Ambiente, attività amministrativa e codificazione, Giuffrè 2006

09.09.2006

AMBIENTE, ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA E CODIFICAZIONE
a cura di Diego De Carolis, Erminio Ferrari, Aristide Police
Giuffrè editore, 2006 – Pubblicazioni dell’Associazione italiana di Diritto urbanistico

Esce, edita da Giuffrè ed a cura di Diego De Carolis, Erminio Ferrari ed Aristide Police, la pubblicazione degli Atti del Primo colloquio di diritto dell’ambiente organizzato dall’Associazione italiana di diritto urbanistico presso l’Università di Teramo il 29-30 aprile 2005, sui temi dell’Ambiente, attività amministrativa e codificazione.
L’AIDU, sorta nel 1996 per iniziativa di alcuni studiosi di diritto pubblico in stretto contatto con analoghe associazioni di paesi UE, dal 2005 ha deciso di promuovere un incontro annuale sui temi più strettamente legati al diritto dell’ambiente. Inevitabilmente il primo incontro su questi temi non poteva non rivolgere le proprie attenzioni, riflessioni ed i propri auspici al problema della codificazione del diritto dell’ambiente.
Dalla prima definizione di “ambiente” formulata da M.S. Giannini nel 1973 di strada ne è stata percorsa.
Il sorgere di una “questione ambientale” nell’ambito del sistema giuridico moderno è relativamente recente. Pressoché unanimemente si riconduce la nascita del diritto dell’ambiente quale istituto giuridico di valenza anche internazionale al Congresso Mondiale per la Conservazione organizzato a Montreal nell’ottobre 1996.
Se si guarda all’esperienza dell’Italia, poi, di fatto la nostra Carta Costituzionale nasce con una “omissione”, o una “dimenticanza”, rispetto al diritto ambientale o più, semplicemente, in linea il sentire ancora “immaturo” circa le problematiche connesse, senza configurare un concetto autonomo di diritto dell’ambiente. L’ambiente, infatti, solo indirettamente (e solo nel momento in cui si è voluto cercarlo, tra le pieghe della nostra Costituzione) lo troviamo definito tra i diritti fondamentali ed inviolabili dell’uomo, attraverso gli artt. 9 e 32 Cost.
Le riflessioni su un’autonomia giuridica dell’ambiente, sulla necessità di un passaggio da un diritto sull’ambiente ad un diritto dell’ambiente – dove le ragioni ambientali non siano più viste solo in rapporto alle ragioni dello sviluppo economico -, da una relazione uomo-ambiente di dovere e non più (solo) di diritto, di fatto si rintracciano, in nuce, solo nella riforma del 2001 del titolo V della Costituzione, in cui, al di là del dibattito scaturito sul riparto di competenze, viene riconosciuto, allo Stato, un potere (e quindi un obbligo) di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.
E’ interessante peraltro rilevare – ed a questo è dedicata la prima sezione del testo in esame – come un percorso si ritrovi analogo, con tempi più o meno simili, presso altri Paesi, nonostante la non sempre completa assimilabilità dei rispettivi ordinamenti giuridici. D’altro canto gli stessi relatori di questo “Primo colloquio” hanno evidenziato come il diritto dell’ambiente presenti caratteri specifici e trasversali che prescindono dal contesto storico-giuridico dei singoli Stati tanto da non fare apparire azzardato né inefficace il confronto tra l’Italia e diverse esperienze, quale, ad esempio, quella degli Stati Uniti, Paese extraeuropeo e del tutto esente da qualsiasi influenza derivante dalla comune radice di produzione normativa.
Così apprendiamo, attraverso gli interventi riportati nel testo, che il progetto di un codice dell’ambiente in Germania da tempo in discussione non è ancora stato realizzato a causa dell’estrema frammentarietà in cui si ramifica il diritto dell’ambiente e delle competenze, e quindi delle responsabilità, tra gli enti pubblici. O ancora che in Inghilterra, in linea con la struttura del common law, non è prevista una codificazione del diritto ambientale e pur tuttavia si assiste ad un forte accentramento istituzionale volto a garantire, almeno negli intenti, una omogeneità organizzativa.
In Argentina, invece, vige ancora un forte antropocentrismo del diritto dell’ambiente, così che la struttura giuridica sviluppatasi intorno a questi argomenti è volta a tutelare le risorse naturali nel senso di garantirne il migliore e più ampio sfruttamento da parte della collettività, tenendo conto delle necessità proprie e “storiche” dell’uomo quali la proprietà e l’attività economica.
