APPLICABILITÀ DELLA DISCIPLINA PREVISTA PER IL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA ALLE DECISIONI RESE NEI RICORSI STRAORDINARI AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

25.05.2011

(Corte di Cassazione, SS.UU. civili, 28 gennaio 2011, n. 2065)

a cura di Filippo Degni

Le sentenza segnalata può definirsi in un certo senso storica, in quanto, a meno di un successivo (ma improbabile) revirement, segna il culmine di un lungo e contrastato processo al termine del quale il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica può ormai ritenersi del tutto equiparato al ricorso giurisdizionale proponibile dinanzi al Giudice Amministrativo.

L’importanza della questione controversa trova conferma nella circostanza che la decisione delle Sezioni Unite è corredata da una esaustiva ed articolata motivazione, in cui viene ricostruita l’evoluzione dell’istituto e della relativa applicazione giurisprudenziale.

Per inciso, va notato come il giudizio nel  quale è intervenuta la pronuncia della Corte di Cassazione verteva su di un ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana: la sostanziale omogeneità di tale procedimento rispetto a quello del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, tuttavia, ben evidenziata nella sentenza qui segnalata, ha consentito alla Suprema Corte di rendere un giudizio suscettibile di essere esteso anche a quest’ultimo istituto. A ben vedere, anzi, tutta la motivazione è incentrata sulla figura del  ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e, solo in chiusura, le Sezioni Unite operano un rinvio delle considerazioni esposte al ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana.

La Suprema Corte sviluppa il suo ragionamento prendendo le mosse dalla acclarata ambivalenza dell’istituto del ricorso straordinario, sospeso nell’antinomia tra la forma – tipica dell’atto amministrativo – e la sostanza – propria di una sentenza giurisdizionale – in conseguenza della quale la funzione obiettivamente decisoria di tale rimedio finiva per essere in concreto depotenziata al momento della sua attuazione.

E, in effetti, la portata decisoria del decreto del Presidente della Repubblica risultata fortemente sminuita qualora l’Amministrazione destinataria restasse inerte o, addirittura inadempiente, stante l’impossibilità per la parte interessata di avvalersi del rimedio del giudizio di ottemperanza, nel quale, non pare inopportuno ricordarlo, al Giudice è consentito un sindacato esteso al merito della controversia.

Peraltro, l’indebolimento dell’effettività di tutela accordata alla parte vittoriosa in sede di ricorso straordinario era ulteriormente accentuato per il fatto che nelle ipotesi di silenzio inadempimento della pubblica Amministrazione occorre promuovere un giudizio ordinario volto a far constare l’illegittimità del diniego opposto a seguito della diffida ad adempiere notificata dall’interessato. Anche se a seguito dell’introduzione del rito speciale avverso il silenzio nel 2000 e dei successivi affinamenti normativi e giurisprudenziali si è assistito ad un significativo rafforzamento delle garanzie giurisdizionali del privato rispetto a tale patologica situazione, restava comunque evidente il deficit di tutela rispetto alla posizione di chi poteva avvalersi del ricorso in ottemperanza.

Tradizionalmente, si riteneva che tale rimedio fosse precluso al soggetto che avesse conseguito un decreto di accoglimento su ricorso straordinario, in virtù della natura di atto amministrativo di tale provvedimento, come stabilito con la sentenza n. 3141 del 1953 le Sezioni Unite in cui era stata rilevata l’inesistenza di un obbligo giuridico vincolante per l’Amministrazione di conformarsi al decreto.

Come noto, la questione della possibilità di estendere anche al decreto di accoglimento di ricorso straordinario l’accesso al giudizio di ottemperanza era tornata d’attualità dopo che la Corte di Giustizia, con le sentenze rese in data 16 ottobre 1997, in cause riunite C-69/96 e 79/96 aveva riconosciuto l’ammissibilità del rinvio incidentale per questioni di interpretazione di norme comunitarie sollevate dal Consiglio di Stato in sede di parere su ricorso straordinario al Capo dello Stato, sull’assunto che la natura giurisdizionale del Consiglio di Stato persistesse anche nel procedimento di definizione del ricorso straordinario.

