Sono ammissibili i quesiti referendari sulle leggi per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

30.01.2008

Corte costituzionale, 30 gennaio 2008, n. 15

Corte costituzionale, 30 gennaio 2008, n. 16

Tipo di giudizio:
Giudizio di ammissibilità, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, delle richieste di referendum popolare per l’abrogazione di alcune disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati) e di alcune disposizioni del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica).

Disposizioni oggetto di richiesta di referendum popolare:

La Corte giudica l’ammissibilità delle richieste referendarie che investono alcune parti del Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, volte ad abrogare la possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste, con il principale effetto di restringere alle sole liste singole la possibilità di ottenere il premio di maggioranza.

Argomentazioni dei presentatori del referendum popolare:

Nelle memorie illustrative depositate i presentatori sostengono che i quesiti referendari rispetterebbero tutte le condizioni poste dalla giurisprudenza costituzionale, essendo in particolare dotati delle necessarie qualità della chiarezza, univocità ed omogeneità e diretti ad abrogare solo parzialmente le normative elettorali, senza sostituirle con discipline estranee allo stesso contesto normativo.
Le normative di risulta sarebbero inoltre immediatamente applicabili e non presenterebbero né impedimenti, né inconvenienti dello stesso tipo di quelli rilevati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 32 del 1993.
La difesa dei presentatori, infine, esclude che i quesiti siano inammissibili a causa della presunta incostituzionalità delle normative di risulta.

Argomentazioni della Corte:

Preliminarmente la Corte ribadisce che, ai fini dell’ammissibilità, un referendum in materia elettorale deve essere necessariamente parziale, dovendo cioè investire solo specifiche norme contenute negli atti legislativi che disciplinano le elezioni della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica, dal momento che le leggi elettorali appartengono alla categoria delle leggi costituzionalmente necessarie, la cui esistenza e vigenza è indispensabile per assicurare il funzionamento e la continuità degli organi costituzionali della Repubblica. Da tale punto di vista, la Corte giudica i quesiti referendari proposti tali da lasciare in vita il nucleo essenziale delle normative: senza le liste non sarebbero infatti possibili le elezioni, mentre senza le coalizioni verrebbe meno esclusivamente una facoltà di cui i partiti o i gruppi politici organizzati possono avvalersi per esprimere in anticipo una convergenza politica e programmatica che si riflette nell’unicità del programma elettorale e nella dichiarazione del nome e cognome della persona da essi indicata come unico capo della coalizione.
In aggiunta, la Corte rileva che le manipolazioni prospettate non superano i limiti propri di ogni proposta di abrogazione referendaria riguardante una legge elettorale, in quanto esse non mirano a sostituire le discipline vigenti con altre assolutamente diverse ed estranee al contesto normativo, ma utilizzano i criteri di assegnazione dei seggi già esistenti, limitandosi a restringere l’arco delle possibilità offerte ai partiti e ai gruppi politici.
Proseguendo nel suo ragionamento, la Corte esclude poi che in sede di controllo di ammissibilità dei referendum possano venire in rilievo profili di incostituzionalità e di irragionevolezza sia delle leggi oggetto di referendum sia delle normative di risulta; ciò nondimeno il Giudice delle leggi segnala al Parlamento l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o seggi.
La Corte rileva inoltre che i quesiti referendari non si pongono in contrasto né con il principio dell’eguaglianza del voto di cui all’articolo 48 della Costituzione, né con l’articolo 49 della Costituzione, dal momento che è da rigettarsi l’ipotesi per cui i quesiti referendari, tendendo a costringere i partiti politici a confluire in liste uniche, finirebbero per far perdere loro la propria identità tutelata dalla Costituzione.
Infine, quanto al rischio che l’eventuale presentazione di liste formate complessivamente da un numero di candidati pari anche soltanto ad un terzo dei seggi assegnati alla circoscrizione possa condurre, in ipotesi estreme, alla mancata assegnazione di seggi e alla possibilità che il premio di maggioranza non venga assegnato, la Corte rileva che tale evenienza è ipotizzabile anche a legislazione invariata e richiama pertanto l’attenzione del Parlamento e delle forze politiche auspicando l’introduzione di adeguate norme di chiusura.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara ammissibili le richieste di referendum popolare per l’abrogazione di alcune disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati) e di alcune disposizioni del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica).

Giurisprudenza richiamata:

– Sull’ammissibilità del referendum abrogativo su leggi elettorali: sentenze nn. 47 del 1991, 32 del 1993 e 13 del 1999.
– Sulle caratteristiche indispensabili che devono essere possedute dai quesiti referendari ai fini della loro ammissibilità: sentenze nn. 16 del 1978, 25 del 1981, 29 del 1987 e 32 del 1993.
– Sulla manipolazione dei referendum abrogativi: sentenze nn. 32 del 1993, 26 del 1997 e 36 del 1997.
– Sull’impossibilità che in sede di controllo di ammissibilità dei referendum possano venire in rilievo profili di incostituzionalità sia della legge oggetto di referendum sia della normativa di risulta: sentenze nn. 45, 46, 47 e 48 del 2005.

a cura di Chiara Aquili