Corte dei Conti e sistema delle autonomie (territoriali) dopo la riforma del Titolo V

17.12.2002

1. L’evoluzione del sistema dei controlli “amministrativi” prima della riforma costituzionale

In generale: da un sistema (tradizionale) di verifica preventiva della legittimità formale degli atti amministrativi (con penetranti – e talora paralizzanti – forme di ingerenza, anche nel merito) si è gradualmente arrivati, sulla scia “culturale” del rapporto Giannini del 1979, a privilegiare un modello di riscontri successivi sulla gestione, in funzione soprattutto del risultato dell’azione amministrativa.
In tal senso è venuta sempre più emergendo la maggiore importanza dei controlli interni (di vario tipo, comunque preordinati ad incidere e migliorare la gestione) rispetto a quelli esterni, i quali si configurano per lo più sul piano di un referto sulla gestione, in funzione ausiliaria/collaborativa (con obiettivi di favorire processi di autocorrezione e, in definitiva, una maggiore funzionalità nella pubblica amministrazione attraverso la valutazione dell’economicità/efficienza dell’azione amministrativa e dell’efficacia dei servizi erogati: v. in tal senso anche la sent. n. 29/95 Corte cost.); in sostanza si mira a realizzare, soprattutto a partire dal decreto 29/93 e dal d.lg. n. 286/99, una circolarità tra indirizzo politico-finanziario, gestione, controllo interno e controllo esterno con referto: anche se si registra, in questa fase, da un lato una moltiplicazione di forme eterogenee di controllo, spesso senza un disegno organico, dall’altro una interpretazione riduttiva di previsioni normative volte a rafforzare la visione “ausiliaria” nel rapporto tra enti locali e corpi tecnici (v. ad esempio in relazione all’art. 107/616), che consentiva agli Enti locali di avvalersi degli uffici tecnici, anche consultivi, dello Stato).

In particolare, per gli enti territoriali: va sottolineato il progressivo superamento della ratio del controllo per atti di “enti autarchici” (= amministrazione indiretta dello Stato), anche se è prevalsa largamente fino a poco tempo addietro una visione “gerarchica” (di quasi dipendenza) nei rapporti tra Stato e regioni (v. Commissioni di controllo) e tra regioni ed enti locali (v. Coreco e tendenze regionocentriche):

  • in tale quadro sono da evidenziare anche i limiti del modello di controllo realizzato con i precedenti articoli 124-125 e 130 Cost. (a prescindere dalle resistenze attuative e dalla fragilità del sistema delle autonomie sia nella fase pre che post regionalizzazione): significativo è, in questo senso, l’indirizzo omogeneo volto a superare il controllo preventivo di legittimità in tutte le bozze di riforma costituzionale, a partire da quella Bozzi del 1985;
  • sono comunque da registrare le significative innovazioni degli anni novanta, dalla l. 142/90 alla l. 127/97, fino alla l. 265/99 e al conseguente testo unico n. 267/00 (nel quale, ferma restando di massima la tradizionale disciplina riguardante il controllo sugli organi, si realizza un netto ridimensionamento del controllo preventivo di legittimità e una corrispondente ascesa del controllo sui risultati, con una vasta gamma di formulazioni, a partire dalla timida previsione della l. 142 e dalla previsione – ex l. 51/82 e poi ex art. 3 l. 20/94 – di un referto al Parlamento della Corte dei conti sulla gestione finanziaria e il buon andamento dell’azione amministrativa, specie in ordine al funzionamento dei controlli interni degli enti locali, province e comuni sopra gli 8.000 abitanti).

2. Portata ed effetti della riforma costituzionale sui controlli riguardanti gli enti territoriali

Nell’ambito di una profonda revisione di impostazione dell’assetto istituzionale delle autonomie, realizzata col nuovo Titolo V (peraltro da “completare”, specie al “centro), nel quadro di una nuova statualità fondata sul policentrismo e la pari dignità istituzionale dei vari elementi costitutivi della Repubblica, va certamente sottolineato anche il contenuto “rivoluzionario” in tema di controllo sugli atti di regioni ed enti locali, realizzato dalla riforma del Titolo V, la cui portata ed i cui effetti si possono agevolmente misurare a voler soltanto soffermarsi su due ordini di considerazioni:

