Silenzio dell’ amministrazione comunale e poteri di vigilanza in materia urbanistico-edilizia . La rinnovata dimensione del giudizio sul silenzio rifiuto Consiglio di Stato, sez. V, 2 dicembre 2003 – 19 febbraio 2004, n. 677

13.02.2004

Consiglio di Stato, Sez. V, 2 dicembre 2003 – 19 febbraio 2004, n. 677

Con sentenza 15 gennaio del 2001, n. 11, il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano – ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Haus Sand di Mairhofer Maria Luisa & Co. O.H.G. avverso il Comune di Campo Tures . La ricorrente è proprietaria di un immobile posto su un terreno confinante (verso monte) con un terreno di proprietà dei signori Thaler – Ausserhofer : quest’ ultimi hanno sulla loro proprietà realizzato, oltre che un edificio ad uso abitativo, una struttura di supporto che, nata per contenere il terreno a monte di proprietà della ricorrente, avrebbe finito in realtà con l’invaderlo. A seguito di ciò la ricorrente, con un formale atto di diffida, si è rivolta al Comune perché questo desse conto della reale esistenza di provvedimenti abilitativi relativi a tale struttura, o in caso contrario, perché adottasse provvedimenti di sua competenza . Il Comune si è limitato a comunicare i provvedimenti in base ai quali i coniugi Ausserhofer sono stati abilitati ad edificare sul terreno di loro proprietà; si è astenuto di contro dall’adozione di un qualsivoglia provvedimento espresso (così come sollecitato dalla ricorrente) e senza, tra l’altro, spiegarne le ragioni. Tanto è bastato alla ricorrente per ritenere che il silenzio serbato dal Comune ( cui l’abuso edilizio è stato denunciato e per il quale è stato diffidato a provvedere) integrasse gli estremi del silenzio rifiuto, avverso cui è dunque insorta innanzi al TAR. Ha ritenuto il TAR di dover respingere il ricorso in quanto non perfezionata la fattispecie formativa del silenzio rifiuto dal momento che il Comune ha provveduto comunque ad esibire la documentazione amministrativa richiesta; tra l’altro, ha osservato il TAR, non potrebbe l’amministrazione riesaminare un proprio atto ormai divenuto inoppugnabile.
La Haus Sand avverso tale pronuncia ha successivamente promosso appello al Consiglio di Stato perché venga dichiarato l’obbligo della P. a. di riesaminare i provvedimenti concessori rilasciati a favore degli Ausserhofer . In accoglimento dell’ appello, il Consiglio di Stato (V Sezione, n. 1970 del 2002) ha dichiarato che la documentazione esibita dal Comune non può ritenersi esaustiva dell’ istanza della ricorrente, e che esiste allora l’ obbligo del Comune di provvedere sull’ istanza della ricorrente, di rivedere cioè l’iter procedimentale ad esito del quale quei provvedimenti concessori sono stati emanati,…. di verificare se la struttura di contenimento realizzata fosse in realtà abusiva (… in quanto non autorizzata, o comunque adottata in dispregio delle prescrizioni del provvedimento concessorio ) e, susseguentemente, di adottare in merito un provvedimento espresso. Esistono quindi per il giudice di appello le condizioni oggettive per cui l’amministrazione comunale verificata la legittimità o meno delle opere realizzate, adotti i provvedimenti (amministrativi) di competenza.
Il Comune in esecuzione della pronuncia del giudice di appello, ha posto in essere una nota dal contenuto esplicativo dei rapporti intercorsi con i coniugi Ausserhofer relativamente allo svolgimento di attività edificatoria. La ricorrente ritiene che tale atto non costituisca quel provvedimento espresso di natura sanzionatorio-repressiva da essa in realtà auspicato, e la cui emanazione diviene doverosa ove risulti accertata l’ abusività della realizzata struttura di contenimento. Di qui la proposizione di un’ istanza esecutiva del precedente giudicato, e nel suo contesto la specifica nomina da parte del giudice, su richiesta della stessa Haus Sand, di un commissario ad acta che provveda in luogo dell’ amministrazione inadempiente (art. 21 bis, l. n. 1034 del 1971, introdotto dalla art. 2, comma 1, l. n. 205 del 2000).

La cognizione del giudice amministrativo sul silenzio della pubblica amministrazione ha delle caratteristiche peculiari, che inducono ad affrancarla da una dimensione meramente impugnatoria degli atti amministrativi suscettibili di caducazione o riforma, e a correlarla invece al significato di un dato comportamento della pubblica amministrazione.
