Esclusione per grave inadempimento nell'esecuzione di precedenti contratti ed obbligo di motivazione

25.05.2011

Esclusione per grave inadempimento nell’esecuzione di precedenti contratti ed obbligo di motivazione

(Consiglio di Stato, Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 409)

a cura di Filippo Degni

La pronuncia segnalata consente di formulare alcune brevi considerazioni in materia di esclusione dalle procedure di gara per violazione dell’art. 38, co. 1, lett. f), del d.lgs 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i.

La controversia dedotta all’attenzione della Sezione V, infatti, verte sul gravame proposto avverso la sentenza di primo grado nella quale era stata confermata la legittimità del provvedimento di esclusione di un’impresa da una procedura di gara in considerazione del pregresso grave inadempimento di un contratto con la stazione appaltante in un precedente rapporto.

L’impresa appellante, nel riproporre le censure articolate in primo grado, si doleva anzitutto del difetto di motivazione del provvedimento di esclusione, in quanto la stazione appaltante, invece di profondersi in una “motivata valutazione”, come richiesto dalla legge, si sarebbe piuttosto limitata a richiamare la circostanza dei fatti posti a base dell’atto di risoluzione del contratto per grave inadempimento, omettendo così di valutare la gravità e importanza delle negligenze, nonché l’incidenza delle infrazioni sul piano della persistente inaffidabilità del concorrente e senza tenere conto del lasso di tempo trascorso dall’adozione dell’atto di risoluzione (che non sarebbe breve ma di circa tre anni) dell’assenza di recidive, oltre che della natura controversa della risoluzione (oggetto di azione giudiziaria pendente dinanzi al Giudice civile).

Nel respingere tale motivo di ricorso, la Sezione V ha anzitutto ricordato come la clausola di esclusione posta dall’art. 38, co. 1, del d.lgs. n. 163 del 2006 possa trovare legittima applicazione solo se la situazione ostativa alla stipula del contratto (da rinvenirsi nella precedente risoluzione per gravi inadempienze, qualificate nei termini di una inidoneità “tecnico-morale” a contrarre con la P.A.) è comprovata (co qualsiasi mezzo di prova) e congruamente motivato (in questo sensso, peraltro, si veda anche la precedente pronuncia della medesima Sezione, 27 gennaio 2010 n. 296).

In altri termini, l’esclusione di un concorrente può essere disposta solo se sia fornita un’adeguata prova dell’inadempimento del contratto dovuto a ragioni tali da implicare il venir meno dell’affidabilità dell’impresa nei confronti della Amministrazione: proprio a tal fine, del resto, la fattispecie astratta descritta dall’articolo 38 co, 1 lettera f) del d.lgs. n. 163 del 2006 ha cura di precisare come il grave inadempimento deve caratterizzarsi alternativamente, per il fatto di essere dipeso da una grave negligenza o malafede nell’esecuzione di uno specifico contratto con la medesima stazione appaltante oppure un grave errore nell’esercizio della attività professionale. Come accennato, tale particolare connotazione dell’inadempimento è strumentale all’accertamento in ordine alla valutazione prognostica sull’inidoneità del soggetto interessato a divenire contraente dell’Amministrazione e, in ultima analisi, alla tutela dell’interesse pubblico della stazione appaltante a selezione solo imprese dotati di specifici requisiti di affidabilità. In questa prospettiva, il concetto giuridico indeterminato della grave negligenza o della malafede va concretamente rapportato all’affidamento che la stazione appaltante deve poter riporre, ex ante, nell’impresa cui decide di affidare l’esecuzione di un nuovo rapporto contrattuale, con la conseguenza che la valutazione da effettuarsi non verte sul profilo oggettivo della prestazione inadempiuta, ma sui riflessi che tale circostanza produce sul giudizio (in un certo senso soggettivo) in ordine all’affidabilità dell’appaltatore. Non è casuale, del resto, che nell’art. 38, co. 1, lett. f) del d.lgs. n. 163 del 2006 rilevino proprio aspetti attinenti alla valutazione sull’operato del contraente, come la malafede o la grave negligenza. Le considerazioni che precedono hanno indotto la Sezione ad attribuire all’art. 38, co. 1, lett. f) una funzione non già sanzionatoria, ma di garanzia circa la sussistenza del necessario elemento fiduciario coessenziale alla costituzione del rapporto contrattuale dell’appalto pubblico.