  • con l’abrogazione degli artt. 124, 125 comma 1, e 130 si è determinato – in coerenza con il principio autonomistico (che implica un nesso stretto tra autonomia e responsabilità) il netto superamento del sistema precedente, con abrogazione implicita di tutto il sistema organizzativo preposto ai controlli sugli atti degli enti territoriali (Commissione statale di controllo e Coreco): in sostanza, nonostante talune “resistenze” dottrinali (tendenti a ipotizzare una mera decostituzionalizzazione della materia, con conseguente necessità di successiva abrogazione delle norme ordinarie previgenti da parte del legislatore statale o regionale) e regionali, specie di regioni speciali (v. l’art. 3 legge 13/02 FVG, peraltro ora all’esame della Corte costituzionale; comunque una pronuncia del Tar Molise – n. 336/02 – ha già ritenuto “travolto” tutto il precedente sistema), si è realizzato un radicale superamento del capo I del Titolo VI del Tuel (artt. 124/140) riguardante il controllo sugli atti degli enti locali e gli organi preposti, nonché il potere di annullamento straordinario del governo;
  • nel contempo ha avuto pieno (anche se implicito, ma inequivoco) riconoscimento il nuovo orizzonte dei controlli interni, affidato all’autorganizzazione (statutaria e regolamentare) sia di regioni che di enti locali (peraltro in sostanziale sintonia con l’art. 147 Tuel, che sancisce lo spazio di autodisciplina dei controlli interni di ciascun ente locale, tra l’altro prevedendo anche eventuali avvalimenti da parte di comuni e province in ordine a strutture di consulenza e supporto istituite nell’ambito del Comitato provinciale per la pubblica amministrazione);

A fronte della forte scelta di coerenza con il principio di autonomia, si riscontrano alcuni “contrappesi”, ossia nuovi elementi di garanzia (unitaria) del sistema, che si traducono – ai fini che qui maggiormente interessano – soprattutto in tre forme di “ingerenza esterna” nei confronti delle autonomie territoriali (nell’ambito di una ratio che resta comunque prevalentemente ancorata agli strumenti dell’intesa, della concertazione e della leale collaborazione interistituzionale):

  • controllo sugli organi (ex lett. p, secondo comma, art. 117 Cost.);
  • poteri sostitutivi sul piano amministrativo (ex art. 120 Cost., che supera l’impostazione dell’art. 137 Tuel, in una nuova prospettiva ora delineata sul piano attuativo dall’art. 7 del ddl La Loggia);
  • esigenza imprescindibile di coordinamento della finanza pubblica (ex artt. 117 e 119 Cost.), nell’ambito di un sistema policentrico (ma) unitario, con vincoli europei (v. patto di stabilità interna), che esige sia uno spazio di verifica sulla gestione finanziaria di tutti i centri di spesa del sistema sia un riscontro sulla effettività e attendibilità dei controlli finanziari interni a ciascun soggetto di autonomia (in tal senso si conviene con Dogliani sulla necessità di intestare alla Corte dei conti sia una funzione essenziale di garanzia dell’attendibilità della finanza pubblica sia un’attività di referto sull’affidabilità di ciascuna pubblica amministrazione, con una sorta di verifica della funzionalità interna delle amministrazioni stesse). 
    Questa considerazione si salda con una osservazione di carattere generale sul futuro dei grandi corpi tecnici nazionali dopo la riforma costituzionale.

3. Il conseguente nuovo volto istituzionale dei corpi tecnici nazionali

In effetti, la riforma costituzionale – se la si vuol prendere sul serio – ha determinato anche una forte spinta a individuare e riqualificare sia le funzioni di garanzia che di supporto e di ausiliarietà, in chiave collaborativa, dei corpi tecnici con funzioni consultive e di controllo: ciò implica un’esigenza di “ripensamento” anche di organi ausiliari della Repubblica (Consiglio di Stato, la Corte dei conti e fors’anche il Cnel), da ricalibrare nelle funzioni e nella struttura organizzativa in coerenza con il nuovo assetto (specie) dell’amministrazione (ma anche del potere normativo: v. ad esempio il netto ridimensionamento del ruolo consultivo del Consiglio di Stato per i regolamenti statali); in questa prospettiva vi è anche chi (da ultimo Antonio Tallarida) ipotizza un ruolo eventuale della regione nell’approntare organi e servizi di consulenza e cooperazione per comuni e province, magari come emanazione del nuovo organo previsto dall’art. 123 Cost., il Consiglio delle autonomie locali;

In questo quadro, per quanto concerne in particolare la Corte dei conti, con una lettura attualizzata della previsione dell’art. 100 Cost., si apre una prospettiva (in parte) nuova, che induce ad accentuare nettamente – richiamando quanto sostenuto da Dogliani – il processo di trasformazione già in atto (ex l. 20/94, 689/96 e regolamento ex art. 3/286), sia sul piano della configurazione delle sue funzioni (non giurisdizionali) sia sul piano dell’assetto organizzativo:

