spese supplementari sostenute dalle persone con disabilità, anche se tali spese non sono rimborsate in caso di assistenza sanitaria prestata sul loro territorio;
9 – il sistema autorizzatorio preventivo risulta essere confermato, ancorché deve essere chiaramente conosciuto e conoscibile ai cittadini;
10 – la direttiva stabilisce il termine di 30 mesi entro il quale i singoli Stati membri potranno adeguare le proprie legislazioni alle disposizioni in essa contenute.