Attività di codeterminazione e parere non vincolante Corte costituzionale, 19 dicembre 2003 – 20 gennaio 2004, n. 27

13.01.2004

Corte costituzionale, 19 dicembre 2003 – 20 gennaio 2004, n. 27

La difficoltà di pervenire ad un’ intesa tra Stato e regione Toscana per la nomina del Presidente dell’Ente parco nazionale dell’Arcipelago toscano, non può determinare “un declassamento dell’ attività di codeterminazione connessa all’ intesa in una mera attività consultiva non vincolante”.
Il decreto 19 settembre 2002, con cui il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ha provveduto alla nomina del Commissario straordinario dell’Ente parco nazionale dell’Arcipelago toscano, è alla base del conflitto di attribuzioni tra Stato e regione Toscana, ora risolto dalla Corte Costituzionale con la sentenza qui all’esame.
Secondo la Regione ricorrente, l’ atto di nomina contenuto nel decreto ministeriale sarebbe il risultato di una determinazione unilaterale dello Stato, e non anche di una determinazione congiunta Stato – Regione, così come richiesta dall’ art. 9, comma 3, della legge quadro sulle aree protette (l. 6 dicembre 1991 n. 394); invero in base a questa norma il Presidente dell’ Ente parco è nominato con decreto del Ministro dell’ ambiente d’intesa con i Presidenti delle Regioni o delle Province autonome di volta in volta interessate. Di qui, secondo la Regione, l’ illegittimità dell’ atto di nomina in esame per la sua idoneità a comprimere le prerogative costituzionali delle Regioni in materia di governo del territorio, edilizia, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, caccia, pesca, agricoltura e turismo ( in particolare commi 3 – 4, art. 117 Cost.). Pertanto la regione Toscana chiede che la Corte dichiari che non spetta al Ministro dell’ ambiente la nomina del Commissario straordinario in assenza di una previa intesa con l’amministrazione regionale, con conseguente annullamento del decreto 19 settembre 2002.
Per la Consulta il ricorso della regione Toscana è fondato.
L’atto di nomina del Presidente dell’ Ente parco è contenuto in un decreto del Ministro dell’ambiente, conformemente alla natura pubblica dell’ Ente parco ed al suo essere soggetto ai poteri di vigilanza propri di quel ministero (art. 9, comma 1, legge n. 394); inoltre tale decreto presuppone che Stato e Regione interessata abbiano raggiunto un accordo sulla persona da destinare ai vertici dell’ ente. La Corte sottolinea come la legge n. 394 contempli tra gli organi istituzionali di governo dell’ Ente parco la figura del Presidente, e non anche quella di un Commissario straordinario. La Corte osserva che pur tuttavia rientra nella discrezionalità del Ministro dell’ ambiente provvedere in determinate circostanze a nominarne uno, soprattutto quando la nomina di un Commissario straordinario risulti strumentale ai suddetti poteri di vigilanza ministeriale. Invero proprio la difficoltà per lo Stato e la regione Toscana di pervenire ad una scelta condivisa del Presidente dell’ ente, ha indotto il ministero alla designazione provvisoria di una figura commissariale. Osserva sul punto la Corte che “…..il potere di nomina del Commissario straordinario costituisce attuazione del principio generale, applicabile a tutti gli enti pubblici , del superiore interesse pubblico al sopperimento, con tale rimedio, degli organi di ordinaria amministrazione, i cui titolari siano scaduti o mancanti” ; ma, la Corte soggiunge subito dopo che “….tale potere non è esercitabile liberamente”. Non lo è, perchè tale nomina al di là della sua formale parvenza, coinvolge molteplici interessi di pertinenza regionale, come comprova che il Presidente (ma il discorso è valido qui anche per il Commissario straordinario) è preposto alla guida di un Ente collocato nella regione Toscana, e svolge, in ambiti che sono di sicura pertinenza regionale, rilevanti funzioni di responsabilità: ha la legale rappresentanza dell’ Ente , ne coordina l’attività, esplica le funzioni che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili che sottopone alla ratifica del Consiglio direttivo nella seduta successiva (comma 3). La necessità, anzi l’urgenza, di dotare, comunque, l’Ente Parco di una personalità di vertice, atteso il non positivo esito delle trattative iniziali per la nomina di un Presidente, non è argomento sufficiente a giustificare (come vorrebbe la Presidenza del Consiglio) la nomina, esclusivamente statale, di un commissario straordinario.