  • in sostanza, sembra chiarirsi sempre più la sua posizione di organo di garanzia dello Stato comunità (come riconosciuto dalla ben nota pronuncia 29/95 della Corte cost.), ossia di organo ausiliario di tutte le componenti della Repubblica, con interlocutori (almeno potenziali) tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte nella finanza pubblica: di qui anche le funzioni di referto sulla realtà finanziaria delle autonomie (già ora espletate con la relazione annuale al Parlamento della Sezione autonomie – già Sezione enti locali -, con dati sulla gestione finanziaria degli enti locali e valutazioni sul funzionamento dei controlli interni istituiti da tali enti, che possono avere anche una utilità comparativa e di evidenziazione di best practices, instaurando in tal modo un “dialogo” anzitutto con le autonomie interessate, nei loro organi consiliari rappresentativi); emerge anche uno spazio potenziale di consulenza tecnico-finanziaria (che sottolinea a maggior ragione la necessità di una competenza tecnica non solo giuridica ma anche economico-finanziaria del personale della Corte, specie di quello destinato ad operare nelle Sezioni regionali di controllo);
  • in questa prospettiva, si rende sempre più necessario un assetto organizzativo coerente col nuovo baricentro (locale prima ancora che regionale) del sistema amministrativo: sia valorizzando appieno le neonate Sezioni regionali di controllo della Corte, subentrate ai “Collegi regionali di controllo” (e superando le ricorrenti resistenze romanocentrice), sia ripensando la struttura delle sezioni centrali, tra le quali dovrebbe avere un peso significativo la Sezione autonomie, peraltro da considerare essenzialmente come la “sintesi” al centro delle Sezioni regionali, volta a garantire il più possibile unità al sistema.

4. Il nodo dell’attuazione coerente (anche se processuale) del nuovo quadro dei controlli e delle garanzie concernenti le autonomie territoriali

Sulla base di questo quadro generale di riferimento va, in sostanza, ripensato e riadeguato l’intero sistema dei controlli e delle garanzie riguardanti il sistema delle autonomie regionali e locali. In proposito va anzitutto osservato che vi è uno spazio aperto già ora – sia pure in carenza di taluni presupposti (in primo luogo di chiarificazione delle funzioni amministrative dei vari livelli di autonomia) – per le autoriforme sia regionali che locali in tema di organizzazione e controlli interni, sulla scia delle quattro previsioni del decreto 286 (ma indubbiamente con spazi di autonoma valutazione e di integrazione o innovazione), con strumenti normativi “riservati” (statuti e regolamenti). In questo quadro va anche tenuto presente che, per quanto riguarda gli enti locali, il decreto legge 13/02, conv. con legge 75/02, ha abilitato gli statuti di comuni e province a disciplinare, in sostituzione del Coreco, la nomina di commissari ad actum per predisporre e approvare il bilancio in caso di inerzia degli organi competenti, mentre si è scelta una diversa soluzione “centralistica” – ossia una commissione di nomina ministeriale – per la chiusura della procedura di dissesto in caso l’organo straordinario di liquidazione non provveda tempestivamente.

Va nel contempo sottolineata l’esigenza di individuare (e valorizzare) elementi di “garanzia di sistema”, specie sul piano della finanza pubblica (e del patto di stabilità), abbinando agli autocontrolli forme appropriate di controllo esterno – che sono previste, a vario titolo, in tutti i sistemi nazionali degli Stati aderenti all’Unione Europea -, fondate su regole, parametri e criteri interpretativi il più possibile unitari (come “invarianti” di un sistema peraltro fortemente caratterizzato da policentrismo e decentramento), nonché su organi in posizione di effettiva terzietà, in grado di occuparsi di auditing nel settore pubblico locale:

  • in tal senso appaiono inappropriate soluzioni “regionaliste” (v. ipotesi di nuove Corti dei conti espresse dalle Regioni, come ad esempio profilato in Friuli Venezia Giulia, in cui si è prefigurata una commissione nominata dal Consiglio regionale), che sarebbero in contrasto sia con l’esigenza di terzietà sia con la necessità di assicurare taluni elementi imprescindibili di unità e di comparabilità del sistema (ad esempio in connessione alla gestione dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui all’art. 7, comma 2, Cost., ecc.);
  • appare invece una soluzione “fisiologica” quella incentrata su un possibile adeguamento di ruolo e di organizzazione della Corte dei conti, organo di garanzia dello Stato comunità: in tal senso si conviene con il parere del 22 maggio 2002 delle Sezioni riunite della Corte dei conti in cui si è sottolineato, tra l’altro, la necessità di tener conto di un modello vigente in tutti gli Stati dell’UE (salvo la Germania, dove peraltro vi sono comunque forti elementi di coordinamento tra le Corti dei conti espresse dai Laender). Potrebbe essere, altresì, utile, in una prospettiva volta comunque a superare radicalmente la ratio del precedente sistema di controllo sugli enti locali, la previsione di forme di monitoraggio e di valutazione delle performance degli enti locali (che potrebbero anche far emergere le forme di best practice), sostanzialmente valorizzando a regime l’esperienza delle relazioni annuali curate negli ultimi anni dalla Sezione enti locali (ora Sezione autonomie) della Corte dei conti.

