La Corte ammette la normativa statale di dettaglio in tema di tributi degli enti locali Corte costituzionale, 20-26 gennaio 2004, n. 37

13.01.2004

Corte costituzionale, 20-26 gennaio 2004, n. 37

Le Regioni Basilicata ed Emilia-Romagna hanno sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 10, comma 1, lettere a), b), c), 25, commi 1 e 5 e 27, commi 8, 9, 10 e 11 della legge 28 dicembre 2001, n.448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), con riferimento agli artt.3, 5, 114, 117 e 119 della Costituzione.
La Regione Basilicata ha impugnato gli articoli 10 e 27 della citata legge che riguardano il regime tributario e le entrate degli enti locali, nonché la materia concorrente del “governo del territorio”; ad avviso della ricorrente, l’ambito concernente il sistema tributario e la finanza degli enti locali è oggetto di potestà legislativa residuale ed esclusiva delle Regioni, e ciò preclude qualsiasi intervento statale, anche alla luce della “pari dignità” acquisita dalla legge regionale nell’ordinamento giuridico, in ossequio agli articoli 3, 5, 114, 117 e 119 della Costituzione. Inoltre, aggiunge la Regione, la normativa statale impugnata non si limita alla sola determinazione dei principi fondamentali, ma è particolarmente invasiva della competenza regionale nella misura in cui introduce disposizioni di dettaglio senza alcuna clausola di cedevolezza a favore della fonte legislativa regionale.
La Regione Emilia-Romagna, dal canto suo, ha ritenuto incostituzionale la previsione di cui all’art.25 della legge 28 dicembre 2001, n.448, per violazione del principio di certezza delle risorse finanziarie sotteso all’art.119, secondo comma della Costituzione.

La Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate. In via preliminare, la Corte non ritiene configurabile una potestà esclusiva delle Regioni sul sistema finanziario e tributario degli enti locali. A conferma di ciò, il giudice delle leggi precisa che l’attuazione dell’art.119 della Costituzione ha come premessa necessaria l’intervento del legislatore statale, volto sia a definire le grandi linee del sistema tributario, individuando gli spazi e i limiti entro i quali trova esplicazione la potestà impositiva rispettivamente di Stato, Regioni ed enti locali, sia a prevedere una disciplina transitoria che consenta il passaggio dal vigente sistema ad uno nuovo. Si sottolinea inoltre, che allo stato attuale della legislazione, non esistono tributi propri regionali, intesi come il frutto di un’autonoma capacità impositiva delle Regioni.
In materia di tributi locali, stante la riserva di legge di cui all’art.23 della Costituzione, deve ancora essere definito l’ambito in cui si potrà esplicare la potestà regolamentare dei suddetti enti, nonché il rapporto tra legislazione statale e regionale per quanto riguarda la disciplina di grado primario dei tributi locali, che potrebbe configurarsi su tre livelli (legislativa statale, regionale e regolamentare locale) oppure su due (statale e locale o regionale e locale).
A giudizio della Corte, non è ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potestà regionali autonome senza la normativa statale di coordinamento, né è possibile un intervento delle Regioni sui tributi esistenti, la cui modifica, compresa quindi la disciplina di dettaglio, è competenza del legislatore nazionale, nel rispetto degli spazi di autonomia già riconosciuti da leggi statali alle Regioni e agli enti locali.
Rispetto alla questione specifica della modifica delle esenzioni dell’imposta sulla pubblicità, la Corte sostiene che essa non rientri nel “governo del territorio”, come lamentava la Regione, ma attiene agli aspetti tributari costituendone integrazione.

a cura di Rosella Di Cesare