Quello del governo dell’economia – sia con riferimento agli strumenti di intervento che al riparto delle competenze in materia – è stato indicato da numerosi componenti della Convenzione come uno dei temi principali sui quali incentrare la riflessione, e tale interesse si è tradotto tra l’altro nella costituzione di un Gruppo di lavoro specificamente incaricato di esaminare le questioni connesse alla ‘governance economica’.
Si tratta in realtà di un argomento potenzialmente assai ampio, che coinvolge e intreccia tematiche politiche, economiche e sociali di indubbio rilievo. In particolare, l’oggetto principale della riflessione in tema di governance economica è costituito da (i caratteri e dalla possibile evoluzione del) l’Unione Economica e Monetaria, che – volendone richiamare i tratti essenziali – è un sistema di politica economica e monetaria fondato su tre elementi: una Banca centrale indipendente (la BCE) con competenza esclusiva per la politica monetaria nella zona euro; il mantenimento delle funzioni in materia di politiche economiche nazionali a livello di Stati membri, fermo restando il rispetto di determinate norme comunitarie (in particolare, il Patto di stabilità e crescita e la procedura per i disavanzi eccessivi); e, infine, il riconoscimento del principio che le politiche economiche nazionali sono una questione di ‘interesse comune’ (v. art. 99 TCE) e richiedono quindi un coordinamento nell’ambito del Consiglio.
Accanto a questi temi vi sono ulteriori e connessi ambiti di riflessione (ma anche, in ultima analisi, di intervento dei poteri pubblici a vario livello), quali l’occupazione, gli affari sociali e l’istruzione, cui oggi si applica in parte il metodo di coordinamento aperto e che rientrano nel quadro generale del ‘processo di Lisbona’, il cui obiettivo – come ha dichiarato lo stesso presidente del gruppo di lavoro Klaus Häsch – è fare dell’UE l’economia basata sulla concorrenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.
Questo è, sinteticamente, l’insieme delle tematiche su cui si è sviluppata la riflessione in seno al Gruppo di lavoro sulla governance economica. Volendo tuttavia individuare un punto di partenza di una indagine così complessa, può utilmente richiamarsi il quesito formulato dal presidente del Gruppo nella fase iniziale della discussione, allo scopo di offrire uno spunto e una prospettiva univoca alla riflessione: ‘L’introduzione della moneta unica implica una cooperazione economica e finanziaria più intensa. Quali forme potrebbe assumere tale cooperazione?’
Senza quindi perdere di vista il nodo centrale della cooperazione rafforzata, si possono richiamare le proposte formulate dal Gruppo di lavoro, raccogliendole schematicamente intorno a tre grandi temi: 1) le politiche monetarie; 2) le politiche economiche; 3) la questioni istituzionali connesse.
Ma prima di procedere all’analisi delle singole proposte, appare doverosa una precisazione: i lavori del Gruppo si sono fondati sulla prospettiva che la Convenzione si appresti ad elaborare un trattato di carattere costituzionale. Il Gruppo ha pertanto esaminato eventuali elementi da inserire in una futura costituzione, ma si è anche soffermato su altre questioni che – pur meritando di costituire oggetto di discussione e di proposte di riforma – si ritiene opportuno non includere in un trattato costituzionale. In particolare, il Gruppo di lavoro ha sollecitato l’inclusione nella futura costituzione europea degli obiettivi economici e sociali dell’Unione, dividendosi tuttavia al suo interno in ordine alle specifiche finalità cui dare maggiore risalto. Alcuni componenti hanno suggerito di inserire un riferimento alla crescita sostenibile e alla competitività, mentre altri hanno promosso l’inserimento di obiettivi quali la piena occupazione, la coesione sociale e territoriale, o il migliore equilibrio tra concorrenza e servizi pubblici in un’economia di mercato sociale; altri ancora hanno sollecitato l’inclusione nel trattato costituzionale di un riferimento al dialogo con le parti sociali quale metodo di lavoro privilegiato. Tutti i componenti del Gruppo di lavoro hanno comunque riconosciuto che spetta alla Convenzione in sessione plenaria discutere in merito alla eventuale introduzione di ulteriori obiettivi economici e sociali e di ulteriori competenze.