5. La soluzione “provvisoria” del ddl La Loggia

La prospettiva di una prima forma di coinvolgimento della Corte dei conti nel nuovo sistema di amministrazione e di finanza pubblica delineato dalla riforma costituzionale è già stata profilata dal prima (e finora unico) ddl attuativo della riforma del Titolo V, promosso dal Ministro La Loggia (con il sostegno di massima sia della Corte dei conti che, almeno in linea di principio, delle associazioni delle autonomie territoriali).
E’ una strada che appare (senz’altro) percorribile, anche se la definizione organica del ruolo della Corte dei conti dopo la riforma non può che correlarsi all’attuazione organica del nuovo art. 119, che delinea la prospettiva di un sistema finanziario fondato sia su risorse proprie di ciascun livello sia su un federalismo solidale: per ora si tratta quindi di una soluzione “provvisoria”, che anticipa in per alcuni versi una linea da consolidare e implementare (saldando comunque l’assetto dei controlli finanziari con il criterio di allocazione a regime delle risorse in coerenza con le funzioni attribuite a ciascun soggetto del sistema: questione certo non semplice e che deve comunque superare forti resistenze “centralistiche”, come emerge anche nella legge finanziaria in itinere, che penalizza di fatto a vario titolo sul piano finanziario i soggetti di autonomia territoriale).

Il testo dell’ultima versione del ddl La Loggia, come emendato in Commissione al Senato, appare in verità in chiaroscuro, specie dal punto di vista degli enti locali:

  • condividibile è di massima l’affidamento alla Corte dei conti, tramite le sezioni regionali, del compito di verificare il rispetto dell’equilibrio di bilancio da parte di enti locali e di regioni, specie in relazione al patto di stabilità interna e ai vincoli derivanti dall’appartenenza all’UE; utile è altresì la previsione, in chiave ausiliaria e collaborativa, di verifiche riguardanti il funzionamento dei controlli interni, così come la prefigurazione di una integrazione delle sezioni regionali con componenti (tecnicamente qualificati) designati dalle autonomie regionali e locali;
  • meno felici sono invece certamente una serie di altre previsioni: da un lato quella che circoscrive solo alla regione la possibilità di richiedere ulteriori forme di collaborazione alla sezione regionale di controllo ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa; traspare in proposito una fuorviante visione regionocentrica, accentuata dagli emendamenti recenti, che riservano in sostanza alle decisioni della regione anche la scelta sull’eventuale integrazione delle sezioni regionali (mentre sarebbe importante su questo punto realizzare una garanzia certa di integrazione che coinvolga tutti e tre i livelli di autonomia territoriale, prevedendo anche componenti tecnici provenienti dagli enti locali – ad esempio segretari comunali o provinciali – e non solo personale della regione);
  • sarebbe poi certamente preferibile racchiudere questa disciplina “provvisoria” in una norma ad hoc (di prima attuazione dell’art. 119), come profilato tra l’altro da Anci e Upi, stabilendo nel contempo che, a fronte di questo nuovo ruolo delle sezioni regionali debba essere soppressa ogni altra forma di controllo esterno dei bilanci e della contabilità degli enti locali.

E’ auspicabile quindi una maggiore chiarificazione sia dei compiti affidati alle sezioni regionali della Corte rispetto alle regioni e agli enti locali (che dovranno essere poi comunque raccordati con l’assetto a regime della finanza pubblica ex art. 119) sia dell’organizzazione delle sezioni stesse, che devono concorrere ad assicurare al meglio la tenuta di un sistema unitario e l’effettività di un ruolo di cerniera essenziale per il nuovo volto autonomistico della Repubblica.

di Gian Candido De Martin (traccia dell'intervento alla Tavola rotonda sul tema "Coordinamento della finanza pubblica e sistema delle autonomie: attualità del ruolo della Corte dei Conti" ‚ Roma, Palazzo Montecitorio, 4/XII/02)