Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: segnalazione sulla gestione integrata dei rifiuti in Sicilia

25.05.2011

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) con la segnalazione AS797 ha espresso alcune perplessità relative agli effetti distorsivi della concorrenza derivanti dalla regolamentazione regionale siciliana in tema di gestione integrata dei rifiuti.

Oggetto delle osservazioni della AGCM è la circolare n. 2/2010 dell’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità della Regione Sicilia (pubblicata in GURS n. 57/2010) con la quale vengono forniti alcuni chiarimenti in ordine alla interpretazione della disciplina transitoria dettata dalla legge regionale 8 aprile 2010 n. 9 di riorganizzazione del sistema di gestione integrata dei rifiuti nella regione Sicilia (SRR) attraverso il superamento e messa in liquidazione della società ATO.

Più nello specifico, l’AGCM esprime perplessità sulla interpretazione fornita dall’Assessorato alla disciplina del periodo transitorio dettata dal comma 3, dell’articolo 19 della legge regionale 9/2010, interpretazione che, di fatto, determinata «l’effetto di impedire per un lasso di tempo significativo lo svolgimento delle gare per l’affidamento della gestione dei rifiuti nella regionale Sicilia».

In sostanza, l’AGCM rileva che «…secondo l’interpretazione offerta dall’Assessorato nella circolare, una volta scaduti gli affidamenti in essere ex art. 23-bis, comma 8, del decreto legge n. 112/08, nelle more del processo di riorganizzazione della gestione integrata dei rifiuti, le stazioni appaltanti (cioè gli ATO in liquidazione) sarebbero obbligati a sospendere l’applicazione dei principi generali vigenti in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, espressi dal comma 2 dell’art. 23-bis e dall’art. 202 del Decreto Legislativo n. 152/06, e a non disporre lo svolgimento di alcuna procedura ad evidenza pubblica».

Ad avviso dell’Autorità, la soluzione interpretativa proposta dalla circolare 2/2010, oltre a determinare l’effetto di sostanziale paralisi del processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali e determinare gravi e ingiustificate restrizioni allo sviluppo del mercato in senso pro-concorrenziale, si pone in contrasto tanto con il quadro dei principi nazionali e comunitari in materia, quanto «con i principi costituzionali di riparto di competenza legislativa, nella misura in cui la capacità di dettare disposizioni che disciplinano le modalità di gestione e l’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è unicamente attribuibile alla competenza statale»[1].

 


[1] Sul punto, l’AGCM richiama la giurisprudenza costituzionale in materia di disciplina dei servizi pubblici locali (sentenze n. 272/2004, n. 29/2006 e, da ultimo, n. 325 del 2010) secondo cui «la disciplina concernente le modalità dell’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica va ricondotta all’ambito della materia, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, «tutela della concorrenza», prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione; le disposizioni statali in materia, pertanto, non possono essere derogate da norme regionali»

a cura di Luigi Alla


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