In ordine alle politiche monetarie, il gruppo ha esaminato essenzialmente due profili: il riparto di competenze tra UE e Stati membri, e i compiti della Banca Centrale Europea.
Relativamente al primo profilo, giova ricordare che il sistema attuale – che prevede la competenza esclusiva della Comunità per la politica monetaria nell’ambito della zona euro, esercitata attraverso la BCE, e il mantenimento della competenza nazionale in materia di politiche economiche – non sia andato esente da critiche: diversi analisti hanno infatti rilevato nell’attuale riparto delle funzioni una forte asimmetria, evidenziando il rischio che una mancanza di coerenza, potenziale o effettiva, possa minare la solidità necessaria ad affrontare una fase di recessione.
Il Gruppo di lavoro ha tuttavia suggerito di mantenere invariato l’attuale assetto delle competenze: la scelta in tal senso nasce verosimilmente dalla consapevolezza che la capacità degli Stati membri di continuare a gestire le proprie politiche economiche in funzione delle circostanze nazionali assicuri la necessaria flessibilità e sia quindi un corollario indispensabile della politica monetaria unica.
Il Gruppo di lavoro ha comunque ribadito l’esigenza imprescindibile di un migliore coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, e alcuni componenti hanno anzi raccomandato che – al fine di garantire la crescita economica, la piena occupazione e la coesione sociale – tale coordinamento si rafforzi fino al punto di far ricomprendere le politiche macroeconomiche tra le competenze condivise dell’Unione e degli Stati membri.
Relativamente ai compiti della Banca Centrale Europea, ha prevalso all’interno del Gruppo l’orientamento favorevole al mantenimento delle funzione e dello statuto attuali, ma non sono mancate sollecitazioni ad una estensione del mandato, miranti ad includere anche gli obiettivi di crescita e occupazione. Tra le proposte innovative, meritano di essere richiamate quelle volte: ad accrescere gli obblighi di rendiconto della BCE al Parlamento europeo; ad assegnare al Parlamento europeo un ruolo di maggior rilievo nella nomina dei membri del comitato esecutivo della BCE; a porre a carico della Banca Centrale Europea l’obbligo di pubblicazione dei propri verbali. Iniziative tutte accomunate dall’intento di accentuare la responsabilità e la trasparenza dell’istituto finanziario europeo.
In ordine alle politiche economiche, il nodo centrale della discussione – rappresentato dalla necessità, ripetutamente affermata, di rafforzare gli strumenti del coordinamento – è stato affrontato dal Gruppo di lavoro con riguardo sia al metodo da seguire, che agli attori istituzionali da coinvolgere, che ai settori di intervento.
In ordine al metodo, il Gruppo ha sostanzialmente accolto e ribadito le conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona sulla necessità di razionalizzare i differenti processi di coordinamento, accentuando gli sforzi tesi a sincronizzare e semplificare le procedure esistenti. Il dibattito sul metodo ha visto peraltro la larga prevalenza – sull’opzione privilegiante il ricorso a misure tassative – della scelta del c.d. coordinamento aperto, un sistema fondato essenzialmente sullo scambio d’informazioni e sullo sviluppo di prassi condivise.
In particolare, all’interno del Gruppo è stata ampiamente sostenuta la proposta di includere nel trattato costituzionale, per motivi di chiarezza, gli obiettivi di base, le procedure e i limiti del coordinamento aperto, nel quale anche il Parlamento europeo e la Commissione dovrebbero avere un proprio ruolo (soprattutto il Parlamento, di cui si auspica un coinvolgimento sistematico all’interno di tali processi); detto inserimento dovrebbe tuttavia essere realizzato in maniera tale da non pregiudicare la flessibilità del metodo (che è uno dei suoi principali vantaggi) e da non comportare la sostituzione o l’elusione di procedure o politiche comunitarie. E’ stata inoltre raccomandata l’inclusione nella futura costituzione di una disposizione che consenta un ampio processo di consultazione, in particolare delle parti sociali. Ma non è mancato chi – all’interno del Gruppo di lavoro – ha sostenuto, al contrario, che i vantaggi connessi al carattere informale del coordinamento aperto sarebbero meglio preservati non inserendo tale metodo nel trattato.
