Il legislatore italiano, a partire dallo scorso decennio, ha avviato un’intensa attività di normazione finalizzata allo sviluppo ed alla diffusione dell’I.C.T., sia nella Pubblica Amministrazione, che tra i privati.
La novità dell’ultimo intervento spiegato in tale direzione, avvenuto con la pubblicazione in G.U. del Codice dell’amministrazione digitale, risiede nel superamento dell’approccio settoriale che è stato proprio della normativa sino ad oggi adottata in materia di digitalizzazione ed informatizzazione dell’azione amministrativa.
Acquisita la consapevolezza dell’inadeguatezza, o almeno dell’insufficienza, di interventi rivolti alla regolamentazione di aspetti specifici – si pensi alla normativa in materia di firma digitale o protocollo informatico – e pertanto privi di una visione complessiva ed organica delle strategie di diffusione ed utilizzo delle nuove tecnologie in seno alla P.A., si sono poste le basi per l’elaborazione di uno strumento di vasto respiro, programmaticamente rivolto ad allestire un complesso di norme tra loro strutturate e tendenzialmente tese a disciplinare in modo organico e generale l’utilizzo delle nuove tecnologie da parte delle P.A., tanto al loro interno, quanto nei loro rapporti con cittadini ed imprese.
L’obiettivo principale del Codice dell’amministrazione digitale, che il Capo dell’Ufficio legislativo del Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie non a caso ha definito “progetto di efficienza e trasparenza”, è stato quindi quello di raccogliere e sistemizzare in un’unica cornice normativa le principali norme già esistenti in materia di informatizzazione amministrativa, volte alla promozione concreta dell’I.C.T. nell’àgere amministrativo: per dirla con il Governo, per un’effettiva “Amministrazione Digitale”.
Il CAD costituisce norma di attuazione di una delle deleghe di riassetto normativo contenute nella Legge di Semplificazione del 2001, che assegnava al Governo il compito di porre in essere “uno o più decreti legislativi su proposta del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie e dei ministri competenti per materia, per il coordinamento ed il riassetto delle norme in materia di società dell’informazione”, in particolare di emanare decreti legislativi per la disciplina relativa al documento informatico, alla firma elettronica, al procedimento amministrativo informatico, alle modalità di accesso informatico ai documenti ed alle banche dati di competenza delle amministrazioni.
Anche la tecnica normativa adottata segna un’innovazione rispetto al passato. A differenza della scelta operata nel 1997 con le leggi Bassanini – poi seguita anche nelle successive fasi di semplificazione dell’attività amministrativa – non vi è più una legge che fissa i principi generali, seguita da decreti legislativi e regolamenti di attuazione ex lege 400/88, come il DPR 513/97 in materia di documento informatico e firma digitale. L’impianto normativo pensato oggi dal legislatore, infatti, prevede una legge che si limita a delegare il riassetto dei principi per materia; successivamente, un unico decreto delegato – il Codice oggi in commento – che pone tali principi solo per mezzo di norme di rango primario (ed in questo il Codice si distingue nettamente anche dal D.P.R. 445/2000); ed infine una serie di Decreti del Ministro competente che pongono le regole tecniche ed applicative, i quali per la duttilità che li contraddistingue, si prestano a rendere possibile l’aderenza degli strumenti normativi previsti dal C.A.D. alla rapida evoluzione propria dell’incedere tecnologico.
In definitiva, nel D.Lgs. 82 del 7 marzo 2005, da un lato, trovano spazio alcune disposizioni regolamentari, che assurgono oggi a norme di rango primario, dall’altro, non v’è traccia di tutte quelle disposizioni in materia di diffusione ed applicazione delle nuove tecnologie in seno alla P.A. che è ben possibile – se non doveroso – fissare in seconda battuta con strumenti più duttili, quali, appunto, i decreti ministeriali.
La natura stessa del Codice dell’amministrazione digitale e gli obiettivi che con l’adozione di tale strumento normativo il Legislatore ha inteso perseguire, impongono oggi un ripensamento globale di quello che sino ad ora è stato l’approccio tenuto nei confronti della materia su cui il C.A.D. stesso va ad insistere. La prospettiva è più ampia e matura, e tiene conto non solo delle riflessioni giuridiche elaborate in dottrina, ma anche – e significativamente – dei passi mossi in questo terreno nuovo dalla giurisprudenza degli ultimi anni.
Si tratta dunque di uno strumento parecchio ambizioso, che, malgrado sotto alcuni aspetti si presti a numerose critiche e lasci ampi margini di miglioramento, costituisce un organico complesso di norme tese a disciplinare globalmente una materia che sino a pochi anni fa era del tutto inusitata per l’ordinamento giuridico del nostro paese.
In conclusione, la scelta di realizzare un commentario a più voci, provenienti dalla dottrina maggiormente attenta all’innovazione tecnologica della P.A., nonché dalla giurisprudenza più sensibile nell’annotare le evoluzioni registrate dalla prassi amministrativa, trova ragion d’essere proprio nella scelta di approfondire la portata programmatica ed informatrice del Codice; tanto più ove si consideri il ruolo centrale di tale provvedimento normativo, sia nella più ampia strategia di diffusione dell’utilizzo delle nuove tecnologie che contraddistingue il nostro tempo, sia, nel perseguimento dello specifico obiettivo, più che mai attuale, di ridurre il divario culturale e tecnologico, la cosiddetta “analfabetizzazione informatica”, che ancora oggi affligge grossa parte della società globale.
Giuseppe Cassano e Carmelo Giurdanella (a cura di), Codice della Publica Amministrazione Digitale. Commentario al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82
10.02.2006