La Corte si pronuncia sul Codice dei contratti pubblici

23.11.2007

Corte costituzionale, 23 novembre 2007 n. 401

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalle Regioni Veneto, Piemonte, Toscana, Lazio ed Abruzzo, nonché dalla Provincia autonoma di Trento avverso lo Stato

Norme impugnate e parametri di riferimento:
Vengono impugnate numerose disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) per asserita violazione degli articoli 76, 97, 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.
Il d.lgs. n. 163 del 2006 oggetto di impugnazione recepisce nell’ordinamento italiano le direttive n. 2004/17/CE e 2004/18/CE, con le quali si è inteso garantire che negli ordinamenti nazionali degli Stati membri l’aggiudicazione degli appalti per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di organismi di diritto pubblico avvenga nel rispetto dei principi del Trattato, ed in particolare dei principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi.

Argomentazioni della Corte:
La considerazione preliminare da cui muove la Corte è che i lavori pubblici non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono, potendo conseguentemente essere ascritti, di volta in volta, a potestà legislative statali o regionali. Tale rilievo è applicabile all’intera attività contrattuale della pubblica amministrazione, che rappresenta non già una materia, bensì un’attività che inerisce alle singole materie cui si applica. Analogamente, ai fini dell’inquadramento materiale della disciplina in titolo non può assumersi un criterio di demarcazione fondato unicamente sul profilo soggettivo, per cui l’inquadramento della competenza dipenderebbe in sostanza dal soggetto che indice la gara o al quale è riferibile un determinato bene o servizio. In estrema sintesi, il Codice sui contratti pubblici deve essere scrutinato in rapporto al contenuto precettivo delle singole disposizioni impugnate.
Tra le diverse censure analizzate dalla Corte, le più rilevanti ai fini dell’inquadramento costituzionale della disciplina degli appalti pubblici sono le seguenti.
In primo luogo, sotto il profilo procedimentale, la Corte osserva come, in assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari conseguente alla riforma del Titolo V della Costituzione, il principio di leale collaborazione si realizzi essenzialmente nella cooperazione in seno al sistema delle Conferenze. Tale cooperazione, tuttavia, appare rilevante ai fini della legittimità degli atti legislativi solo quando imposta direttamente o indirettamente dalla Costituzione. Quando, come nel caso di specie, non ricorrono tali presupposti, non costituisce violazione del principio di leale collaborazione l’introduzione, da parte del Consiglio dei ministri, di modifiche allo schema di decreto legislativo sottoposto al parere della Conferenza unificata imposte dalla necessità di adeguare il testo ai rilievi emersi in sede consultiva.
In secondo luogo, la Corte si sofferma ad analizzare le merito le censure relative all’articolo 4, comma 2 che stabilisce che le Regioni e le Province autonome esercitano la potestà normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nel codice (affermazione generale di competenza ritenuta legittima dalla Corte), con particolare riferimento ai principi in tema di:
– programmazione dei lavori pubblici: l’attività in titolo non rappresenta una materia a sé stante, ma segue piuttosto il regime giuridico proprio delle relative opere, sicché appare legittima la previsione di principi fondamentali statali sulla programmazione dei procedimenti preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche rientranti in una delle materie di competenza corrente;
– approvazione dei progetti a fini urbanistici ed espropriativi: anche l’attività in titolo, incidendo sulla disciplina urbanistica, può essere ricondotta alla sfera della potestà concorrente in materia di governo del territorio;
– organizzazione amministrativa, compiti e requisiti del responsabile del procedimento: l’organizzazione amministrativa oggetto di disciplina non è quella generale concernente la struttura ed il funzionamento della Regione, ma quella specifica attinente al settore della realizzazione delle opere pubbliche; è conseguentemente possibile interpretare in senso conforme a Costituzione le due discipline in titolo (l’organizzazione amministrativa e la disciplina del responsabile appaiono infatti strettamente correlate), collocandole nell’ambito dei procedimenti che attengono alla competenza concorrente Stato-Regioni;
Un terzo ordine di considerazioni riguarda le censure relative all’articolo 4, comma 3, che stabilisce che le Regioni non possono prevedere una disciplina diversa da quella del Codice in relazione ad alcuni specifici profili di regolazione, così individuati:
– la qualificazione e selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento, i criteri di aggiudicazione e subappalto: ai fini della collocazione delle discipline in titolo nel riparto delle competenze di cui all’art. 117 Cost. viene in rilievo la nozione comunitaria di concorrenza, definibile come concorrenza “per” il mercato, che impone l’adozione di procedure di evidenza pubblica uniformi nella scelta del contraente atte a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza. Da tale lettura deriva che rientrano sicuramente nella potestà esclusiva statale sulla tutela della concorrenza (art. 117, co. 2 lett. e) Cost. le procedure di qualificazione e selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento, i criteri di aggiudicazione nonché i poteri di vigilanza sull’attività degli appalti; stante la sua natura trasversale, la competenza statale sulla tutela della concorrenza non si limita infatti alla sola fissazione di norme di principio, potendo all’inverso assumere anche regolazioni analitiche, seppure nei limiti della proporzionalità e dell’adeguatezza dell’intervento statale. Per quanto concerne il subappalto, stante la sua natura privatistica l’istituto rientra nell’ambito materiale dell’ordinamento civile (fermo restando che esso assolve anche a funzioni di garanzia della concorrenzialità del mercato);
