I processi di autoriforma degli enti locali nell’ambito delle modifiche del Titolo V della Costituzione

20.10.2003

Il gruppo di lavoro, costituito da Vincenzo Antonelli, Tiziana Bellantonio, Giorgio Carbonara, ed al quale hanno collaborato i proff. Gian Candido De Martin e Andrea Piraino, è stato coordinato da Fabrizio Clementi, Arturo Bianco e Domenico Guidi.


1. Il quadro di riferimento

La nuova Costituzione prevede, all’art. 114, c. 1, che ‘La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato’. A quest’asse di radicale rivisitazione della intrinseca qualità dei rapporti e dei ruoli istituzionali, corrispondono molteplici e cospicue conseguenze che si riverberano e illuminano l’architrave della nuova Costituzione.
La sussidiarietà, viene ora riportata al cuore della nuova impostazione delle ‘funzioni’ e delle potestà sia della Regione che degli Enti locali; diviene perciò il cardine su cui ruota il sistema delle relazioni tra i soggetti di governo.  La sussidiarietà é principio che non solo ordina la nuova logica dell’articolo 118 con l’attribuzione ‘ope costitutionis’ di (tutte) le funzioni amministrative ai Comuni e il ‘conferimento’ delle stesse, qualora occorra garantirne l’esercizio unitario, alle Province e, secondo un meccanismo che procede ‘dal basso’, alla Regione e allo Stato centrale; ma anche ‘riorganizza’ il sistema delle fonti normative, vuoi legislative dello Stato e delle Regioni, vuoi regolamentari di Stato, Regioni ed Enti locali (Comuni, Comunità montane, Province).
Altro profilo rilevantissimo della legge costituzionale n. 3/2001 è l’ampiezza dell’ambito in cui si svolge l’autonomia delle Regioni e degli Enti locali, che il secondo comma dell’articolo 114, secondo il modello della equiordinazione, vuole come ‘enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione’.  Cambiano e di molto, i confini entro i quali le autonomie territoriali si possono esprimere, andando al di là delle delimitazioni imposte dalle leggi statali o regionali; ciò consente una libera manifestazione della autodeterminazione organizzativa e funzionale dell’autonomia locale. 
La condivisione, anzitutto sul terreno della titolarità delle funzioni pubbliche e delle responsabilità nei confronti dei cittadini e del territorio da parte dei Comuni, proietta una finalizzazione sul ruolo oggi assegnato alle Istituzioni locali, certamente più coerente con l’idea portante di un sistema istituzionale ordinato verso la compartecipazione delle comunità locali agli interessi generali e nazionali. Viene meno, infatti, nel mutato linguaggio costituzionale, l’espressione ‘interesse nazionale’ è ‘quello di altre Regioni’, utilizzato dalla precedente formulazione dell’articolo 117 della Costituzione.
Non sembra quindi arbitrario trarre da tale nuovo impianto dell’articolo 114, comma 1, una congiunzione finalistica con l’articolo 5, un’idea precisa e generale che obbliga l’intero sistema dei poteri rappresentativi ad osservare condotte cooperative, collaborative e, ove necessario, concertative, in via sistematica. I richiami specifici ai doveri di ‘intese’, ‘ forme di coordinamento’, o ‘sentiti’, che rinveniamo nel nuovo testo costituzionale del Titolo V sono in effetti prescrizioni puntuali che discendono da un implicito progetto, avente il respiro e l’orizzonte largo della solidarietà che deve intercorrere tra i diversi livelli istituzionali, chiamati a convergere sugli obiettivi dell’interesse nazionale e della unità della Repubblica. Sino a legittimare e conferire pregnanza di significato al concetto, al di là delle ricorso ad aspetti terminologici, di ‘federalismo solidale’. Inteso appunto come compartecipazione alla unità e indivisibilità della Repubblica (in chiave apertamente autonomistica). 
Di notevole portata e acquisizione, è il superamento del precedente parallelismo tra le potestà legislative e le funzioni amministrative delle Regioni. Da tale sistema, che aveva comportato notevoli difficoltà di interpretazione del disegno costituzionale, era derivata una sottovalutazione e un restringimento del ruolo dei Comuni e delle Province in ordine all’esercizio delle funzioni amministrative. Proprio in relazione al nuovo modello costituzionale – che assegna alle Regioni responsabilità primarie nel campo legislativo in misura molto estesa e ai Comuni  (tutte) le funzioni amministrative, salvo quelle che per unitarietà di esercizio possono essere conferite dalla legge regionale e statale a livelli meno prossimi alle comunità di base – viene affermato, in maniera non più equivoca e dubitabile, che l’amministrazione pubblica deve essere ordinata e costruita secondo il principio della sussidiarietà, in uno con un sistema di relazioni prossimo ai destinatari finali delle funzioni, i cittadini delle comunità locali. Ne deriva che la Regione viene caratterizzata sempre più per l’esercizio della attività legislativa, oggi sensibilmente accresciuta, e per compiti di programmazione e di coordinamento delle sistema regionale ed infraregionale.
Come è noto, le funzioni amministrative vengono attribuite in via generale ai comuni sulla base dei principi di sussidiarietà, ma anche di adeguatezza e di differenziazione. Vi è molto chiaro ed esplicito il principio della possibile assunzione da parte degli Enti locali di ulteriori funzioni ‘libere’, non spettanti per legge ad altri soggetti della pubblica amministrazione; anche in questo caso, rimettendo alla potestà normativa locale il compito di disciplinare le modalità attuative e organizzative per l’esercizio delle funzioni, anche attraverso il reperimento delle necessarie risorse.
Va tenuta presente la simmetria logica e ‘funzionale’ che corre tra l’attribuzione delle funzioni, da un lato, e il riconoscimento della autonomia statutaria e regolamentare degli Enti locali. Da tale stringente relazione sistematica discende la finalizzazione che la Costituzione ha voluto dare al potere regolamentare, che va visto non solo preordinato a disciplinare i rapporti esterni alla amministrazione locale, ma anche a sottolineare l’autonomia organizzativa dell’Ente locale, che, come dice chiaramente il secondo comma dell’articolo 114, conosce i soli limiti dei principi fissati dalla Costituzione.