La pubblica amministrazione anzichè provvedere espressamente sull’istanza ad essa presentata, potrebbe assumere un atteggiamento passivo che, proprio perchè tale, alimenta un senso di incertezza in chi (soggetto pubblico o privato) quella istanza ha presentato, non lasciando infatti prevedere se, e comunque quando, essa intenderà provvedere. Proprio ad evitare il protrarsi di ogni incertezza, prima l’elaborazione giurisprudenziale, poi l’evoluzione legislativa, hanno ricollegato all’ inutile decorso del tempo ed alla volontà ( o… meglio ancora.. alla non volontà) di provvedere su una determinata istanza, un valore legale tipico, di diniego o di accoglimento. In concreto, ed in specie nelle ipotesi in cui il silenzio non ha una sua valenza provvedimentale , ma costituisce un mero inadempimento privo di ogni ulteriore qualificazione normativa, il giudice amministrativo è chiamato a dichiarare previo accertamento dell’esistenza di un obbligo di provvedere, l’illegittimità dell’ inerzia della pubblica amministrazione.
Nel caso qui in esame il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto partendo dalla considerazione che l’ amministrazione comunale di Campo Tures ha comunque provveduto sull’ istanza esibendo la documentazione concessoria richiesta; il TAR ha evidenziato inoltre come non possa dirsi obbligata l’amministrazione comunale a riesaminare gli atti della serie procedimentale conclusasi con il rilascio dei titoli abilitativi ad edificare a favore dei coniugi Ausserhofer, atteso che questi atti sono divenuti inoppugnabili con il decorso dei termini di impugnativa.
Sembra andare oltre, la valutazione in grado di appello del Consiglio di Stato, incentrata invece sulla corretta individuazione della posizione giuridica soggettiva dei soggetti terzi. Non venendo in considerazione un’ azione impugnatoria propriamente detta (al più la valutazione del legittimo completamento della fattispecie formativa del silenzio rifiuto……. ad esempio se il silenzio dell‘amministrazione comunale sia stato o meno formalizzato mediante un atto di diffida o messa in mora), il Consiglio di Stato è invece chiamato alla definizione di una realtà complessa, ove il rapporto tra il Comune ed i soggetti titolari del permesso a costruire si intreccia con quello del Comune con i soggetti terzi e, in materia di abusi edilizi, con i terzi proprietari. Vi è cioè una giustapposizione, tra il potere – dovere dell’amministrazione comunale di rilasciare permessi a costruire ed il legittimo interesse della collettività locale acchè tale potestà sia esercitata nel rispetto delle caratteristiche urbanistico – edilizie dell’ area comunale e dell’ ordinato sviluppo del territorio, della salvaguardia delle posizioni di dominio preesistenti e, complementarmente, dell’ opportuno esercizio da parte dei dirigenti o dei responsabili dei competenti uffici comunali dei poteri di vigilanza in materia urbanistico – edilizia ( art. 4, l.1985 n.47; artt. 27- 29, d.p.r. n. 380 del 2001; artt. 107 e 109, comma 2, d. lgs. n. 267 del 2000). I soggetti terzi, che siano anche proprietari , sono titolari di una situazione sostanziale di interesse “qualificata” dalle statuizioni normative che prendono in considerazione il loro particolare status ( ad esempio, art. 11, comma 3, testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia approvato con d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 ) e “differenziata” rispetto a quella degli altri soggetti, dalla relazione di vicinanza fisica con l’area in cui viene perpetrato l’abuso (come accade per il fondo di proprietà della ricorrente).
Nel nostro caso la ricorrente ha espressamente denunziato al Comune l’ edificazione di una struttura non contemplata dai titoli di assenso edilizio rilasciati a suo tempo ai coniugi Ausserhofer ; nel silenzio del Comune di Campo Tures, la Haus Sand allora, con successivo atto, ha intimato al Comune stesso di provvedere sull’ istanza, o quanto meno, in via residuale, di spiegare le ragioni del suo non provvedere. Il prolungato silenzio del Comune, dapprima sulla segnalazione dell’ abuso, poi sul formale atto di diffida a provvedere, hanno sospinto la Haus Sand ad insorgere innanzi al TAR ed, avverso la pronuncia di quest’ ultimo, al Consiglio di Stato. Soffermiamoci ora sulla sua decisione.