– la stipulazione e l’esecuzione dei contratti, ivi comprese la direzione dell’esecuzione e la direzione dei lavori, contabilità e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilità amministrativa: l’attività contrattuale della pubblica amministrazione si compone di due fasi, una prima procedimentale di evidenza pubblica, una seconda a carattere negoziale; questa seconda fase negoziale (che ricomprende l’intera disciplina di esecuzione del rapporto contrattuale, incluso l’istituto del collaudo) si connota per la normale mancanza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico e deve conseguentemente essere ascritta all’ambito materiale dell’ordinamento civile;
– le attività di progettazione e i piani di sicurezza: l’attività di progettazione deve essere ricondotta alla competenza esclusiva dello Stato sulla tutela della concorrenza esclusivamente per quanto attiene alla fissazione dei criteri in base ai quali tale attività deve essere svolta in modo da assicurare la competitività e la libera circolazione degli operatori economici; alla tutela della concorrenza va inoltre ricondotta anche la disciplina uniforme dei criteri di formazione dei piani di sicurezza, in quanto preordinata ad assicurare i principi di parità di trattamento e non discriminazione tra i partecipanti.
Un quarto ordine di censure esaminate dalla Corte concerne i limiti della potestà regolamentare nelle materie attribuite alla competenza esclusiva statale dall’art. 4, comma 3 sopra esaminato. Al riguardo, è ritenuta legittima la previsione di un intervento regolamentare dello Stato anche con riferimento alle materie a carattere trasversale, come la tutela della concorrenza, giacché le modalità operative della materia consentono di evitare che si venga a produrre un condizionamento di fonti primarie regionali da parte di fonti secondarie statali. E’ peraltro da escludersi che nell’esercizio della potestà regolamentare dello Stato nelle materie di potestà esclusiva (inclusa la tutela della concorrenza) si imponga un obbligo di coinvolgimento delle regioni: il rispetto delle regole collaborative può infatti essere imposto a livello costituzionale solo nei casi in cui si verifichi un forte intreccio con competenze regionali che richieda meccanismi di coinvolgimento dei livelli di governo interessati; tale ipotesi non si realizza nel caso di specie.
Infine, la Corte si sofferma ad analizzare nel merito le specifiche censure relative ai seguenti articoli del d.lgs. n. 163 del 2006:
– art.48: la disciplina del procedimento di scelta del contraente con cui si prevedono specifici controlli sul possesso, da parte dei concorrenti, dei requisiti per la partecipazione alla gara appare non costituzionalmente illegittima, in quanto destinata ad incidere direttamente sulla effettività della concorrenza tra i partecipanti alla gara (e quindi riconducibile alla competenza esclusiva statale sulla tutela della concorrenza);
– art. 75, comma 1 e 113: la fissazione delle garanzie fideiussione e delle copertura assicurative richieste per la presentazione dell’offerta (art. 75) e l’esecuzione del contratto (art. 113) può essere ricondotta, rispettivamente, alla potestà esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza ed ordinamento civile;
– art. 84, commi 2,3, 8 e 9: la disciplina delle funzioni, della composizione e delle modalità di nomina dei componenti della Commissione giudicatrice incaricata di esprimersi nell’ipotesi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non può essere ricondotta alla tutela della concorrenza, bensì attiene più specificamente alla organizzazione amministrativa degli organismi cui è affidato il compito di procedere alla verifica del possesso dei requisiti per l’aggiudicazione della gara; la disposizione impugnata appare conseguentemente illegittima nella misura in cui riferita all’attività contrattuale delle regioni;
– art. 88: la disciplina dettagliata del procedimento di verifica e di esclusione delle offerte ritenute “anormalmente basse” è finalizzata in chiave prevalente alla garanzia della concorrenzialità nella fase di scelta del contraente e come tale è riconducibile alla potestà esclusiva statale sulla tutela della concorrenza;
– art. 98, comma 2: la disposizione in titolo stabilisce che, al fine di accelerare la realizzazione di infrastrutture di trasporto, viabilità e parcheggi, l’approvazione dei progetti definitivi da parte dei Comuni costituisce variante urbanistica a tutti gli effetti; tale disposizione, pur presentano collegamenti con la materia dell’ambiente per le finalità perseguite, afferisce prevalentemente all’ambito materiale di potestà concorrente del governo del territorio; in tale ambito, spetta evidentemente allo Stato dettare solo i principi fondamentali della materia, da cui l’illegittimità costituzionale della norma in esame che, per il suo contenuto precettivo puntuale, non lascia alcun spazio di intervento alla disciplina regionale;
– art. 121, comma 1: la disposizione stabilisce che ai contratti pubblici sotto soglia si applicano le regole relative ai contratti sopra soglia. La Corte nega al riguardo che la distinzione tra contratti sotto soglia e sopra soglia possa essere invocata quale utile criterio ai fini dell’individuazione dell’ambito materiale della tutela della concorrenza: anche un appalto sotto soglia può infatti giustificare un intervento unitario da parte dello Stato, sicché se ne giustifica la riconduzione alla materia della tutela della concorrenza;
– art. 53, comma 1: la disposizione in titolo da un lato individua in modo tassativo ed esaustivo le tipologie dei contratti mediante i quali possono essere realizzati i lavori pubblici; dall’altro lato, disciplina la fase di esecuzione del contratto di appalto e subappalto, individuando le procedure per la scelta dei soggetti cui deve essere affidata l’attività di direzione dei lavori. Per entrambi questi profili di regolazione, viene in rilievo la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, in quanto spetta allo Stato individuare, per garantire uniformità di trattamento sull’intero territorio nazionale, il tipo contrattuale da utilizzare per la regolamentazione dei rapporti di lavori, servizi e forniture.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2 (limitatamente alle parole “province autonome”), dell’art. 84, commi 2, 3, 8 e 9 (nella parte in cui non prevede che le norme in esso contenute abbiano carattere suppletivo e cedevole per i contratti inerenti a settori di competenza regionale), dell’art. 98, comma 2 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Le altre disposizioni oggetto di impugnazione sono dichiarate in parte inammissibili ed in parte non fondate.

a cura di Elena Griglio