2. L’indagine promossa dall’ANCI

Dato questo quadro ordinamentale di riferimento, l’Anci -in occasione della XX Assemblea Nazionale  di  Firenze – ha  ritenuto opportuno e necessario promuovere un’indagine presso i sindaci,  per ‘saggiare’ gli orientamenti che emergono sul territorio a quasi due anni dall’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001.
La ricerca è stata affidata ad Ancitel e al Cesdal, il Centro Studi e Documentazione per le Autonomie Locali,  costituito nel  2002  da:  Anci, Formez, Upi, Uncem, Legautonomie  e  Sspal.
Il questionario, riguardante i temi relativi ai processi di autoriforma degli Enti locali nell’ambito delle modifiche del Titolo V della Costituzione, è stato inviato all’inizio di Agosto (periodo proibitivo per iniziative di questo genere) ad un campione di 250 Comuni su tutto il territorio nazionale  e suddivisi per classi demografiche.
Le domande che sono state poste hanno riguardato la potestà normativa, le funzioni, le risorse finanziarie, le relazioni istituzionali, servizi di assistenza ai Comuni e  un giudizio complessivo sulla riforma.
La ricerca, della quale l’indagine di seguito riportata è una delle prime tappe, è volta ad accertare le esperienza di ‘autoriforma’ realizzate dagli enti territoriali, lo stato del decentramento delle funzioni e delle risorse, gli effetti e le conseguenze organizzative della riforma costituzionale, i sistemi di relazione e di concertazione tra centro e periferia e, soprattutto, il punto di vista e gli ‘umori’ degli amministratori locali, a partire dai sindaci.
La ricerca ha privilegiato un metodo di indagine volto a valutare i comportamenti, e al contempo i bisogni, degli amministratori, al fine di cogliere l’autonomia effettivamente praticata dagli enti territoriali.
In particolare, è stato predisposto ed inviato un primo questionario in grado di rilevare, sia le tendenze principali di ‘autoapplicazione’ dei nuovi indirizzi costituzionali, che le principali problematiche e aspettative che dal mondo degli Enti locali emergono nella prospettiva di realizzare nuovi veri ordinamenti locali autonomisti.
In particolare il questionario ha inteso acquisire dati precisi sui seguenti punti
¨ Controlli
¨ Funzioni fondamentali
¨ Bilancio, contabilità e reperimento e gestione delle risorse finanziarie
¨ Potestà normativa e organizzazione interna
¨ Rapporto con la propria Regione, con la Provincia ed associazionismo
¨ Servizi

