Douglass C. North, Istituzioni, cambiamento istituzionale, evoluzione dell’economia, Il Mulino, 1997

12.11.2007

Douglass Cecil North è uno degli esponenti di maggior rilievo della nuova storia economica americana, scuola storiografica formatasi negli anni Sessanta e sviluppatasi con alterne fortune sino ai giorni nostri. Gli elementi che diedero autonomia ed originalità a quella corrente di studi furono essenzialmente tre. In primo luogo l’impiego nella ricerca storica delle teorie economiche più avanzate, dall’analisi delle scelte collettive, alla teoria dei diritti di proprietà, allo studio delle condizioni di efficienza del modello neoclassico di mercato. In secondo luogo l’applicazione al metodo storico delle tecniche quantitative dell’econometria. Ciò consente di verificare empiricamente una teoria, di ricostruire vicende storiche secondo l’impianto formale e logico deduttivo dei modelli economici e di simulare la sequenza degli eventi in modo da poter opporre alla narrazione storica reale gli sviluppi previsti dal modello. Il terzo elemento, il ricorso all’analisi controfattuale, deriva direttamente dal secondo. È il tentativo di prendere in considerazione e valutare alternative artificiali, ma significativamente attendibili al corso degli eventi storici.

Una volta abbandonate le ipotesi che reggono il mondo economico neoclassico, e spostiamo lo sguardo sul mondo reale, notiamo che gli individui, comuni mortali, possiedono informazioni incomplete, capacità cognitive limitate ed una non virtuosa tendenza a non cooperare per il vantaggio collettivo. I costi di transazione sono elevati, derivanti dalla necessità di misurare ciò che viene scambiato e di garantire l’applicazione dei contratti stipulati secondo le regole accettate dalle parti. L’imperfezione è la nota dominante dei mercati. Questione di base, a questo punto, diventa quindi quella di costruire e dotarsi di istituzioni efficienti che abbassino i costi di transazione e diano certezza agli scambi. Lo sviluppo di istituzioni che creano un ambiente favorevole a situazioni cooperative in un complesso contesto di scambio è alla base della crescita economica.

La nuova economia istituzionalista inietta una dose di realismo nelle assunzioni tipiche della teoria microeconomica (Powell – Di Maggio, The new Istitutionalism in organizational analysis, University of Chicago Press, 1991, pp.7ss). Gli individui tentano di massimizzare il proprio comportamento secondo ordini di preferenze stabili e coerenti, ma lo fanno, sostengono gli economisti istituzionalisti, a fronte di limiti di natura cognitiva, informazioni incomplete, difficoltà di monitoraggio e di attuazione degli accordi. Le istituzioni nascono e perdurano quando i vantaggi che offrono superano i costi di transazione necessari per crearle e conservarle, vale a dire i costi di negoziazione, esecuzione ed attuazione.

Il neoistituzionalismo considera la transazione come la prima unità di analisi. Le parti coinvolte in uno scambio desiderano risparmiare sui costi di transazione in un mondo in cui l’informazione è costosa, i soggetti si comportano in modo opportunistico e la razionalità è limitata. Le istituzioni riducono l’incertezza offrendo modelli di scambio economico adattabili ed efficienti.

La teoria delle istituzioni di North appare costruita attorno alla teoria del comportamento e alla teoria dei costi di transazione.

North procede considerando il modello neoclassico come punto di partenza. I prezzi rappresentano lo strumento allocativo sufficiente a raggiungere i risultati migliori. Se si aggiungono ora i costi di informazione, i guadagni netti dello scambio corrisponderanno ai guadagni lordi, ossia ai guadagni tradizionali della teoria neoclassica, meno i costi di misurazione e di applicazione dei contratti meno le perdite derivanti da una attività di sorveglianza inefficace. Da ciò ne deriva che quanto più gli altri sono in grado di influire sui flussi di reddito di una attività, senza per questo sopportarne alcun costo, tanto più il valore dell’attività è basso. La massimizzazione del valore di un bene, quindi, implica una struttura delle proprietà che permetta a coloro che possono influire su una qualche caratteristica di diventare gli unici titolari del diritto; in questo modo essi diventeranno responsabili delle proprie azioni e saranno incentivati a massimizzare i guadagni potenziali derivanti dallo scambio. Aggiungendo a questa analisi i costi per la garanzia di applicazione dei contratti, North perviene a completare il concetto di costo di transazione.