Così inquadrato in termini generali l’istituto descritto dall’art. 38, co. 1, lett. f) del d.lgs. n. 163e3 del 2006, è agevole per il Collegio decidere per l’infondatezza del gravame, atteso che nessun rilievo possono assumere le censure sul difetto d’istruttoria, essendo per converso sufficiente l’esplicitazione di un giudizio dell’Amministrazione tutto incentrato sulla grave negligenza e le sue inevitabili conseguenze.

Una simile valutazione, peraltro, complice anche la formulazione del precetto normativo più volte richiamato, presuppone necessariamente un ampio margine di discrezionalità da parte della stazione appaltante, sottratto al sindacato di legittimità al di fuori delle ipotesi di palese irragionevolezza o manifesta illogicità, oppure per erroneità dei presupposti di fatto assunti a base della decisione.

Sempre in questa prospettiva, perde di decisivo rilievo la circostanza che l’inadempimento possa essere più o meno risalente nel tempo, oppure l’importanza oggettiva dell’inadempimento stesso, in quanto tali variabili non si pongono in rapporto di stretta dipendenza con il giudizio di inaffidabilità. La conclusione appena esposta si riflette sotto il profilo istruttorio e motivazionale nell’esclusione dell’obbligo in capo alla stazione appaltante di tenere in particolare considerazione tali circostanze soprattutto quando venga comunque raggiunto un ragionevole convincimento, debitamente esplicitato, circa la mancanza del requisito di affidabilità, cui consegua la necessità di escludere la ditta partecipante.

Altrettanto interessanti appaiono le argomentazioni esposte dalla Sezione Quinta per giustificare il rigetto del secondo ordine di censure articolate dall’appellante, secondo il quale non sarebbe stato sufficiente per accertare la sussistenza della clausola di esclusione di cui all’art. 38, co. 1, lett. f) il mero rinvio al fatto storico della risoluzione di un precedente contratto, occorrendo piuttosto che gli inadempimenti contestati fossero confermati (o smentiti) in sede giurisdizionale.

Pur non disconoscendo in via generale la necessità di contemperare le esigenze di buon andamento della pubblica Amministrazione con il diritto di difesa assicurato ai privati, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la possibilità di disporre l’esclusione dalla gara per grave inadempimento non può essere subordinato ad un definitivo accertamento giurisdizionale (come richiesto, invece, nel caso di illeciti penali) e, ciò, perché la tutela del privato a fronte dell’esercizio del potere è adeguatamente garantita dall’obbligo di motivazione che l’Amministrazione è tenuta a fornire a corredo del provvedimento di esclusione, nei termini sopra riferiti.

Correlativamente, il sindacato giurisdizionale del Giudice Amministrativo, potendo scrutinare la ragionevolezza e la congruità della motivazione offerta, garantisce un adeguato compromesso tra le diverse esigenze (in questo senso, si rinvia ad altri precedenti del Consiglio di Stato: Sez. IV, decisione. n. 4999 del 2006 e n. 3092 del 2007; Sez. VI, decisione n. 1071 del 2004, in cui si è sempre ritenuto sufficiente la motivazione espressa per relationem all’atto di risoluzione per inadempimenti contrattuali).

D’altra parte, se occorresse attendere l’accertamento giurisdizionale relativo alla risoluzione di precedenti rapporti non sarebbe infrequente la promozione di azioni pretestuose da parte dell’impresa che pure si è resa inadempiente per grave negligenza o malafede al solo scopo di paralizzare l’autonomo apprezzamento che la stazione appaltante è chiamata ad operare nell’ambito della verifica sul possesso dei requisiti soggettivi.

A sostegno dell’orientamento accolto dalla Sezione, infine, si richiama anche il dato letterale della disposizione contenuta nell’art. 38, co. 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, se posto a confronto con le altre fattispecie tipizzate dal medesimo art. 38, co. 1. Come accennato, infatti, in altri casi la stessa norma prevede espressamente il definitivo accertamento (lett. g) o il passaggio in giudicato della sentenza (lett. c) quale presupposto per il provvedimento di esclusione.

Applicando il canone esegetico della a contrario, dunque, la Sezione conclude nel senso che l’esclusione ai sensi dell’art. 38, co. 1, lett. f), del d.lgs. n. 163  possa essere validamente disposta in conseguenza dell’autonomo (e motivato) l’accertamento operato in sede amministrativa.

 

A cura di Filippo Degni


Scarica documento