Corte di Cassazione, Sez. II, pen. 10 gennaio 2011, n. 234 in tema di applicabilità della disciplina sulla responsabilità da reato degli Enti (d. lgs 231/01) alle società che gestiscono servizi pubblici locali.

25.05.2011

Deve ritenersi applicabile la disciplina di cui al decreto legislativo 231/01 relativo alla responsabilità da reato degli Enti ad una società d’ambito che svolge attività di raccolta e smaltimento di rifiuti.

In base al dato normativo, una corretta lettura della disciplina concernente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica porta a ritenere che possano essere esonerati dall’applicazione del d. lgs. n. 231/2001 soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici non economici (art. 1, u.c. d.lgs. 231/2001).

Appare dunque evidente che la natura pubblicistica di un Ente è condizione necessaria ma non sufficiente per l’esonero dalla disciplina in questione. Deve necessariamente essere presente anche la condizione dell’assenza di svolgimento di attività economica da parte dell’Ente medesimo

Nel caso in questione, appare pacifico lo svolgimento dell’attività economica da parte della società pubblica che, anzi, proprio in ragione della sua struttura societaria evidenzia la presenza di una tale caratteristica. La società, infatti, deve informare, tra l’altro, la propria attività a criteri di economicità consentendo la totale copertura dei costi della gestione integrata e integrale del ciclo dei rifiuti, con conseguente applicabilità, nei suoi confronti dell’art. 2201 del c.c.

In tale linea di ragionamento non può essere condiviso l’assunto che ha escluso l’applicabilità della disciplina di cui al d.lgs. n. 231/2001 sulla base «dell’avvenuto trasferimento di funzioni dall’ente territoriale Comune alla società d’ambito» costituita in forma di s.p.a., a seguito del commissariamento emergenziale della regione Sicilia in materia di rifiuti, come imposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della protezione civile.

Ad avviso dei Giudici, la ratio dell’esenzione è, infatti, quella di escludere dall’applicazione delle misure cautelari e delle sanzioni previste dal d.lgs. n. 231/2001 enti non solo pubblici, ma che svolgano funzioni non economiche, istituzionalmente rilevanti, sotto il profilo dell’assetto costituzionale dello Stato amministrazione.

In questo caso, infatti, verrebbero in considerazione ragioni dirimenti che traggono la loro origine dalla necessità di evitare la sospensione di funzioni essenziali nel quadro degli equilibri dell’organizzazione costituzionale del Paese.

Nella fattispecie in esame tuttavia proprio la preminente, se non esclusiva, attività di impresa che deve essere riconosciuta alla società non può essere messa in dubbio dallo svolgimento di una attività, che ha sicuramente ricadute indirette su beni costituzionalmente garantiti, quali ad esempio il diritto alla salute (art. 32 cost.), il diritto all’ambiente (art. 9 cost.), ma che innanzitutto si caratterizza per una attività e per un servizio che, per statuto, sono impostati su criteri di economicità, ravvisabili nella tendenziale equiparazione tra costi ed i ricavi, per consentire la totale copertura dei costi della gestione integrata ed integrale del ciclo dei rifiuti.

Pertanto, la società d’ambito, costituita nella forma di società per azioni, per espletare secondo criteri di economicità le funzioni in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasferite alla stessa da enti pubblici territoriali, è soggetta alla normativa in materia di responsabilità da reato degli enti.

a cura di Luigi Alla


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