Le istituzioni, a questo punto, forniscono una struttura per lo scambio e determinano i costi di transazione e di trasformazione.

Necessarie allo scambio economico, le istituzioni, variano in termini di complessità, da quelle adatte a risolvere problemi elementari, a quelle che si estendono nel tempo e nello spazio e riguardano molte persone. Il grado di complessità di uno scambio dipende dal tipo di contratti necessari al suo compimento in economie con diversi livelli di specializzazione. North nota che la mancanza di specializzazione è una forma di assicurazione contro gli alti costi e le incertezze della transazione. Infatti maggiore è la specializzazione e la quantità e varietà degli attributi, più diventano rilevanti istituzioni affidabili che consentono agli individui di impegnarsi in scambi complessi con un minimo di incertezza sull’effettivo rispetto dei termini del contratto.

In tutte le società le persone accettano di autolimitarsi per poter dare una struttura ordinata ai loro rapporti. Nelle condizioni descritte di informazione limitata e di ridotta capacità di calcolo, i vincoli servono ad abbassare i costi delle reti di relazioni, soprattutto in un mondo senza istituzioni. Ecco che il sistema regolatore della vita quotidiana è in gran parte costituito da codici morali, norme di comportamento e convenzioni. North fa risalire l’origine dei vincoli informali dall’informazione diffusa nella società, essi sono in gran parte eredità della cultura.

I vincoli informali sono ampiamente diffusi. Sorti allo scopo di coordinare il continuo ripetersi dei rapporti sociali, essi consistono in estensioni, elaborazioni e modifiche delle regole formali, norme di comportamento sanzionate dalla società, e condotte individuali sanzionate internamente. In quanto tali, questi vincoli trasmessi dal processo culturale, non si modificano immediatamente, sollecitati dai cambiamenti delle leggi formali. Ne consegue che la tensione tra regole formali modificate e persistenza dei vincoli informali produce risultati che sono importanti per le trasformazioni dei sistemi economici. Il passaggio dalle tradizioni e dalle consuetudini alla legge scritta è stato a senso unico, dalle società semplici a quelle più complesse, ed è chiaramente collegato all’aumento della specializzazione e della divisione del lavoro. Le regole formali comprendono le regole politiche, quelle economiche ed i contratti. La loro gerarchia definisce i vincoli, dal generale allo specifico.

Generalmente le regole sono concepite avendo in mente i costi per la loro accettazione. Il problema, a questo punto, è concepire istituzioni capaci di dare credibilità ai patti e, quindi, che le contrattazioni siano maggiormente orientate all’efficienza. Spesso, nota North, il contratto è incompleto, nel senso che ci sono così tante incognite relative al suo oggetto e alla sua durata che le parti attribuiscono volontariamente ai tribunali o a qualche arbitro esterno la soluzione delle contese che potrebbero sorgere.

La presenza di un terzo garante significa in realtà lo sviluppo di una organizzazione statale quale forza coercitiva capace di controllare efficacemente il rispetto dei diritti di proprietà e dei contratti, ma allo stato attuale delle conoscenze nessuno sa come si possa creare un tale organismo. Per garantire l’applicazione dei contratti e per definire e tutelare i diritti di proprietà occorrono risorse. Le istituzioni e la tecnologia utilizzata determinano i costi di transazione relativi. North afferma che le istituzioni, nel loro complesso, definiscono la dimensione dello scarto tra la realtà ed il modello neoclassico, ed i costi di transazione sostenuti dalle controparti riflettono la struttura istituzionale. Dal momento che il mercato è imperfetto, è inevitabile che le istituzioni siano una mescolanza di istituti che aumentano i costi e di altri che li riducono. L’ordinamento istituzionale ha una importanza fondamentale, quindi, rispetto alle prestazioni di un sistema economico, è la chiave interpretativa del successo relativo dai sistemi economici sia in termini geografici che storici.

