Leale collaborazione tra Stato e Regioni in tema di organizzazione e funzionamento dei Servizi per le tossicodipendenze Corte Costituzionale, 13 – 27 marzo 2003, n. 88

13.03.2003

Corte Costituzionale, 13 – 27 marzo 2003, n. 88

La Provincia autonoma di Trento e la Regione Emilia – Romagna hanno sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, in relazione al decreto adottato dal Ministro della salute di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, 14 giugno 2002, recante ‘Disposizione di principio sull’ organizzazione e sul funzionamento dei servizi per le tossicodipendenze delle aziende unità sanitarie locali – Ser.T., di cui al decreto ministeriale 30 novembre 1990, n. 444 ”.

Il decreto ministeriale (alla base del conflitto) viene valutato dalla Corte Costituzionale sotto un duplice profilo: come atto amministrativo o normativo regolamentare, ovvero come espressione della competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’ art. 117, comma 2, lett.m).
Sotto il primo aspetto si noti che il decreto in esame è privo dei requisiti di forma propri dei regolamenti statali (…… manca la corrispondente denominazione,…… manca il parere del Consiglio di Stato…), così che formalmente si pone come un comune atto amministrativo. Dal punto di vista sostanziale invece, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio atto normativo di tipo regolamentare che non si limita a specificare ed integrare la precedente normativa governativa intervenuta sulla materia (in particolare, d. P. C. m. 1990 n.444; d. P. C. m. 29 novembre 2001) ma introduce prescrizioni dettagliate ed ulteriori sull’organizzazione ed il funzionamento dei Ser.T., immettendosi in ambiti materiali di competenza (quello della tutela della salute, quello dell’ assistenza sociale), oggi propri delle Regioni. Nei termini fin qui esaminati, deve ritenersi che il decreto 14 giugno 2002 sia stato emanato in applicazione dell’art. 118, comma 1 del d.P.R.. del 1990 n. 309, testo unico che riunisce e coordina le leggi concernenti gli stupefacenti e le sostanze psicotrope, in funzione della prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza. In particolare l’ art. 118, comma 1, prevede che il Ministro della sanità di concerto con il Ministro degli affari sociali determinano con proprio decreto ‘l’organico e le caratteristiche organizzative e funzionali dei servizi per le tossicodipendenze da istituire presso ogni Unità sanitaria locale’. Tuttavia per effetto prima, dei decreti legislativi 1992 n. 502, e 1999 n.229 (che conferiscono alle Regioni la gestione organizzativo- funzionale dei servizi e delle attività a tutela della salute), poi, della revisione del titolo V parte seconda della Costituzione (per il quale oggi la materia della salute rientra nella potestà legislativa concorrente delle Regioni, così come rientra nella potestà legislativa residuale delle Regioni, la materia dell’assistenza sociale e sanitaria), l’art. 118 deve ritenersi non più operante. Segue che il decreto ministeriale in esame, quand’anche adottato con i requisiti di forma richiesti dalla legge 1988 n. 400, resta comunque illegittimo: invero, in base al comma 6, del novellato art. 117, Cost., la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie in cui ha legislazione esclusiva, tra le quali, lo ricordiamo, non figura la tutela della salute (art. 117, comma 2).
La Corte respinge anche la ricostruzione del decreto ministeriale in esame come espressione di quella fondamentale competenza dello Stato concernente la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”(art. 117, comma 2, lett.m). Osserva la Corte, che la limitazione dell’ autonomia organizzativa e funzionale delle Regioni quale consegue al decreto , risulta oltre che dal suo contenuto (ad esempio nel prescrivere la presenza di privati nei Ser.T., comprime la discrezionalità delle Regioni cui solo spetta questo tipo di decisione che, come è evidente, comporta la commistione tra pubblico e privato), anche dall’iter procedurale seguito (risulta dagli atti di causa che il decreto è stato adottato tra l’altro senza aver previamente sentito la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, così come richiesto dall’ art. 118, d.P.R.. del 1990 n. 309.). Il decreto in breve non costituisce il risultato di quella leale collaborazione tra Stato e Regioni, che dovrebbe informare in maniera sempre più pregnante i loro rapporti. Dall’ esame che la Corte compie di tutta una serie di norme di legge, anteriori e posteriori alla novella del testo costituzionale, emerge che intanto la suddetta “determinazione dei livelli essenziali” è in grado di realizzare una tutela omogenea sull’intero territorio nazionale dei diritti civili e sociali, in quanto non sia unilateralmente imposta dallo Stato, ma concordata da quest’ultimo con le Regioni e le comunità locali, più vicine ai bisogni ed alle istanze dei soggetti cui tali diritti pertengono. Ecco allora il motivo per cui la Consulta nell’annullare il decreto 14 giugno 2002, dichiara che “….non spetta allo Stato determinare ulteriori limiti organizzativi e funzionali in materia di Ser.T., con forme e modalità non riconducibili alla speciale procedura di determinazione dei livelli essenziali di assistenza nel settore sanitario legislativamente stabilita….” . L’eccezionalità della compressione dell’ autonomia regionale quale può conseguire alla determinazione con atto dello Stato dei c.d.“livelli essenziali” (…. in materia sanitaria, ma dobbiamo credere in ogni altra materia in cui la determinazione unilaterale con legge dello Stato dei “livelli essenziali” di tutela, rischia di compromettere l’autonomia regionale), trova un giusto contrappeso nella consapevole partecipazione delle Regioni all’ iter procedurale che conduce all’ adozione di quell’atto.

a cura di Giuliana Bianchi