Deve ritenersi indiscutibile il principio dell’appartenenza necessaria dell’ente locale all’organizzazione sovra comunale che opera in materia di gestione integrata dei rifiuti, diversamente denominata dalle norme che si sono succedute: Ambito Territoriale Ottimale (ATO) ex legge regionale n. 14/2002, Ambito Territoriale Integrato (ATI) ex legge regionale n. 23/2007.
Al singolo ente locale, dunque, non può riconoscersi il diritto di intraprendere percorsi autonomi e scegliere modalità di gestione del servizio diverse da quelle individuate dall’Autorità, pena il rischio di destinare alla paralisi tali soggetti. In un simile contesto, gli eventuali conflitti tra le amministrazioni locali coinvolte non possono che trovare la loro composizione attraverso la mediazione politica esplicabile all’interno degli organi dell’organizzazione sovra comunale.
La scelta prevista dal legislatore in favore di tale assetto organizzativo e gestionale discende inoltre anche da ragioni di ordine tecnico: solo un’organizzazione associata, che comprenda un’area di adeguate dimensioni e caratteristiche, può assicurare una gestione dei rifiuti efficiente dal punto di vista ambientale, attraverso l’utilizzazione di una rete adeguata di impianti, consentendo di conseguire su tutto il territorio nazionale i livelli di qualità (percentuali di raccolta differenziata; autosufficienza nella gestione dei rifiuti) indicati dal d.lgs. 152/2006, a tariffe sostenibili per tutti gli utenti.
L’ordinamento, in linea di principio, non asseconda l’aspirazione di un Comune ad occuparsi autonomamente del ciclo dei (propri) rifiuti, o di alcune delle relative fasi (come lo spazzamento delle strade, la raccolta ed il trasporto). Ed infatti, dal momento che ciascun Comune, per il collocamento finale dei rifiuti prodotti sul suo territorio, necessita della collaborazione con gli altri Comuni compresi nel medesimo ambito e delle sinergie che l’utilizzazione delle risorse territoriali e delle infrastrutture di ciascuno di essi sono in grado di generare a vantaggio comune, è del tutto coerente che anche le fasi antecedenti della raccolta e del trasporto dei rifiuti siano organizzati e gestiti unitariamente.
La partecipazione dei Comuni al sistema di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati, in base agli articoli 198, commi 1 e 2, e 200, del d.lgs. 152/2006, si sostanzia in un ruolo consultivo rispetto alla delimitazione degli Ambiti da parte della Regione, e nell’esercizio del potere regolamentare.
Il principio della necessaria gestione sovra comunale dei rifiuti non è venuto meno neanche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 2, c. 186-bis, della l. 191/2009, come introdotto dall’art. 1, c. 1-quinquies, del d.l. 2/2010, convertito in l. 42/2010. Tale disposizione, infatti, se, da un lato, prevede la soppressione delle Autorità di Ambito, dall’altro, dispone che, entro un anno, «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza».
Il legislatore statale, in tal modo, non ha ripudiato la scelta di gestire il servizio in un ambito sovra comunale, ma ha solamente previsto la possibilità di procedere ad una riallocazione delle funzioni (alla Regione, alle Province, a forme associative o convenzionali tra Comuni) secondo le diverse esigenze dei territori e delle collettività regionali, disponendo, al contempo, per ragioni di contenimento della spesa, esclusivamente l’eliminazione di un’entificazione autonoma del soggetto titolare delle funzioni e non già la retrocessione ai Comuni dei relativi compiti.