La Corte di Cassazione, tuttavia, con sentenza n. 15978 del 2001 aveva confermato il suo precedente orientamento, ribadendo, anzitutto, l’insussistenza di un obbligo vincolante per l’Amministrazione di conformarsi al parere reso dal consiglio di Stato. Né a conclusioni diverse si poteva giungere facendo leva sul meccanismo dell’alternatività del ricorso straordinario rispetto a quello giurisdizionale, data l’evidente preferenza accordata dall’ordinamento al secondo rimedio, tanto da prevedere la possibilità per i controinteressati di optare per la trasposizione del ricorso. Non veniva ritenuta significativa, inoltre, la revocabilità del decreto di accoglimento essendo tale facoltà prevista anche per i ricorsi amministrativi ordinari. In conclusione, le Sezioni Unite ritenevano che la natura giurisdizionale riconosciuta dalla Corte di Giustizia avesse rilievo ai soli fini della ricevibilità dei rinvii pregiudiziali, interpretativi e di validità, in quanto prevista dall’art. 234 del Trattato CE, non potendo per converso assumere portata generale rispetto alle disposizioni di diritto processuale nazionale, con riferimento alla diversa (e non assimilabile) questione relativa all’ammissibilità (o meno) del giudizio di ottemperanza nei confronti di decisioni su ricorsi straordinari.

Al termine di questo excursus, le Sezioni Unite si sono soffermate sulle modifiche normative intervenute negli ultimi anni, suscettibili di incidere significativamente sulla struttura dell’istituto del ricorso straordinario.

In particolare, l’art. 69 della l. 18 giugno 2009, n. 69 ha aggiunto al testo dell’art. 13, co. 1, del d.P.R. 1199/1971, la previsione espressa che la Sezione del Consiglio di Stato al  quale è assegnata la trattazione del ricorso straordinario possa sospendere la sua attività a promuovere l’incidente di costituzionalità ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, qualora ritenga sussistano i generali presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale.

Si badi, inoltre, come l’art. 69 della l. n. 69 del 2009 ha altresì esplicitato l’obbligo delle Amministrazioni di conformarsi al parere reso dal Consiglio di Stato eliminando definitivamente la possibilità (più teorica che reale) che il Consiglio dei Ministri approvi una proposta di decreto presidenziale difforme rispetto al parere del Consiglio di Stato.

Proprio in considerazione di tali modifiche, la Suprema Corte ritiene che siano ormai venute meno alcune determinanti differenze del procedimento per il ricorso straordinario rispetto a quello giurisdizionale che erano state poste a fondamento delle precedenti pronunce sopra richiamate.

Aggiungono, inoltre, le Sezioni Unite che il nuovo Codice del Processo Amministrativo ha esteso – si potrebbe dire corrispondentemente – la sfera oggettiva di applicazione del giudizio di ottemperanza, ammettendo che tale rimedio possa essere esperito non solo per conseguire l’attuazione delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato, ma anche per le sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo (lett. b). Si noti, inoltre, che ai fini dell’individuazione del Giudice competente a conoscere del ricorso in ottemperanza, l’art. 113 del c.p.a. prevede che il ricorso sia proposto nel caso di cui all’art. 112, comma 2, lettere a) e b), al giudice che ha emesso il “provvedimento” della cui ottemperanza si tratta.

Nel caso di ottemperanza al decreto di accoglimento su ricorso straordinario la Corte di Cassazione ritiene che sia competente a conoscere dell’eventuale giudizio sia lo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta.

Le Sezioni Unite, peraltro, non mancano di rilevare come già in passato vi fossero state proposte di modifica della disciplina del ricorso straordinario tese ad incrementare l’effettività della tutela accordata a tale rimedio.

A quest’ultimo proposito, nella sentenza si dà ampiamente conto della necessità di dare piena attuazione alle norme della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo (art. 6 e 13), come interpretate dalla Corte di Strasburgo, secondo il procedimento di ingresso nell’ordinamento nazionale precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 348 del 2007.

In questa prospettiva, nella sentenza oggetto di segnalazione viene richiamata la giurisprudenza della CEDU secondo la quale, da un lato, sono intangibili le decisioni finali di giustizia rese da un’autorità che non fa parte dell’ordine giudiziario, ma che siano equiparate a una decisione del giudice; dall’altro, in ogni ordinamento nazionale si deve ammettere l’azione di esecuzione in relazione a una decisione di giustizia, quale indefettibile seconda fase della lite definita.

 

A cura di Filippo Degni