Revoca dalla carica di consigliere di una comunità montana Consiglio di Stato, sez. V, 11 febbraio 2003, n. 707

13.02.2003

Consiglio di Stato, sez. V, 11 febbraio 2003, n. 707

Il Consiglio di Stato sancisce la revocabilità dell?incarico di consigliere di una comunità montana ove venga meno il rapporto di rappresentatività fra consigliere e la parte consiliare che lo ha espresso.

Il giudice amministrativo ha già ben evidenziato in passato come le Comunità montane godessero nell?ordinamento italiano, già prima della legge 8 giugno 1990 n. 142, di una posizione particolare, tale da non poterle assimilare ad un mero fenomeno associativo tra Comuni e tanto meno ad un Ente strumentale dei Comuni o della Regione o in qualche modo da essi  ?dipendente?, trattandosi di  un ?Ente autonomo locale? a tutti gli effetti, avente una propria specifica ragion d?essere nel contesto dei poteri locali e una fisionomia istituzionale, fissata in via generale e obbligatoria dalla legge, equiparabile per molti versi ai Comuni ed alle Province.
A partire dalla legge 142/90 la veste istituzionale di specifico soggetto di autonomia della Comunità montana esce indubbiamente rafforzata, non solo per il riconoscimento esplicito della qualifica di Ente locale territoriale, ma ancor più per il fatto che la Comunità viene configurata come uno dei poli dell?ordinamento istituzionale differenziato previsto per le zone montane, titolare anzitutto di funzioni proprie (vedi gli interventi speciali per la montagna e la programmazione socioeconomica), oltre che della gestione, in via associata o per delega, di funzioni dei Comuni nonché di funzioni attribuibili o delegabili direttamente alla Comunità dalla Regione o dalla Provincia.
In quanto Enti locali, posti sullo stesso piano istituzionale dei Comuni, esse traggono la loro origine costitutiva da leggi regionali che creano tali entità giuridiche tra Comuni montani e parzialmente montani della stessa Provincia, allo scopo di promuovere la valorizzazione delle zone montane e l?esercizio di funzioni comunali in una dimensione che si colloca ad un livello intermedio tra gli Enti territoriali (Province e Comuni) e gli Enti strumentali della Regione.
Vi è inoltre un esplicito riconoscimento di autonomia statutaria e di autoorganizzazione, analogamente a quanto previsto a tal fine per i Comuni e le Province.
Tutto ciò è assolutamente incompatibile con la qualificazione della Comunità montana quale  Ente associativo, basato su un rapporto fiduciario con i Comuni, e legato quindi alla designazione di rappresentanti che potrebbero quindi essere revocati in qualsiasi momento dai Consigli comunali.
Da quanto esposto consegue l?inapplicabilità in via di principio alle Comunità montane delle norme dell?ordinamento degli Enti Locali che prevedono la possibilità di una revoca dei rappresentanti giustificata dal semplice venir meno del rapporto fiduciario.
Ciò nonostante deve tuttavia osservarsi che la legge 3 dicembre 1971 n. 1102 tende a garantire un rapporto di rappresentatività tra i Consiglieri comunali eletti in seno al Consiglio della Comunità montana e la componente consiliare (maggioranza o minoranza) da cui promanano.
L?art. 29, comma 7, lett. b), della legge n. 142 del 1990, abrogando gli artt. 3, 5 e 7 della legge n. 1102 del 1971, aveva  lasciato in vigore l?art. 4 (peraltro a sua volta abrogato dall?art. 7, comma 3, della legge 3 agosto 1999, n. 265), che subordinava la costituzione delle Comunità montane ad una legge regionale che doveva prevedere un organo deliberante, con la partecipazione della maggioranza e della minoranza di ciascun Consiglio comunale, ed un organo esecutivo ispirato ad una visione unitaria degli interessi dei Comuni associati.
L?art. 27, comma 2, ultimo periodo, del T.U. 18 agosto 2000, n. 267, attualmente vigente, conferma che i rappresentanti dei Comuni della Comunità montana sono eletti dai Consigli dei Comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze.
Pertanto, ad avviso del Consiglio di Stato, l?evoluzione del quadro normativo di riferimento corrobora l?opinione che l?esercizio della potestà di revoca è possibile quando, venga platealmente meno il rapporto di rappresentatività tra il Consigliere comunale designato in seno al Consiglio comunitario e la maggioranza che lo ha espresso.
In tal caso è prevalente, invero, l?esigenza di ristabilire l?equilibrio tra rappresentanti della maggioranza e della minoranza, quali espressioni della volontà popolare, affinché il Consiglio comunitario abbia una composizione aderente alla volontà espressa dagli elettori nella formazione dei Consigli comunali.
In relazione a tali esigenze, quindi, deve ammettersi, in via di eccezione, la revocabilità dell?incarico ove, come nella fattispecie, venga meno il rapporto di rappresentatività fra il consigliere e la parte consiliare che lo ha espresso.
Né varrebbe osservare che il mandato di Consigliere delle Comunità montane, ancorché derivante da elezioni di secondo grado, sarebbe sempre un mandato elettivo, attributivo perciò di un ufficio da esercitare in assoluta libertà, che verrebbe ad essere limitato se ritenuto revocabile.
Si tratta di un rilievo che è fondato con riguardo al Consigliere comunale, eletto con elezione diretta, il cui mandato deve essere svolto in piena autonomia rispetto al corpo elettorale, che non ha alcun potere di revoca ed al quale deve rispondere solo sotto un profilo politico in senso ampio. E? invece infondato per quanto concerne un?elezione indiretta o di secondo grado basata su uno specifico rapporto tra maggioranza (o minoranza) ed eletto, per cui, se l?eletto non può più ritenersi espressione della parte consiliare che lo ha designato, la revoca è lo strumento legittimo per ristabilire la condizione voluta dalla legge al fine di assicurare l?equilibrata rappresentanza della maggioranza e della minoranza, che sarebbe altrimenti alterata.
I Consiglieri comunitari, del resto, come suggerisce lo stesso art. 42 del t.u. 267/00, sono ?rappresentanti del Consiglio comunale?, non del Comune, a testimonianza della loro rappresentatività del ?corpus? dentro l?organo comunitario e non dell?istituzione comunale unitariamente intesa (per la nomina dei ?rappresentanti del Comune? presso enti, aziende ed istituzioni provvede direttamente il Sindaco, seppur sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio comunale, ai sensi dell?art. 50, comma 8, t.u. 267/00).
Inoltre la revoca trova fondamento di legittimità nei principi generalissimi governanti gli atti di secondo grado, e non necessita di una precipua previsione legislativa, peraltro esistente (art. 50, comma 8, t.u. 267/00, cit.) solo nel caso della revoca dei rappresentanti del ?Comune?, a cura del Sindaco.

a cura di Vincenzo Antonelli