3. Premessa: obiettivi e metodologia dell’indagine

La ricerca è stata realizzata nel mese di settembre di quest’anno.
Considerando la brevità del tempo impiegato (i questionari sono stati inviati ai Sindaci nel mese di settembre) e la complessità delle domande poste, l’indagine ha dato un esito più che soddisfacente, oltre che in valori assoluti, anche in termini di grado di copertura del campione e, quindi, di rappresentatività, nonchè per la coerenza delle risposte fornite.
La composizione del campione scelto per l’indagine (circa 250 amministrazioni) ha tenuto ampiamente conto della necessità di rispecchiare, sia l’articolazione demografica che politica delle amministrazioni locali.
Le risposte sono pervenute da tutte le quindici regioni a statuto ordinario e la stragrande maggioranza di esse è stata fornita direttamente dai Sindaci, attestando in tal modo l’opportunità e l’utilità di questa indagine. 
La ricerca è stata realizzata, con una formula sperimentale-anticipatoria di un più impegnativo lavoro, per consentire all’ANCI ed alle altre Associazioni degli enti locali di potere disporre – in occasione dell’Assemblea nazionale di Firenze – di un primo orientamento/’termometro’ sugli orientamenti ed anche sugli umori esistenti nei comuni in ordine agli effetti delle ‘grandi’ riforme costituzionali varate a livello nazionale. 
Le risposte raccolte in questa indagine costituiscono la prima fase della ricerca e delle ulteriori iniziative che l’Anci e le altre Associazioni degli enti locali, tramite il Cesdal, Ancitel e le varie strutture di servizio del sistema associativo, intendono realizzare per sostenere le autonomie locali e per offrire supporti agli amministratori nella costruzione progressiva di un sistema politico-amministrativo locale sempre più ‘auto-centrato’, responsabile ed integrato nei circuiti decisionali e di governo.
Il passo successivo, pertanto, sarà costituito dall’invio a tutti i comuni ed a tutti gli altri enti locali di un questionario ancora più completo, grazie alle cui risposte sarà possibile offrire nei prossimi mesi un quadro interpretativo, per molti aspetti inedito, degli orientamenti, delle proposte, delle difficoltà che gli amministratori locali esprimono anche in conseguenza delle scelte riformatrici nazionali o regionali.

4. Prime valutazioni  sui risultati

4.1 Il primo dato su cui riflettere riguarda l’attenzione dimostrata dai Sindaci sugli scenari perseguibili in termini di realizzazione delle opportunità offerte dalla riforma del titolo V della Costituzione (l. cost. n.3/2001). Le risposte, inoltre, esprimono una loro sostanziale coerenza di fondo, facendo emergere il forte interesse che i primi cittadini dimostrano per uno sviluppo attuativo organico del processo di riforma in grado di sostenere e garantire l’impegno delle amministrazioni locali per una crescita di qualità del governo del territorio e la migliore organizzazione dei servizi alla persona.  A fronte di questo dato, risalta quello che ci mostra un numero molto ridotto di enti che dimostrano di non avere conoscenza sufficiente di questi temi.

4.2 Un secondo dato emerso dall’indagine riguarda una delle questioni principali contenute nel questionario: quella relativa alla individuazione delle funzioni ‘fondamentali’ o primarie che devono essere esercitate dai comuni. Sull’argomento, le risposte che i sindaci hanno fornito sul tema sono pressoche univoche. L’orientamento che emerge, pertanto, rappresenta una prima importante testimonianza delle attese precise dei  Sindaci verso il confronto e l’approfondimento in sede istituzionale nazionale dalle quali, entro la primavera del 2004, dovrà scaturire l’adozione del decreto legislativo sulle funzioni fondamentali dei comuni in attuazione della legge n. 131/2003.

4.3 Di analogo interesse sono le prime indicazioni dei sindaci su altri aspetti essenziali conseguenti al processo di riforma dell’ordinamento delle autonomie locali. Con le loro risposte i sindaci mostrano una fiducia matura ed equilibrata sugli effetti che la riforma del titolo V della Costituzione può complessivamente determinare per l’attività degli enti locali. E’ questo un altro dato che merita di essere colto e sottolineato.

4.4 Il potere normativo dei Comuni. Le risposte dimostrano una notevole sensibilità sul significato e sulle opportunità offerte da un pieno sviluppo della potestà normativa dei comuni, riconosciuta ormai come potere garantito dalla Costituzione.  Come è noto, anche nella materia relativa alla normazione (Statuti, leggi e regolamenti) si parla di sussidiarietà, con una delle più rilevanti conseguenze richiedenti senso della misura ed equilibrio: il potere derogatorio della fonte normativa locale, nei confronti di quella ‘superiore’, secondo il criterio della competenza primaria (si vedano gli artt. 114 e 117, sesto co. della Costituzione e l’art. 4 della l. n.131/2003). Anche in questo caso va registrato un comportamento razionale, ad una concezione misurata delle potenzialità insite in questo potere, peraltro attestata dal fatto che è maggiore il numero delle risposte che attribuiscono una valenza positiva alla attribuzione di potestà normativa rispetto a quelle che esprimono un giudizio favorevole sulla riforma. Una ulteriore conferma sull’investimento calcolato nelle potenzialità insite nella attribuzione ai comuni della potestà normativa è contenuta nella risposta sulle iniziative che il comune intende assumere per utilizzare tale opportunità. Le risposte denotano una marcata attenzione e, come è peraltro tipico delle autonomie locali, un atteggiamento di prudenza sul terreno operativo.

