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Modifiche di alcuni termini nella disciplina del processo in materia di contratti di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture contenute nel nuovo codice del processo amministrativo

19.05.2015

Come noto, con d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, è stata data attuazione all’art. 44 della l. 18 giugno 2009, n. 69, recante la delega al Governo per il riordino del processo amministrativo.

Il nuovo Codice del Processo Amministrativo costituisce il punto di approdo di un elaborato percorso di redazione nella quale ha ricoperto un ruolo fondamentale, secondo quanto disposto dalla stessa legge di delega, una commissione presieduta dal Presidente del Consiglio di Stato e composta da magistrati del Consiglio di Stato, dei TAR, da docenti universitari nonché da autorevoli esponenti dell’Avvocatura erariale e del libero foro

Non è certo questa la sede per stabilire se gli obiettivi prefissati, fra i quali spicca quello di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo …”  (così, l’art. 44, co. 2, lett. a della legge di delega), siano stati raggiunti: qui interessa piuttosto richiamare l’attenzione su alcune modifiche apportate dal c.p.a. al rito sugli appalti di pubblici lavori, servizi e forniture, già recentemente modificato dal d.lgs. 12 aprile 2010, n. 53.

A fronte della sostanziale conferma dell’impianto originario, infatti, nella nuova articolazione delle disposizioni contenute nel c.p.a. si rinvengono alcune differenze sostanziali, che appaiono dettate non già al fine di ulteriormente accelerare il rito degli appalti – di per sé molto più celere rispetto a quello ordinario – quanto, semmai quello di stemperare la portata di alcune norme che, proprio per rendere più rapido il processo, finivano probabilmente per comprimere in modo sin troppo sensibile il diritto di difesa delle parti.

In via preliminare, appare opportuno evidenziare come le disposizioni relative ai giudizi sulle procedure di affidamento dei contratti di pubblici lavori servizi e forniture sono state inserite all’interno del Libro quarto, dedicato ai riti speciali.

Nel c.p.a. si prevedono sei riti speciali: ottemperanza, accesso ai documenti amministrativi, tutela contro l’inerzia della pubblica amministrazione, procedimento di ingiunzione, riti abbreviati relativi a speciali controversie e contenzioso sulle operazioni elettorali. Le norme relative ai giudizi sull’impugnazione dei procedimenti per l’affidamento dei contratti pubblici sono contenute nel Titolo V, ossia quello concernente i riti abbreviati relativi a speciali controversie.

Si badi, infatti, che per effetto del recepimento della direttiva 2007/66/CE all’interno del richiamato d.lgs. n. 53 del 2010, all’interno del giudizio accelerato previsto in origine dall’ art. 23-bis della l. 23 dicembre 1971, n. 1034, è stato enucleato un rito specifico riguardante le procedure di affidamento di appalti pubblici.

La peculiare disciplina del rito sugli appalti che si pone in regime di (ulteriore) specialità  rispetto a norme già derogatorie  del processo ordinario, trova un esplicito riconoscimento sotto il profilo sistematico nel combinato disposto degli artt. 119 e 120 c.p.a.

Dispone, infatti,  l’art. 119 c.p.a. che “le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a: a)  i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti; … “.

Si badi che, per quanto concerne la disciplina dei termini processuali, l’art. 119, co. 2, c.p.a. prevede che “tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonché quelli di cui all’ articolo 62, comma 1, e quelli espressamente disciplinati nel presente articolo“; il successivo comma 7 del medesimo articolo estende l’applicazione del dimezzamento dei termini anche ai giudizi di appello, revocazione e opposizione di terzo.

L’art. 120 c.p.a., a sua volta, introduce delle disposizioni derogatorie rispetto a quelle speciali dell’art. 119 c.p.a., stabilendo, quanto ai termini che “per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’ articolo 79 del d.lgs. n. 163 del 2006, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’ articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto 2” (art. 120, co. 5, c.p.a.). Stesso termine è previsto per l’impugnazione del bando, qualora esso sia stato pubblicato (ovvero sia stato pubblicato l’avviso di aggiudicazione definitiva). Solo in caso di omessa pubblicazione di bando ed avviso il ricorso può comunque essere proposto entro sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto.

Per tutti gli altri termini, invece, si rinvia a quanto disposto dall’art. 119 c.p.a., atteso che, da un lato,  l’art. 120, co. 3, specifica come “le disposizioni dei commi 3, 6, 8 e 10 si applicano anche nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato, proposto avverso la sentenza o avverso l’ordinanza cautelare, e nei giudizi di revocazione o opposizione di terzo. La parte può proporre appello avverso il dispositivo, al fine di ottenerne la sospensione prima della pubblicazione della sentenza“.

Come si vede, il rito contenuto nel c.p.a. differisce sostanzialmente da quello dettato all’interno del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i.

