L’autonomia normativa degli enti locali nel pensiero di Aldo M. Sandulli

18.12.2004

La perspicuità del contributo scientifico e la attualità del pensiero giuridico di Aldo Sandulli – in vario modo evidenziate nel convegno di studi a lui dedicato, tenuto al Consiglio di Stato nel febbraio 2004 – emergono certamente analizzando anche le considerazioni da lui svolte in numerose opere in ordine ad un tema, quello della configurazione del potere normativo degli enti locali, che avrebbe acquistato (successivamente alla sua prematura scomparsa) un rilievo assai consistente, in una prospettiva in larga misura nuova, specie dopo le riforme dell’ordinamento dei comuni e delle province avviate con la legge 142 del 1990, nonché, a maggior ragione, con la novella costituzionale disposta dalla l.c. n. 3 del 2001, riguardante il titolo V della Carta fondamentale.
Il contributo di Aldo Sandulli in materia va inquadrato nell’ambito di una attenzione organica dedicata da questo emerito giuspubblicista all’attività normativa della pubblica amministrazione, di cui ha indagato origini, funzione e caratteri, in particolare in una opera monografica del 1970, alla quale si possono peraltro ricollegare una serie di saggi di minore ampiezza, nonché quanto ripreso in materia nelle varie edizioni del “Manuale di diritto amministrativo”, nonché in classiche voci di enciclopedia (v., ad esempio, “Fonti del diritto” in Enc. Dir.). L’approccio concettuale e sistematico seguito da Sandulli per un verso si ricollega alle linee consolidate di ricostruzione delle fonti normative di vario livello elaborate dalla dottrina dell’epoca, ma rivela anche una specifica attenzione per alcune prospettazioni nuove, che emergono soltanto in taluni autori dell’epoca successiva alla entrata in vigore della Costituzione repubblicana, quelli più in sintonia con alcune novità fondamentali introdotte nel 1948 nel quadro di riferimento generale del sistema istituzionale e amministrativo italiano (quali, ad esempio, C. Mortati, C. Esposito, V. Crisafulli, F. Benvenuti, G. Berti).

di Gian Candido De Martin


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