4.5 L’attuazione del principio di sussidiarietà. Molto significative sono le risposte fornite in tema di concreta applicazione dei principi di sussidiarietà, orizzontale e verticale, di adeguatezza e di differenziazione. Si evidenzia, ed è questo il primo dato da sottolineare, la consapevolezza che gli operatori locali hanno della centralità della gestione associata. La netta maggioranza delle risposte, oltre il 60%, si pronuncia infatti esplicitamente in tal senso, anche se non manca di sottolineare la necessità che tale processo sia sviluppato in modo autonomo dai comuni e che non vi siano imposizioni autoritative, né statali, né regionali. Un secondo elemento da sottolineare è costituito dal rilievo che assume un tema del tutto innovativo, quale la valorizzazione del ruolo della cittadinanza e dei soggetti economici territoriali. Circa il  30% delle risposte ne ribadisce l’importanza: siamo dinanzi ad una premessa assai confortante per dare piena attuazione ai nuovi principi costituzionali, ed in particolare alla sussidiarietà orizzontale.

4.6 Le funzioni ‘fondamentali’ e il quadro complessivo delle competenze comunali. Una delle risposte più importanti al questionario è quella relativa alle funzioni ‘fondamentali’ (e non solo) che devono essere riconosciute o attribuite agli enti locali. Il questionario chiedeva ai sindaci di indicare non più di due risposte. Per molti aspetti, potrebbe trattarsi di una forzatura; ma essa è stata voluta per potere meglio cogliere gli umori più profondi dei sindaci. E le risposte indicano con molta chiarezza che c’è una grandissima voglia di promuovere e sviluppare il processo di trasformazione del ruolo e delle competenze dei municipi, soprattutto in direzione economica. Si tratta di un processo che deve puntare in modo ancora più deciso sulla attribuzione ai comuni di ruoli incisivi nella crescita delle comunità locali. Il comune punta, in altri termini, a caratterizzarsi sempre più come momento centrale di governo dello sviluppo locale. Non si abbandona certo la vocazione ad essere ente/azienda gestore di servizi, soprattutto dei servizi alla persona, ma tale attribuzione deve essere completata con il riconoscimento della funzione primaria che l’ente può svolgere sul terreno dello sviluppo. Tali funzioni sono considerate di gran lunga più rilevanti della conferma delle attribuzioni più tradizionali. Non meno significative sono le risposte fornite alla domanda riguardante il nesso tra le funzioni da riconoscere/attribuire ai comuni e quelle che essi svolgono attualmente o ‘storicamente’. La stragrande maggioranza delle risposte, ed è questo un dato pienamente coerente con la risposta sulle funzioni che devono essere attribuite ai comuni, evidenzia la volontà di ‘andare oltre’ le funzioni storicamente svolte. Esse costituiscono infatti un punto di riferimento esclusivo solo per una percentuale assai ridotta, meno del 4%, delle risposte. Percentuale che è addirittura superata dal numero, oltre il 5%, di coloro che non vogliono tenere conto delle funzioni storicamente svolte.

4.7 Le funzioni dei Comuni tra autonomia, legge e concertazione. Sono molto importanti  le risposte fornite alla domanda, articolata in più  blocchi, sulle modalità di riconoscimento delle funzioni dei comuni. Per molti aspetti siamo dinanzi alla domanda ‘cuore’ dell’intero questionario. In primo luogo si conferma, con percentuali altissime, che i sindaci non vogliono norme nazionali di dettaglio e, quindi, invasive, ma principi che si limitino a definire gli ambiti di carattere generale e che lascino ai singoli enti una assai ampia autonomia politica e decisionale. Quindi, una chiarissima indicazione a che le norme si limitino a dettare indicazioni di carattere generale. E’ questo un modo di legiferare che la stragrande maggioranza delle risposte ritiene contemporaneamente rispettoso della autonomia oggi ancora più tutelata costituzionalmente e che, probabilmente, viene anche individuato come una tecnica legislativa che può ridurre i problemi applicativi. In secondo luogo si conferma la netta propensione, già espressa nella risposta alla precedente domanda, a che il legislatore sia fortemente innovativo rispetto ai compiti attualmente svolti dal comune. La stragrande maggioranza si ritiene pronta ad un ulteriore accrescimento dei compiti attribuiti ai comuni e richiede che tale processo sia accompagnato dalla valorizzazione del loro potere di interlocuzione con le altre pubbliche amministrazioni. E’ questa una indicazione di straordinario rilievo, in particolare visto che essa è stata prospettata nel questionario in alternativa alle opzioni di diminuire i compiti, anche in favore di livelli sovracomunali, o di averne in misura ridotta, ma puntando sulla loro qualificazione. Siamo così dinanzi ad una indicazione in direzione della crescita delle funzioni dei comuni, ma sottolineando, a parziale differenza di quanto avvenuto finora,  che tale processo deve essere accompagnato da una sottolineatura della rinnovata ed accresciute valenza istituzionale dei comuni. Si conferma, infine, un indirizzo favorevole ad esperienze di gestione associata e la contrarietà ad interventi autoritativi, anche nella forma della mera differenziazione delle funzioni sulla base della consistenza demografica degli enti.

