Corte costituzionale, 9 marzo 2007, n. 64
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso la Regione Umbria
Norma impugnate e parametri di riferimento:
Sono impugnate le seguenti disposizioni della legge della regione Umbria 7 dicembre 2005, n. 26:
– l’art. 2, co. 1, nella parte in cui prescrive che, nei centri commerciali, la superficie occupata dagli esercizi di vicinato e dalle medie strutture di vendita deve risultare pari almeno al 30% della superficie totale, riservando prioritariamente almeno il 50% di tale percentuale di superficie ad operatori presenti sul territorio regionale da almeno cinque anni;
– l’art. 10, co. 3 e 4, nella parte in cui da’ precedenza, nel rilascio di autorizzazioni all’esercizio e all’ampliamento dell’attività commerciale, alla titolarità di altre grandi strutture di vendita nella Regione.
Secondo il ricorrente, le disposizioni impugnate contrasterebbero con i principi costituzionali di eguaglianza (art. 3 Cost.) e di libera concorrenza (art. 41 Cost.).
Argomentazioni della Corte:
In relazione alla censura di cui all’art. 2, co. 1, la Corte osserva come la disposizioni riguardi una materia, quella del commercio, di competenza regionale residuale; anche prima della riforma del Titolo V, d’altronde, in attuazione della riforma Bassanini il d.lgs. n. 114 del 1998 sulla riforma della disciplina del commercio riconosceva alle Regioni, in sede di definizione degli indirizzi per l’insediamento delle attività commerciali, la facoltà di favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese già operanti sul territorio interessato. In questo contesto, la norma impugnata non determina un’irragionevole lesione del principio della libera concorrenza e dell’eguaglianza.
In relazione alla censura di cui all’art. 10, co. 3 e 4, la Corte osserva come l’introduzione di un criterio preferenziale per il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio ed ampliamento delle attività commerciali operi una discriminazione tra imprese sulla base di un criterio anche di localizzazione territoriale privo di ragionevole giustificazione, e come tale lesivo della libertà di concorrenza.
Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, co. 3 e 4 della l.r. n. 26 del 2005, nella parte in cui stabilisce che tra le domande concorrenti per le autorizzazioni all’esercizio ed ampliamento delle attività commerciali è data priorità anche in funzione del criterio della titolarità di altre grandi strutture di vendita nella Regione. La questione relativa all’art. 2, co. 1 della medesima l.r. n. 26/05 è giudicata viceversa non fondata.
Giurisprudenza richiamata:
– Sul commercio come materia di competenza regionale residuale: Corte costituzionale, sent. n. 1 del 2004 e ord, n. 99 del 2006
– Sulle discriminazioni tra imprese che contrastano con il principio di eguaglianza nonché con il divieto per la Regione di adottare provvedimenti che ostacolino la libera circolazione delle persone: Corte costituzionale, sentt. n. 404 del 2006, n. 207 del 2001 e n. 362 del 1998