Da una denuncia (fondata) di casi di sperpero di risorse pubbliche e di degenerazione patologica di alcune delle oltre trecento comunità montane italiane ha preso avvio di recente, quasi improvvisamente, nel nostro Paese un processo di messa in discussione generalizzata di una ormai consolidata (anche se talora fraintesa o sottoutilizzata) istituzione locale della montagna, che ha finito per essere presentata o percepita come un esempio di sovrastruttura pubblica inutile, da ridimensionare drasticamente, se non da sopprimere. Va detto subito che si tratta di un approccio sbrigativo e superficiale ad una questione – quella della semplificazione istituzionale e amministrativa e dell’efficienza nell’uso delle risorse pubbliche – che ha certamente un preciso fondamento (anche se ben altra portata quantitativa e qualitativa rispetto agli enti montani in questione), essendo incontestabile e del tutto evidente la proliferazione, specie in alcune regioni e contesti locali, di una miriade di enti strumentali o dipendenti, consorzi e società varie, per lo più monofunzionali, che si sono sovrapposti – spesso confusamente – alle istituzioni politiche-territoriali locali, svuotandone di fatto il ruolo e le responsabilità di enti rappresentativi delle rispettive comunità, oltretutto con inevitabili sperperi o cattivo uso delle finanze pubbliche.
Essenziali le istituzioni di vallata per l’autogoverno della montagna
02.10.2008