4.8 Risorse certe ed autonomia finanziaria.  I sindaci non chiedono, nella grande maggioranza, solo di avere trasferimenti certi per fronteggiare gli oneri derivanti dalla attribuzione di nuove funzioni, ma soprattutto vogliono essere messi nelle condizioni di reperirle direttamente attraverso la propria autonomia impositiva. E’ questo un elemento di straordinario rilievo, che denota quanto gli amministratori locali abbiano un atteggiamento innovativo e responsabile. Un atteggiamento che mette nel conto la impopolarità che può essere causata dalla necessità di reperire direttamente le risorse, mentre sarebbe molto più comodo avere autonomia di spesa senza responsabilità di prelevamento. Siamo dinanzi ad una assunzione di responsabilità assai diffusa che merita di essere sottolineata, anche con enfasi. Quanto tale assunzione di responsabilità sia consapevole è confermato dalla risposta alla domanda relativa alle possibili conseguenze della attuazione del principio costituzionale per cui i trasferimenti devono avere principalmente finalità di tipo perequativo. I Sindaci confermano il timore e le perplessità per l’incertezza del quadro che si andrà a realizzare nei prossimi anni. Quasi il 60% delle risposte ritiene che le concrete conseguenze non sono oggi prevedibili; il che costituisce probabilmente una delle ragioni per cui gli amministratori comunali indicano come preferenza la scelta per l’autonomia impositiva. Essa dovrebbe essere finalizzata non solo al reperimento delle risorse finanziarie necessarie all’esercizio delle competenze, ma essere valorizzata anche per il suo contenuto. Infatti quasi il 70% delle risposte chiede che sia prevista la possibilità di istituire nuovi tributi, quali le cosiddette tasse di scopo, cioè di segnare un ulteriore elemento di crescita della sua ampiezza.

4.8 Regioni e Comuni: un atteggiamento disponibile e guardingo. I sindaci guardano in modo non ostile, anche se molto guardingo, al ruolo svolto dalla propria regione nel dare attuazione al nuovo ordinamento costituzionale degli enti locali.  Siamo dinanzi ad una significativa inversione di tendenza rispetto a pre-giudizi e comportamenti ampiamente diffusi nel passato. Al centro del rapporto tra regioni ed enti locali viene posta la necessità di attivare le sedi di concertazione tra tali due livelli istituzionali. Al riguardo la stragrande maggioranza delle risposte esprime non a caso un giudizio positivo, soprattutto ove l’attività di questi nuovi organi istituzionali non si limiti al mero confronto, ma  produca interventi incisivi nei processi decisionali.

4.9 Assistenza e orientamenti: la richiesta dei Sindaci. I comuni sentono il bisogno di essere assistiti (‘appoggiati’) nel processo di cambiamento ‘ordinamentale’.  E’ questo un dato, per molti versi inedito, che viene espresso dalla stragrande maggioranza dei Sindaci. Assai innovative sono anche le tipologie di servizi che vengono richiesti: al primo posto vengono quelli di assistenza, nella veste della consulenza, documentazione, accesso a banche dati capaci di fornire anche valide esperienze realizzate altrove, e soprattutto molta informazione qualificata e selezionata. La richiesta di formazione, forse anche per una offerta troppo massiccia e generica, passa in secondo ordine nella richiesta dei sindaci.

(Segue la versione completa del report “L’opinione dei sindaci sugli effetti della riforma del Titolo V della Costituzione e sui processi di cambiamento in atto nei comuni” presentato alla XX Assemblea annuale ANCI, 15 – 18 ottobre 2003, Firenze)

di a cura di V. Antonelli, A. Bianco, G. Carbonara, F. Clementi, D. Guidi


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