Una volta specificato cosa sono le istituzioni, North inizia l’analisi delle organizzazioni, di come esse si rapportano alle istituzioni e di come esse interagiscano. L’analisi parte dalla constatazione che le organizzazioni e gli imprenditori che le dirigono sono impegnati in attività orientate al raggiungimento della massima ricchezza, di reddito, o di altri obiettivi definiti dall’insieme delle opportunità consentite dall’ordinamento istituzionale, e così facendo promuovono il cambiamento delle istituzioni stesse, dandogli forma e direzione.

Il comportamento razionale e massimizzante delle organizzazioni economiche influisce sul cambiamento istituzionale attraverso la conseguente domanda di investimenti in ogni tipo di conoscenza, la continua interazione tra attività economica organizzata, conoscenza scientifiche e struttura istituzionale, e la modifica graduale dei vincoli informali, quale sottoprodotto delle attività razionali delle organizzazioni. In questo contesto l’attività imprenditoriale è il risultato di un processo di apprendimento sulla base dell’esperienza e dell’investimento in competenze e conoscenze in grado di offrire vantaggi futuri. Una struttura efficace, perciò, non solo premia i successi ma anche impedisce la sopravvivenza delle parti che non si sono adattate, il che significa che le regole efficaci annulleranno al tempo stesso gli sforzi inutili e favoriranno quelli che portano al successo.

Le organizzazioni evolvono continuamente, e di conseguenza anche le istituzioni. In ogni società, afferma North, il cambiamento istituzionale è prodotto da adattamenti al margine; i margini sono quelli in cui i problemi impellenti esigono una soluzione e la soluzione è definita dal potere contrattuale dei partecipanti, cioè le organizzazioni che si sono sviluppate in quello specifico contesto istituzionale.

Le istituzioni sono una costruzione della mente umana, tuttavia esse, secondo North, costituiscono le ragioni determinanti dello sviluppo economico di lungo periodo. Date le caratteristiche degli individui è semplicemente impossibile ideare istituzioni che risolvano i complessi problemi dello scambio e che, allo stesso tempo, siano immuni da un qualche incentivo incompatibile con una condotta efficiente. La struttura istituzionale che più si avvicina al raggiungimento di tali condizioni è, però, quella della moderna società democratica con suffragio universale.

Le istituzioni sono la struttura fondamentale che ha permesso, nel corso della storia, di costruire un ordine sociale e di ridurre l’incertezza degli scambi. Insieme alla tecnologia impiegata, determinano i costi di transazione e di trasformazione e quindi la redditività e le opportunità di chi si impegna in attività economiche. Nella visione di North esse collegano il passato al presente e al futuro, ragion per cui la storia è in gran parte il racconto dell’evoluzione graduale delle istituzioni, nel cui ambito lo sviluppo dei sistemi economici ha senso solo come parte di una sequenza storica di eventi. Sono una chiave interpretativa delle interrelazioni tra politica ed economia e delle conseguenti ricadute sulla crescita economica. L’evoluzione, per North, è una sequenza coerente di cambiamenti graduali stimolati dai guadagni privati realizzati dalle organizzazioni e dalle trasformazioni istituzionali che aumentano la produttività.

A questo punto dell’analisi ci si pone l’interrogativo: le istituzioni determinano il rendimento dei sistemi economici, ma cosa delinea istituzioni efficienti? North risponde che l’esistenza di istituzioni relativamente produttive in qualche parte del mondo e dei bassi costi di informazione che le contraddistinguono, rappresenta un potente stimolo al cambiamento per sistemi economici deboli. Ma è difficile, forse impossibile, immaginare un simile sistema popolato di attori orientati a massimizzare la propria ricchezza e non vincolati da altre considerazioni.