A garanzia della certezza del diritto non esiste un obbligo per la P.a. di riesaminare i propri atti (anche se illegittimi) quando sono spirati i termini decadenziali per l’ impugnativa degli stessi ; in caso diverso diverrebbe possibile, pur scaduti i termini di impugnativa, proporre avverso atti ormai inoppugnabili, censure non tempestivamente proposte (Consiglio di Stato, V Sezione, n. 1765 del 2001; TAR Campania, Sezione IV, n. 7198 del 2002; Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 4135 del 2002). E’ anche vero però che la pubblica amministrazione resta libera di valutare l’ opportunità di riesaminare un provvedimento da essa precedentemente emanato, in specie quando risultino per suo effetto pregiudicati i diritti dei terzi (Consiglio di Stato, Sezione V, n. 7132 del 2003). I terzi proprietari , titolari verso la pubblica amministrazione di un interesse legittimo all’ ordinato sviluppo del territorio (…….acchè l’attività edificatoria sia svolta nel rispetto della legge e sulla base di un titolo di assenso edilizio,……che questo sia stato rilasciato a seguito di un’ attenta ponderazione da parte degli organi competenti degli interessi pubblici e privati ad esso sottesi…….) sono qualificati a denunziare gli abusi edilizi ed a sollecitare un intervento amministrativo. Il silenzio serbato dall’ amministrazione competente su una circostanziata denunzia, nonché su una successiva diffida a provvedere (fatta allo scopo di formalizzare il mero fatto del silenzio e in vista della doverosa e susseguente adozione di un provvedimento espresso che di questo silenzio quantomeno spieghi le ragioni), costituisce il fondamento per una duplice tutela, del giudice ordinario e del amministrativo. Quella del giudice ordinario, quale giudice dei diritti soggettivi tra proprietari confinanti, cui può essere richiesto il risarcimento del danno subito per effetto della violazione delle norme di edilizia (come quelle concernenti i rapporti di vicinato, le distanze tra costruzioni..) nonchè (ove possibile) la demolizione della costruzione abusiva (cfr., art. 872 c. civ.). Quella del giudice amministrativo, innanzi al quale viene fatto valere l’ interesse legittimo degli amministrati ad un adeguato monitoraggio sull’ attività edificatoria esercitata sul territorio ed il pregiudizio conseguente al mancato esercizio da parte dell’amministrazione comunale dei propri poteri in materia di polizia urbana. Resta fermo però che l‘amministrazione a conclusione del giudizio sul silenzio rifiuto ed in esecuzione della pronuncia del giudice è tenuta ad abbandonare la sua precedente inerzia e ad adottare un provvedimento espresso, il cui contenuto (salve le prescrizioni del giudice ) è discrezionalmente determinato , e non necessariamente conforme, quindi, a quello prospettato dalla ricorrente. Ed in questo senso il Consiglio di Stato, pur riformando la sentenza del TAR, non ritiene tuttavia di dover accogliere l’istanza esecutiva pure proposta dalla Haus Sand.
Abbiamo invero visto come il Consiglio di Stato (Quinta Sezione, sentenza n. 1970 del 2002), in accoglimento dell’ appello della Haus Sand, ha dichiarato che a fronte della posizione qualificata della ricorrente esiste l’ obbligo della P. a. di provvedere entro e non oltre 30 gg. dalla notificazione della sentenza medesima all’ espletamento di una doverosa istruttoria a seguito della quale adottare il provvedimento dovuto, che per la ricorrente sarebbe – come è chiaro – la demolizione della denunziata struttura di contenimento. Ma il Comune di Campo Tures ha ritenuto di poter adempiere al proprio obbligo di provvedere, così come giudizialmente definito nella pronuncia del giudice di appello, producendo una nota in cui ha dettagliato natura e contenuto dei propri rapporti con i coniugi Ausserhofer. Al Consiglio di Stato, ora adito ai sensi del comma 2, dell’ art. 21, l. TAR, compete quindi accertare se con tale “nota esplicativa” il Comune di Campo Tures abbia dato esecuzione alla pronuncia di appello dichiarativa dell’ obbligo di riesaminare la sequenza procedimentale concessoria , la legittimità degli atti provvedimentali con cui questa si è conclusa, la susseguente attività edificatoria svoltasi sulla loro base. Spetta cioè al Consiglio di Stato accertare se l’amministrazione comunale, abbia così adempiuto all’ obbligo di provvedere entro un termine ragionevole con un provvedimento espresso di sua competenza (cfr., art. 2, legge n. 241 del 1990), ovvero se siano necessari ulteriori adempimenti esecutivi, quali quelli che potrebbe porre in essere un ausiliario del giudice, della cui nomina la Haus Sand ha fatto richiesta .
