Corte costituzionale, 30 dicembre 2009, n. 340 – Sui piani comunali di alienazione e di valorizzazione dei beni immobili non strumentali all'esercizio delle funzioni istituzionali dell'ente

26.05.2010

Corte costituzionale, 30 dicembre 2009, n. 340

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana avverso lo Stato

Norme impugnate e parametri di riferimento:

Le ricorrenti dubitano della legittimità costituzionale dell’art. 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nella parte in cui affida agli Enti locali la formazione degli elenchi dei singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione; sulla base di tali elenchi, è predisposto il piano delle alienazioni e delle valorizzazioni. In particolare, le ricorrenti censurano il comma 2 dell’art. 58, che consente ai Comuni di operare scelte di pianificazione in materia urbanistica anche in contrasto con le disposizioni contenute in Piani territoriali regionali e provinciali, senza alcuna possibilità reale di valutazione o opposizione da parte della Regione; la norma censurata, infatti, stabilisce che: “l’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica: la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata di competenza delle Province e delle Regioni”.

Secondo le ricorrenti, tale disciplina introduce una regolamentazioni autoapplicatica che comprime la sfera costituzionale di autonomia delle Regioni, trascendendo i limiti delle potestà normative statali concorrenti in materia di coordinamento della finanza pubblica e di governo del territorio.

Argomentazioni della Corte:

La Corte evidenzia come nella ratio dell’art. 58, pur essendo ravvisabili anche profili attinenti al coordinamento della finanza pubblica, assuma carattere prevalente la materia del governo del territorio, nel cui ambito lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali.

Nel caso di specie, la norma impugnata, stabilendo l’effetto di variante urbanistica ed escludendo che la variante debba essere sottoposta a verifiche di conformità, introduce una disciplina che non è finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi, ma si risolve in una normativa dettagliata che non lascia spazi d’intervento al legislatore regionale.

Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 58 impugnato, che tuttavia non investe la proposizione iniziale del comma, che stabilisce che l’inserimento degli immobili nel piano ne determina la classificazione come patrimonio indisponibile e ne dispone la destinazione urbanistica: si tratta, infatti, di una disposizione che non è stata oggetto di specifiche censure, la quale comunque non esclude che la destinazione urbanistica debba essere determinata nel rispetto delle disposizioni e delle procedure stabilite dalle norme vigenti.

Decisione della Corte:

La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2 del decreto-legge n. 112 del 2008, esclusa la proposizione iniziale: “L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica”. Le altre censure sollevate dalle ricorrenti sono giudicate in parte inammissibili, in parte infondate.

A cura di Elena Griglio