In particolare, l’art. 245, co. 2-quinquies prevedeva che i termini processuali fossero fissati in: “a) trenta giorni per la notificazione del ricorso e per la proposizione di motivi aggiunti avverso atti diversi da quelli già impugnati, decorrenti dalla ricezione della comunicazione degli atti ai sensi dell’articolo 79 o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8; b) dieci giorni per il deposito del ricorso principale, del ricorso incidentale, dell’atto contenente i motivi aggiunti, dell’appello avverso l’ordinanza cautelare; c) trenta giorni per la proposizione del ricorso incidentale, decorrenti dalla notificazione del ricorso principale; d) quindici giorni per la proposizione dei motivi aggiunti avverso gli atti già impugnati; e) quindici giorni per l’appello avverso l’ordinanza cautelare decorrenti dalla sua comunicazione o, se anteriore, notificazione“.

L’art. 245, co. 2-duodecies, prevedeva, inoltre, che “in caso di domanda cautelare, le parti a cui è notificato il ricorso possono presentare istanze e memorie, in relazione ad essa, entro cinque giorni dalla ricevuta notificazione“.

La disciplina contenuta nel d.lgs. n. 163 del 2006, nel suo (sia pur breve) periodo di vigenza aveva dato luogo a notevoli problemi applicativi: in primo luogo, il termine per la proposizione dei motivi aggiunti avverso gli atti già impugnati e quello per procedere all’impugnazione dell’ordinanza cautelare apparivano molto esigui, tanto da far dubitare della loro costituzionalità in rapporto alla piena ed effettiva  tutela dei diritti e degli interessi legittimi assicurata dall’art. 24 Cost.

Alla notevole riduzione dei termini per impugnare, d’altra parte, non corrispondeva una altrettanto incisiva riduzione dei termini per procedere all’accesso agli atti, atteso che, ai sensi dell’art. 79, co. 5-quater del d.lgs. n. 163 del 2006, “fermi i divieti e differimenti dell’accesso previsti dall’articolo 13, l’accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall’invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell’accesso adottati ai sensi dell’articolo 13“. L’art. 13, infatti, prevede il differimento dell’accesso in relazione alle offerte, fino all’approvazione dell’aggiudicazione ed in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione definitiva.

Anche le stazioni appaltanti e le imprese controinteressate incontravano notevoli ostacoli nell’esercizio del loro diritto di difesa: secondo una certo orientamento, infatti, il termine di cinque giorni per costituirsi in giudizio doveva ritenersi come perentorio. La formulazione della norma, inoltre, secondo tale interpretazione, aveva creato notevoli problemi anche presso gli uffici giudiziari: decorrendo il termine dalla data di notificazione del ricorso, poteva accadere che la stazione appaltante e/o il controinteressato si costituissero in giudizio prima del deposito dell’atto introduttivo da parte del ricorrente (a cui la legge assegnava dieci giorni).

Con l’entrata in vigore del c.p.a. tutte queste incertezze possono ritenersi ormai superate: il combinato disposto degli artt. 119 e 120 detta un regime di termini processuali più ordinato e coerente, tale da coniugare efficacemente l’esigenza di celerità del rito sugli appalti con quella di effettività della tutela giurisdizionale per tutte le parti coinvolte.

In particolare, il venir meno dell’originale formulazione dell’art. 245 del d.lgs. n. 163 del 2006 implica che le stazioni appaltanti e gli eventuali controinteressati si possono costituire in giudizio e depositare memorie e documenti sino ad un giorno libero antecedente la data dell’udienza in camera di consiglio, in base a quanto disposto dall’art. 55, co. 5, c.p.a.

Per la proposizione dei motivi aggiunti, poi, risulta caducata la distinzione tra atti già conosciuti o meno, in considerazione della quale era previsto un regime differenziato.

Ed ancora, la proposizione dell’appello avverso l’ordinanza cautelare non è assoggettata al dimezzamento dei termini, in quanto espressamente esclusa dall’art. 119, co. 2, c.p.a., con la conseguenza che, non dettando l’art. 120 c.p.a. ulteriori disposizioni al riguardo, la parte soccombente potrà validamente interporre il gravame entro trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza ovvero sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

In conclusione, le modifiche ai termini introdotte dal c.p.a. appaiono assolutamente ragionevoli ed utili, anzi, a ripristinare il necessario equilibrio tra rapidità nello svolgimento del giudizio ed effettività della tutela.

Del resto, autorevole dottrina (Travi) ha rilevato come il principio del “giusto processo” enunciato dall’art. 111 Cost. non si può ridurre esclusivamente all’obbligo di garantire una rapida tutela delle parti, ma, anzi, trova il suo necessario cardine nella tutela della parità delle parti che, quindi, funge da criterio limite per ogni intervento di accelerazione e snellimento processuale.

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