In ordine agli attori istituzionali da coinvolgere – in particolare nella fase di attuazione del coordinamento – il Gruppo ha espresso l’auspicio che i parlamenti nazionali avvertano e assumano in misura crescente come una responsabilità propria quella di garantire il rispetto delle decisioni adottate nel quadro del coordinamento a livello europeo. Per quanto riguarda invece il ruolo delle istituzioni comunitarie, alcuni membri del Gruppo hanno proposto che i primi allarmi riguardo all’attuazione debbano essere lanciati direttamente dalla Commissione allo Stato membro interessato, e la votazione sulle decisioni d’attuazione debba avvenire sulla base di una proposta della Commissione, escludendo dalla votazione il rappresentante dello Stato membro interessato.
In ordine agli strumenti di intervento, il Gruppo di lavoro ha ribadito la validità degli indirizzi di massima per le politiche economiche, che si conferma come la principale misura a sostegno del coordinamento. Si rammenta in proposito che gli indirizzi di massima per le politiche economiche sono adottati dal Consiglio dell’UE, e che, in caso di mancata osservanza, la Commissione rivolge direttamente allo Stato membro interessato un avvertimento; spetta quindi al Consiglio decidere le conseguenti misure da adottare, su proposta della Commissione.
In proposito il Gruppo ha unanimemente sottolineato l’assoluta necessità che il Parlamento europeo sia consultato sul progetto di indirizzi di massima, mentre alcuni componenti si sono pronunciati in favore di un rafforzamento del ruolo della Commissione, realizzabile attribuendo a tale organo il diritto di presentare una proposta formale invece che una raccomandazione. Quest’ultima prospettiva è stata tuttavia avversata da chi teme che gli Stati membri possano percepire il rafforzamento della Commissione come un vulnus alle proprie funzioni di indirizzo in materia.
In ordine agli strumenti ulteriori che si richiamano a specifici settori di intervento, vanno menzionati principalmente: l’armonizzazione fiscale, e la regolamentazione dei mercati finanziari.
Relativamente all’armonizzazione fiscale, il Gruppo di lavoro – pur raccomandando il mantenimento delle competenze dell’Unione nel settore della politica fiscale (quali definite agli articoli 93, 94 e 175 TCE) – ha proposto alcune modifiche alle attuali procedure decisionali. In particolare, la riforma non dovrebbe interessare i settori dell’imposizione personale e patrimoniale, né tantomeno dare luogo all’istituzione di imposte unificate. Si auspica invece un graduale ravvicinamento delle aliquote, delle norme minime e delle basi imponibili nei settori della tassazione indiretta e della tassazione delle imprese. Lo scopo evidente è quello di impedire che una concorrenza fiscale incontrollata, determinando una distorsione dei rapporti commerciali, comprometta il regolare funzionamento del mercato unico.
Relativamente alla regolamentazione dei mercati finanziari, il Gruppo di lavoro ha proposto di inserire nel trattato opportune norme di semplificazione, constatando tuttavia che il tema del diritto derivato in questo settore solleva questioni orizzontali nell’ambito della procedura del comitato, quali il ruolo da attribuire al Parlamento europeo, che vanno oltre il mandato del Gruppo e che dovrebbero pertanto essere affrontate da altri gruppi di lavoro.
In ordine alle questioni istituzionali connesse, il problema di fondo è rappresentato dall’esigenza di definire chiaramente le competenze in ordine al governo dell’economia europea – con riguardo sia alla politica monetaria che economica – attribuendola a soggetti adeguatamente legittimati e responsabilizzati. Non sono stati esclusi, in proposito, interventi di riforma volti a potenziare il ruolo del Parlamento europeo in alcuni ambiti rilevanti: ad esempio – come abbiamo visto – in ordine alla definizione degli indirizzi di massima per le politiche economiche (o imponendo alla BCE più ampi obblighi di relazione al PE). In proposito la discussione all’interno del Gruppo di lavoro si è incentrata su due problemi: la formalizzazione dell’Eurogruppo, e la rappresentanza della zona euro nei consessi internazionali.
Relativamente alla formalizzazione dell’Eurogruppo, si ricorda che tale soggetto è costituito da un gruppo informale che vede la partecipazione di tutti i membri attuali ad esclusione di tre, mentre a seguito dell’allargamento ne farà parte poco più della metà del numero totale degli Stati membri dell’UE. L’allargamento renderebbe quindi ben più rilevante la necessità di dare al gruppo un’adeguata base giuridica che ne individui la competenza e le procedure che potrebbero eventualmente consentirgli di adottare delle decisioni formali che oggi spettano al Consiglio.