Peraltro, nella Legge Costituzionale argentina, art. 41, (nonché nella recente Charte de l’environment adossèe à la Constitution, Art.4), viene sviluppato espressamente il concetto di “danno ambientale” quale fonte dell’obbligo di ripristino/riparazione. A tal proposito nella Carta francese è stato introdotto un vero e proprio dovere individuale al rispetto del principio di prevenzione, per cui “chiunque” ha il dovere di “preservare”, “migliorare” l’ambiente e “prevenire” le minacce che questo potrebbe subire ovvero, al più, limitarne le conseguenze e di “contribuire alla riparazione dei danni accorsi all’ambiente. E soprattutto, secondo alcuni commentatori, l’aver costituzionalmente riconosciuto un diritto per tutti di “vivere in un ambiente equilibrato” il legislatore francese ha elevato il “diritto all’ambiente” quale libertà fondamentale di valore costituzionale”.
Passando all’esperienza dell’Italia sui temi evidenziati – cui vengono dedicate le restanti sezioni del testo – è inevitabile che i relatori si soffermino, pur con approcci e per profili diversi, sul passo “a metà” compiuto dalla novella della Carta costituzionale del 2001. L’obiettivo in parte mancato è quello di aver posto direttamente ed espressamente l’ambiente tra i beni oggetto di tutela di cui all’art. 9 Cost. o comunque di aver dedicato all’ambiente, in forma diretta e non tramite il (discusso) riparto di competenze tra Stato e Regioni, una disciplina di rango costituzionale. Tale scelta avrebbe contribuito a chiarire in via definitiva la posizione della materia ambientale tra i valori della nostra Costituzione.
Un aiuto interpretativo ed uno stimolo in tal senso giungono comunque dalla produzione normativa comunitaria ed internazionale. Basti pensare all’apertura del Sesto Programma Comunitario di azione per l’ambiente che sottolinea la necessità “di una maggiore responsabilizzazione di cittadini e parti interessate nei confronti dell’ambiente”:
Il testo spazia, poi, tra considerazioni sui rapporti di reciproca interazione tra tutela dell’ambiente e sviluppo dell’economia, per cui la “politica ambientale” è colta quale necessario elemento di ogni politica economica odierna (è ormai un dogma internazionale la ricerca di uno sviluppo economico che sia “ambientalmente sostenibile”); la ricerca di un affinamento dell’organizzazione pubblica quale fonte di tutela dell’ambiente; riflessioni sulla giurisdizione del giudice amministrativo in materia ambientale, gli istituti dell’interesse ad agire e della legittimazione ad agire, ed eventuali carenze dell’attuale sistema di “giustizia ambientale; la valutazione che i molteplici settori in cui si esplica il diritto dell’ambiente presentano tutti una marcata connotazione pubblicistica che assume la forma sensibile del procedimento amministrativo; e, non poteva mancare stante la specializzazione dei relatori di questo incontro, un approfondimento del rapporto tra tutela ambientale e pianificazione urbanistica, per ritornare ancora al tema dell’ambiente quale valore ordinamentale, trasversale, più che oggetto di una materia in senso stretto.
Il Colloquio si conclude infine con un’”auspicio” espresso congiuntamente da tutti i relatori.
Oggi – o meglio, al tempo del Colloquio – vi sono tutte le ragioni per procedere alla redazione di un codice del diritto ambientale: anche a fronte della produzione normativa ormai “sterminata” che negli ultimi anni ha caratterizzato la materia ambientale e la peculiare discrezionalità che viene riconosciuta all’amministrazione nella valutazione ed applicazione di dette norme, la “mozione conclusiva” dei relatori è quella che l’approvazione della legge delega n. 308/2004 in materia ambientale si traduca effettivamente nella realizzazione di una legislazione completa, chiara, unitaria che riconosca al diritto dell’ambiente il suo “valore” di “materia trasversale” nell’ambito del nostro ordinamento giuridico.
In un certo senso la mozione è stata ascoltata, visto che a brevissimo giro alla pubblicazione del testo in esame è effettivamente seguita la pubblicazione in Gazzetta del D.lgs.n. 152/2006, già ri-battezzato Testo Unico in materia ambientale. Sarebbe a questo punto interessante verificare se il D.lgs.n. 152/2006, entrato in vigore il 29 aprile u.s. e già o meglio, sin da subito, oggetto di forti contrasti all’interno delle forze politiche nonché degli studiosi e giuristi, abbia effettivamente risposto a tutte le speranze che in esso avevano riposto i partecipanti al Convegno dell’AIDU.

recensione a cura di Emanuela Gallo