1. Alcune considerazioni.

Proprio dalle ultime battute dal libro di North scaturiscono alcuni dubbi circa l’effettivo funzionamento di tutto il sistema da lui descritto. Il fatto di dover abbandonare il punto di vista tipico dell’economista, ossia quello per cui gli individui nei loro comportamenti siano sempre orientati alla massimizzazione della propria ricchezza e che le istituzioni mirano all’efficienza del sistema economico, induce a pormi delle domande provocatorie.

L’osservazione della realtà porta a constatare che il più delle volte le istituzioni non pervengono a risultati efficienti, e che la tutela dei diritti di proprietà, tanto affermata nelle pagine di North, non sia, in fin dei conti, così palese anche nella realtà. La società si fonda su ordinamenti istituzionali diversi, ognuno dei quali è retto da una logica centrale. Il problema nasce quando gli ordinamenti istituzionali giungono a contraddirsi, facendo scaturire conflitti. Ed è proprio il conflitto tra istituzioni a portare inefficienza al sistema. Il sistema che North descrive, presuppone che ci si stia muovendo all’interno del mondo di common law e funziona e piace fino a che si rimane all’interno di quel paradigma. Quando leggiamo il libro e tentiamo di calare l’intero sistema nella nostra realtà continentale dobbiamo muoverci in un universo dove tutti siamo orientati verso le istituzioni, i centri del potere, e rimaniamo, quindi, intrappolati dall’alto tasso di legislazione e dallo schema legittimo-illegittimo (Di Gaspare, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Cedam, 2003, p.58). E di qui pensiamo alle disfunzioni ed inefficienze che si generano quando il soggetto economico deve muoversi e valutare il proprio comportamento alla luce di tale schema: se lo scambio tra privati è così importante, per North, nello sviluppo del sistema economico, qui pare, piuttosto, che l’alto tasso di legislazione annichilisca l’autonomia del singolo, invece che incoraggiarla. Un esempio per tutti è costituito delle legislazioni in materia di equo canone degli affitti.

Il problema nel nostro sistema risiede nel valutare il trade-off tra costo della istituzione e costo della soluzione privata. E molte volte possiamo addirittura immaginare che sopportare il costo della soluzione privata sia più efficiente di adottare una istituzione. North tanto si rifà al problema dello scambio tra privati. La soluzione storica, seguita da North, è quella di creare una istituzione che interponendosi nello scambio ne garantisca l’esito assicurando maggiore efficienza all’intero sistema. Ma non è detto che nella realtà fattuale tale soluzione sia la più efficiente. Pensiamo, ad esempio, a come è costruita l’istituzione continentale del giudice: tale istituzione ha la possibilità di incrementare i costi dello scambio rendendo auspicabile una soppressione dell’istituzione stessa, o quantomeno una sua radicale rivisitazione. E come di questa, così pure di tante altre istituzioni che gravano sulla nostra economia.

Dobbiamo infatti pensare che nelle istituzioni stesse è insito un altro errore di valutazione del modello. North non pensa che gli attori delle istituzioni chiave traggono considerevoli vantaggi dal mantenimento di tali istituzioni. Ecco quindi che le istituzioni, una volta create, sono difficili da rimuovere, ed è quindi difficile limitare il loro potere. I cambiamenti evolutivi, di cui parla North, divengono nella realtà soluzioni “arrangiate” in un ottica di breve periodo che si accumulano le une sulle altre producendo farraginosità, e quindi inefficienza dell’intero sistema economico.

Se vero che i vincoli informali sono difficili da rimuovere, anche le istituzioni confluiscono nella dimensione di pilastri pressoché immobili nell’orizzonte dell’evoluzione sistemica rallentando, o forse, ostacolando, lo stesso sviluppo economico. Si perviene, così, ad una situazione di “equilibrio catastrofico” in cui i momenti di crisi sono risolti con provvedimenti tampone che implicano, automaticamente, la tensione ed il collasso dei precedenti equilibri: è un meccanismo autoimplicantesi con difficoltose possibilità di uscita (Di Gaspare, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Cedam, 2003, passim, spec. pp.159ss – p.186)


recensione a cura di Flavio Notari