In particolare, gli esperti della governance economica ritengono che l’Eurogruppo possa svolgere un ruolo rilevante nell’agevolare le discussioni tra i paesi partecipanti, ruolo che si accrescerà dopo l’allargamento, considerato che – per un periodo transitorio – i suoi componenti non rappresenteranno più la stragrande maggioranza degli Stati membri. Il Gruppo di lavoro ha pertanto suggerito di non adottare alcuna misura che pregiudichi la possibilità di discussioni informali tra i ministri delle finanze dell’Eurogruppo, la BCE e la Commissione.
Peraltro, pur riconoscendo la necessità di mantenere l’Eurogruppo quale consesso informale di discussione, vari membri del Gruppo di lavoro hanno ribadito che le decisioni che riguardano esclusivamente la zona euro devono essere adottate dal Consiglio ECOFIN, in una formazione che riunisca solo gli Stati membri partecipanti, e che il trattato debba essere modificato di conseguenza.
Relativamente alla rappresentanza della ‘zona euro’ nei consessi internazionali, l’esigenza manifestata dal Gruppo di lavoro sulla governance economica è stata quella di consentire alla zona euro di sostenere efficacemente i propri comuni interessi sulla scena mondiale. In particolare, gli attuali accordi informali (dovuti alla mancata attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 111, paragrafo 4 del TCE) relativi alla rappresentanza della zona euro nelle organizzazioni internazionali, appaiono a numerosi osservatori inadeguati e migliorabili sotto il profilo dell’efficacia; ma il problema essenziale, in questo ambito, riguarda principalmente la scelta del soggetto che dovrebbe assicurare tale rappresentanza. Sul punto le opinioni si sono divise tra chi auspica che questo ruolo sia attribuito sostanzialmente al Presidente dell’Eurogruppo, e chi preferirebbe seguire la prassi in uso nel settore della politica commerciale, attribuendo questo compito alla Commissione mediante l’introduzione nel trattato di una clausola di abilitazione.
Questi, in sintesi, i nodi essenziali della discussione svoltasi in tema di governance economica. Quali risultati hanno finora sortito i suggerimenti offerti dal Gruppo di lavoro?
Le tracce più evidenti del sostanziale accoglimento di alcune tra le proposte più qualificanti formulate dal Gruppo sono presenti in almeno tre articoli del progetto di ‘Trattato che stabilisce una Costituzione per l’Europa’ (CONV 528/03).
All’art. 3, secondo comma, che – nell’enunciare gli obiettivi generali che giustificano l’esistenza dell’Unione e la sua azione a beneficio dei cittadini – afferma che l’Unione ‘si adopera per un’Europa improntata ad uno sviluppo sostenibile basato su una crescita economica equilibrata e la giustizia sociale, in un contesto di mercato unico libero, ed un’unione economica e monetaria, con l’obiettivo di ottenere la piena occupazione e di produrre un livello di competitività e un tenore di vita elevato’, e che essa ‘promuove la coesione economica e sociale’, richiamando buona parte delle finalità specifiche che i diversi componenti del Gruppo di lavoro avevano invitato ad indicare espressamente tra gli obiettivi economici e sociali dell’UE.
All’art. 11, che ribadisce la competenza esclusiva dell’Unione in ordine alla politica monetaria per gli Stati membri che hanno adottato l’euro.
All’art. 13, che: per un verso, riafferma – conformemente alle conclusioni del Gruppo di lavoro – che le politiche economiche restano di competenza degli Stati membri (precisando comunque che l’attuazione di tali politiche va realizzata ‘tenendo conto dell’interesse comune, nella prospettiva di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione’); per altro verso mette in risalto il ruolo dell’UE in questo settore, sancendo al primo comma che ‘l’Unione coordina le politiche economiche degli Stati membri, in particolare definendone gli indirizzi di massima’: una funzione di coordinamento la cui importanza, così fortemente evidenziata dal Gruppo di lavoro, appare senz’altro sottolineata – come osservato in proposito dallo stesso Presidium – da una trattazione in un articolo distinto.