La leale collaborazione cui è oggi improntata la dinamica dei rapporti tra Stato e Regioni, prescrive senza dubbio il coinvolgimento paritario ed orizzontale delle Regioni alla nomina della massima carica di un organismo di diritto pubblico operante in ambito regionale. Quanto però alla figura del Commissario straordinario la Corte precisa che, la legge quadro non solo non contempla espressamente una figura commissariale, ma si limita a richiedere la previa intesa con le Regioni solo per la nomina del Presidente dell’ ente. Pertanto le reali ragioni di illegittimità del censurato decreto di nomina di un Commissario straordinario devono rinvenirsi non tanto nella circostanza che lo Stato abbia provveduto alla nomina del Commissario straordinario in assenza di una previa intesa con le Regioni (che in questa particolare ipotesi non è, dunque, prevista dalla legge), quanto nella non adeguata attivazione del ministero dell’ ambiente finalizzata all’ulteriore prosieguo delle trattative. In breve quello che inficia la legittimità del censurato decreto (cfr., Corte Costituzionale, sentenza n. 747 del 1988), non è il fatto che sia stato adottato senza un preventivo accordo con la regione Toscana, quanto la circostanza, di non poco conto, per cui il ministero non avrebbe repentinamente esperito tutti i tentativi necessari a rimuovere l’iniziale riluttanza manifestata dal Presidente della regione Toscana a nominare come Presidente dell’ Ente parco la persona indicata dal ministero medesimo,…..non avrebbe cioè esperito tutti quei tentativi necessari ad evitare il ricorso (estremo) alla nomina di un commissario straordinario, nomina alla quale, come già detto, il Governo può procedere autonomamente dal momento che la legge non prescrive per essa il coinvolgimento procedimentale delle Regioni. Nulla esclude infatti che quelle increspature che in una prima fase delle trattative avevano impedito a Stato e Regione di pervenire ad un’ intesa, fossero suscettibili di appianamento in una fase successiva, senza che fosse cioè necessario ricorrere alla nomina, svincolata da ogni onere di concertazione, di un commissario straordinario. Ricorrere alla nomina di un Commissario straordinario al primo fallimento delle trattative anziché promuovere l’ulteriore prosieguo delle medesime, appare come chiaro sintomo della volontà statale di prescindere da una consapevole valutazione della volontà regionale . Possono certamente esistere, delle difficoltà oggettive al raggiungimento dell’intesa; così come, può accadere che tali difficoltà si protraggano nel tempo al punto da compromettere la snellezza e l’efficienza procedimentale (di ciò è conferma la frequente previsione di un termine entro il quale concludere l’iter procedimentale ovvero la previsione di meccanismi sostitutivi destinati a superare eventuali atteggiamenti ostruzionistici; sul punto, Corte Costituzionale sentenza n. 351 del 1991; inoltre n. 337 del 1989, n. 21 del 1991): ma queste stesse difficoltà non possono essere presupposto per un autonomo intervento dello Stato, quando è la legge a richiedere espressamente, a salvaguardia delle prerogative costituzionali delle Regioni, la previa intesa con queste ultime (quando è cioè la legge a riconoscere alle Regioni un diritto di codeterminazione). Invero qui il legislatore non si è limitato a richiedere la semplice audizione o l’ acquisizione di mero parere non vincolante delle Regioni; ma ad un modello in cui la volontà della Regione si riduce ad un mero atto infraprocedimentale, il legislatore ha privilegiato un modello collaborativo di tipo consensuale in cui la volontà dello Stato e quella della Regione concorrono in egual misura e con egual valore alla determinazione del contenuto dell’ atto di nomina.

a cura di Giuliana Bianchi