Il Consiglio di Stato respinge l’istanza esecutiva , ritenendo non ricorrano le condizioni oggettive per la nomina di un commissario ad acta; ritiene invero che il Comune abbia svolto un adeguata attività di riesame, provvedendo con la suddetta nota ad esplicare con precisione le ragioni della mancata adozione dell’auspicato provvedimento repressivo. Nel contesto della peculiare modello processuale strutturato dall’ art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971, non è dato dolersi dell’adozione da parte dell’ amministrazione di un provvedimento piuttosto che un altro, quando quello adottato (pur sempre impugnabile in un ordinario giudizio amministrativo di cognizione per vizi suoi propri) è comunque espressione dell’obbligo di provvedere giudizialmente definito . Il Consiglio di Stato, fa così proprio il principio affermato dall’ Adunanza plenaria con la pronuncia n. 1 del 2002: al giudice adito ai sensi dell’art. 21 bis è dato accertare l’esistenza dell’ obbligo della pubblica amministrazione di provvedere, nonchè dichiarare eventualmente l’illegittimità del silenzio; resta invece preclusa qualsivoglia pronuncia nel merito.
Per effetto dell’ introduzione dell’art. 21 bis, il silenzio rifiuto non è più oggetto di impugnativa nel contesto di un ordinario giudizio amministrativo di cui ripete la lunghezza dei tempi e la complessità delle procedure, ma è oggetto di uno speciale procedimento che si caratterizza per la sollecita procedura camerale, per la brevità dei termini di impugnativa, per la succinta motivazione della pronuncia finale, per la possibilità che il commissario ad acta, venga nominato su istanza di parte, nel corso del medesimo processo “……..senza necessità di promuovere il giudizio di ottemperanza”.
La citata pronuncia n. 1 del 2002 sembra voglia mettere da parte ogni tentazione interpretativa volta a dilatare oltre la misura loro propria i poteri cognitivi del giudice chiamato a pronunciarsi sull’ inerzia della pubblica amministrazione. Al riguardo, di frequente ci si è interrogati sul reale senso del precludere al giudice una pronuncia estesa anche al merito, ove la fondatezza o infondatezza dell’ istanza (sulla quale l’amministrazione ha serbato il silenzio) risulti evidente. Più brevemente, ove risulti manifestatamente infondata l’istanza rivolta ad ottenere un provvedimento amministrativo, ed ove l’adozione di quest’ ultimo risulti vincolata a determinati requisiti e presupposti (così che per la sua adozione sia sufficiente accertarsi della loro esistenza con esclusione di ogni altra valutazione discrezionale, che resta sempre riservata all’ amministrazione competente), non v’è ragione perché il giudice, accolga il ricorso avverso il silenzio serbato dall’ amministrazione su quell’ istanza (Consiglio di Stato, Sezione V, n. 3526 del 2000). In breve, che senso avrebbe dichiarare l’ obbligo della amministrazione di provvedere su un’ istanza, quando questa risulti evidentemente infondata? Allo stesso modo, ove risulti evidente la fondatezza dell’ istanza, perché non consentire al giudice, oltre all’ annullamento del silenzio rifiuto, anche la specificazione del contenuto dell’ ottemperanza, ovverosia la determinazione del “….. contenuto dell’atto che l’amministrazione deve adottare a soddisfazione dell’interesse del ricorrente”, pur nella salvezza di quegli ambiti decisionali che sono riservati in via esclusiva ai poteri di valutazione discrezionale della pubblica amministrazione? Dietro questo tipo di interpretazione giurisprudenziale c’è la preoccupazione “…….di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale ed evitare che un ricorso avverso il silenzio – rifiuto della P.a., trattato con la procedura (e i tempi) di un giudizio ordinario, potesse essere definito a distanza di anni con una mera pronuncia declaratoria dell’obbligo di provvedere, senza alcuna utilità sostanziale per il ricorrente, costretto comunque ad attendere l’emanazione di un provvedimento esplicito che valutasse la fondatezza delle sue pretese ed aprisse eventualmente la strada ad un nuovo (e finalmente utile) accesso alla tutela giurisdizionale”(Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n . 3803 del 2001).
Secondo l’Adunanza plenaria queste preoccupazioni non hanno più ragione di esistere alla luce della sopravvenuta normativa, così come non hanno ragione di esistere le distinzioni di carattere empirico, quali quelle che correlano al grado di maggiore o minore complessità della controversia “…….l’estensione dei poteri cognitivi e dispositivi del giudice …..”.
Al di là del rilievo attribuito dall’ Adunanza Plenaria al dato testuale, resta il fatto che il procedimento ex art. 21-bis è un procedimento di urgenza specificamente strutturato ad offrire una pronta tutela dell’ amministrato nelle ipotesi di silenzio, ed a costituire una remora per la pubblica amministrazione (il cui obbligo di verifica e risposta sulle istanze dei privati viene così ribadito) all’ adozione di atteggiamenti passivi, per evitare poi di dover sollecitamente provvedere nel contesto del rito speciale accelerato delineato dall’ art. 21 bis della legge TAR.

a cura di Giuliana Bianchi