(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 8 febbraio 2011, n. 843)
a cura di Filippo Degni
La sentenza in oggetto consente di formulare alcune considerazioni sulle modalità di svolgimento della procedura per la realizzazione di opere attraverso il ricorso allo strumento del project financing.
Tale istituto presenta notevoli analogie con la figura della concessione, almeno per quanto riguarda la struttura del rapporto, in cui il concessionario assume su di sé il rischio imprenditoriale connesso alla gestione dell’opera, in quanto è proprio attraverso la gestione che viene remunerata la sua prestazione.
Il procedimento di aggiudicazione di opere mediante project finance, tuttavia, si distingue nettamente da quello delle concessioni perché il primo prevede un’articolazione in due distinte fasi, a fronte della sostanziale unità del secondo.
In particolare, è opinione comune in dottrina ed in giurisprudenza che la scelta del promotore, ossia la prima fase del procedimento, sia connotata da un ampio margine di discrezionalità da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, che nel valutare le proposte tiene conto di scelte di carattere economico e tecnico non sindacabili in sede giurisdizionale se non per profili di manifesta illogicità, irrazionalità, contraddittorietà ed errori di fatto. In questo senso, la Sezione V ha precisato come l’ampia estensione del potere discrezionale dell’Amministrazione dipende dal fatto che nella fase di valutazione preliminare delle proposte l’oggetto della valutazione verte su di una loro generale attitudine a soddisfare l’interesse pubblico perseguito in relazione ad un programma non definito nei suoi contenuti progettuali (cfr. in questi termini Cons. St., 20 maggio 2008, n. 2355).
A questo proposito, viene altresì richiamata la recente pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 aprile 2010 n.2155, in cui è stato espressamente stabilito come occorra tenere distinte la fase preliminare dell’individuazione del promotore e la successiva fase selettiva finalizzata all’affidamento della concessione.
Solo quest’ultima fase presenta tutti i caratteri tipici delle procedure di gara aperte e/o ristrette e soggiace correlativamente a tutti i relativi incombenti procedimentali; per converso, la fase di scelta del promotore, anche se trova espressa disciplina nel d.lgs. n. 163 del 2006 “è connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, essendo intesa non già alla scelta della migliore fra una pluralità di offerte sulla base di criteri tecnici ed economici preordinati, ma alla valutazione stessa di un interesse pubblico che giustifichi, alla stregua della programmazione delle opere pubbliche, l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore”.
Aggiunge, inoltre, la Sezione V, come la ratio sottesa a tale fase non è propriamente quella di individuare il contraente dell’Amministrazione, in quanto l’assunzione della qualità di promotore non assegna più a tale soggetto la prelazione rispetto al successivo contratto, ma è piuttosto quella di collaborare alla definizione della proposta finale di project financing da sottoporre poi a pubblica gara (in questo senso, Cons. St. Sez. V, 28 maggio 2010, n. 3399).
La flessibilità insista al processo di selezione del promotore si riflette anche sulla possibilità per i proponenti di prevedere misure ulteriori rispetto a quelle indicate nel bando per conseguire l’equilibrio economico-finanziario essenziale alla realizzazione del progetto in regime di project finance.
Per quanto attiene, invece, alla mancata asseverazione del piano al momento della sua presentazione, pervenuta in momento successivo ed incerto sia il Giudice di primo grado, sia il Consiglio di Stato hanno convenuto che l’art. 153 del d.lgs. n. 163 del 2006 non prescrive quale condizione a pena di esclusione, la necessaria presentazione della proposta e della asseverazione (né tale prescrizione era imposta dal bando).
Il Collegio pone a fondamento di tale conclusione anche l’orientamento che si era formato sotto la pregressa vigenza dell’art. 37-bis della l. n. 109 del 1994, con riguardo alla possibilità di integrazione successiva dell’asseverazione disposta dalla Commissione, in quanto una simile decisione “non esorbita dall’alveo proprio della potestà di integrazione attribuita all’amministrazione giudicatrice, dacchè l’adempimento in discorso non postula alcun intervento sul contenuto del piano economico-finanziario posto a corredo della proposta e, dunque, essa può sicuramente sopravvenire ai sensi del comma 2-ter anche dopo il completo spirare del termine finale di presentazione”(Cons. St. 19.4.2005, n. 1802).
Analogamente, la Sezione ritiene ammissibile l’integrazione operata sua sponte dal proponente.
Da ultimo, si segnala come il Consiglio di Stato, nella sentenza in oggetto, abbia avuto modo di ribadire come l’asseverazione del piano economico finanziario da parte di Istituto bancario attesta la correttezza e la congruità delle poste utilizzate per la sua elaborazione e fornisce una positiva valutazione sugli elementi economici (costi e ricavi del progetto) e finanziari (composizione delle fonti di finanziamento) verificandone l’equilibrio in relazione ai flussi di cassa generati dal progetto, esclusivamente sulla base dei dati forniti dall’impresa (cfr. Autorità vigilanza contratti pubblici di lavori, servizi e forniture n. 14 del 5 luglio 2001). Per converso, spetta all’Amministrazione la valutazione di merito circa la congruità della proposta, la correttezza e la validità degli elementi che sorreggono il piano e la sua idoneità allo scopo (vedi Cons. St. Sez. V, 17 giugno 2009, n. 3944; 10 novembre 2005, n. 6287). Valutazione, questa, ovviamente connotata da ampi margini di discrezionalità.