Il tetto massimo delle spese degli Enti locali può essere ritoccato in senso peggiorativo a livello regionale

13.07.2007

Corte costituzionale, 13 luglio 2007 n. 275

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso la Regione Sardegna

Norme impugnate e parametri di riferimento:
Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato, in particolare, il comma 9 dell’art. 1 della legge della Regione Sardegna 24 febbraio 2006, n. 1, che stabilisce, per gli Enti locali operanti nella Regione Sardegna, un diverso sistema di calcolo del tetto massimo delle spese in conto capitale, che secondo lo Stato risulterebbe non coerente rispetto a quanto disposto dalla legislazione statale, ed in particolare dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006). Secondo il ricorrente, la disposizione censurata, nel disciplinare autonomamente due categorie di spese deducibili, prevedrebbe un sistema alternativo di calcolo, introducendo delle categorie di spese da dedurre dal calcolo del tetto massimo non previste dalla citata legge statale. Il ricorrente deduce che tale norma violerebbe da un lato gli artt. 117, terzo comma, ultimo periodo, e 119, secondo comma, della Costituzione e, dall’altro, l’art. 7 dello Statuto speciale della Regione Sardegna.

Argomentazioni della Corte:
La competenza statale concorrente in materia di finanza pubblica regionale e locale (art. 119, co. 2 Cost. e, per la Regione sarda, art. 7 dello statuto speciale), nel legittimare la possibilità di stabilire dei limiti massimi, non si traduce anche in una preclusione alle Regioni di adottare norme che, nell’ambito di tali limiti di crescita, siano finalizzate ad attuare gli stessi obiettivi di contenimento. Il che implica che nei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica non possono rientrare limiti al potere discrezionale delle Regioni di decidere come utilizzare le somme a loro disposizione, che indubbiamente contempla anche la possibilità di ritoccare al ribasso i limiti massimi, non spendendo, o spendendo meno, rispetto al tetto stabilito da parte dello Stato.
Coerentemente a tale approccio, l’art. 1, comma 148, della legge statale n. 266 del 2005, stabilisce il metodo da seguire per la determinazione del tetto massimo delle spese degli Enti locali, siti nel territorio delle Regioni a statuto speciale, attribuendo esplicitamente alle Regioni il compito di determinare in concreto e unilateralmente, entro il 31 marzo di ogni anno, il tetto massimo.
Conseguentemente, deve ritenersi consentito alle Regioni di porre limiti ulteriori alla spesa pubblica degli Enti locali, anche attraverso la previsione di un tetto massimo più basso di quello nazionale, con effetti per così dire “peggiorativi” per i Comuni di quella Regione rispetto agli altri Enti locali italiani..

Decisione della Corte:
La Corte giudica non fondata la questione sollevata dal ricorrente.

Giurisprudenza richiamata:
– Sull’introduzione da parte dello Stato di un limite complessivo alla crescita della spesa corrente degli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali e comunitari: Corte costituzionale, sentt. nn. 390, 37, 36 e 4 del 2004 e n. 376 del 2003;
– Sui principi fondamentali statali in materia di coordinamento della finanza pubblica: Corte costituzionale, sent. n. 417 del 2005.

a cura di Elena Griglio