Sul riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di riordino delle Comunità montane.Corte costituzionale, 16 luglio 2009, n. 237

16.07.2009

Corte costituzionale, 16 luglio 2009, n. 237

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalle Regioni Toscana e Veneto avverso lo Stato.

Norme impugnate e parametri di riferimento:
Entrambe le Regioni hanno impugnato l’articolo 2, commi 17, 18, 19, 20, 21 e 22 della legge della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), che hanno ad oggetto il riordino delle Comunità montane, per violazione, nel complesso, degli artt. 117, 118, 119 e 127 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione. In particolare si censurano le seguenti disposizioni:
a) L’articolo 2, comma 17, in quanto si ritiene che esso, nello stabilire che le Regioni devono procedere al riordino della disciplina delle Comunità montane, ad integrazione di quanto previsto dall’art. 27 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), violerebbe la potestà legislativa regionale di carattere residuale, di cui all’art. 117, quarto comma, Cost., alla quale va ricondotta, secondo la giurisprudenza della Corte (sono richiamate le sentenze n. 456 e n. 244 del 2005), la materia delle Comunità montane;
b) Analoghe considerazioni valgono per il comma 18 che, nell’individuare le modalità attraverso le quali le Regioni provvedono al riordinamento delle Comunità montane, è lesivo dell’art. 117, quarto comma, Cost., con riferimento sia alla disciplina dei profili ordinamentali delle Comunità montane, sia alla competenza ad organizzare il territorio in modo adeguato per l’ottimale esercizio delle funzioni regionali e comunali;
c) L’articolo 2, comma 19, in quanto ritenuto viziato di riflesso dalla illegittimità costituzionale dei precedenti commi 17 e 18;
d) L’articolo 2, commi 20 e 21 che nel prevedere che con un d.P.C.m. possa essere determinata la cessazione dell’efficacia della legge regionale ritenuta inidonea a raggiungere la prevista riduzione di spesa e un intervento statale di soppressione delle Comunità montane nel caso non sia intervenuto il prescritto riordino regionale entro il termine, irragionevolmente breve, di sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria, contrasterebbe con l’autonomia legislativa regionale in materia e configurerebbe un controllo di merito sulla legge regionale non previsto dalla Costituzione e incompatibile con il sistema delineato dall’art. 127 Cost.
e) L’articolo 2, comma 22 che, disciplinando il subentro dei Comuni alle Comunità montane secondo le regole del diritto privato, risulta invasiva degli ambiti di autonomia delle Regioni, con la conseguente violazione dell’articolo 117, comma 4, Cost.

Argomentazioni della Corte:
La Corte, in via preliminare, osserva che le disposizioni impugnate sono state modificate dall’art. 4-bis, commi 5 e 6, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97 (Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129. Tuttavia, si ritiene che la suddetta sopravvenienza normativa non abbia determinato la cessazione della materia del contendere sulle questioni sollevate a fronte del fatto che la novella legislativa ha solamente prorogato i termini per l’adempimento delle Regioni, non andando, pertanto, ad incidere sul contenuto precettivo delle norme censurate.
Inoltre, sempre in via preliminare, la Corte dichiara inammissibile le questioni di legittimità costituzionale dei commi 20, 21, e 22 solamente in riferimento alla violazione dei principi di ragionevolezza, di cui all’art. 3, Cost., e di buon andamento della pubblica amministrazione, ex art. 97, Cost., sia per la genericità sia per mancanza di legittimazione. Infatti, in base alla consolidata giurisprudenza, le Regioni sono legittimate a censurare, in via di impugnazione principale, leggi dello Stato esclusivamente per questioni attinenti al riparto delle rispettive competenze legislative, essendosi ammessa la deducibilità di altri parametri costituzionali soltanto ove la loro violazione comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite; circostanza, questa, non ravvisabile nel caso di specie.
Ciò premesso, nel tentativo di individuare l’ambito materiale al quale appartengono le norme impugnate, la Corte, ribadendo quanto già statuito in precedenti sentenze, ha asserito che nel caso in cui una normativa interferisca con più materie attribuite dalla Costituzione, da un lato, alla potestà legislativa statale e, dall’altro, a quella concorrente o residuale delle Regioni, occorre individuare l’ambito materiale che possa considerarsi nei singoli casi prevalente. Da ciò consegue che una disposizione statale di principio, adottata in materia di legislazione concorrente, quale quella del coordinamento della finanza pubblica, può incidere su una o più materie di competenza regionale, anche di tipo residuale, e determinare una, sia pure parziale, compressione degli spazi entro cui possono esercitarsi le competenze legislative e amministrative delle Regioni. In tal caso, il vaglio di costituzionalità dovrà verificare il rispetto del rapporto tra normativa di principio e normativa di dettaglio, che deve essere inteso nel senso che l’una è volta a prescrivere criteri ed obiettivi, mentre all’altra spetta l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi.
In via generale, come più volte ribadito, nella vigenza del nuovo Titolo V la disciplina delle Comunità montane rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, comma 4, Cost.; ciò, tuttavia, non esclude, di per sé, la legittimità dell’intervento legislativo effettuato con la legge finanziaria in esame.
Precisato, il quadro ordinamentale relativo agli organismi in esame occorre, dunque, stabilire se le norme impugnate possano rinvenire un autonomo titolo di legittimazione nella competenza dello Stato relativa alla armonizzazione dei bilanci pubblici ed al coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. Sicuramente possono considerarsi principi generali di coordinamento della finanza pubblica tutte quelle disposizioni relative al contenimento della spesa pubblica e al rispetto del patto di stabilità interno.
A fronte di tali premesse la Corte dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 17 e 18 della l. 244/2007. Infatti, la disciplina che stabilisce il riordino delle Comunità montane, in quanto costituisce il mezzo per pervenire a ridurre a regime la spesa corrente per il funzionamento delle medesime – per un importo pari almeno ad un terzo della quota del fondo ordinario di cui al comma 16, assegnata per l’anno 2007 all’insieme di tali organismi presenti nella Regione – completa la disciplina del citato comma 16 e partecipa, in modo inscindibile, della natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica di quest’ultimo, in quanto tende a far sì, in ultima analisi, che lo stesso trovi piena attuazione. Allo stesso modo, i principi fondamentali dettati dal comma 18, di cui le Regioni devono tener conto nel procedere al riordino delle Comunità montane, non sono vincolanti, ma costituiscono indicatori che tendono soltanto a fornire al legislatore regionale un orientamento al fine di raggiungere l’obiettivo finale del contenimento della spesa.
Viene dichiarata inammissibile la censura del comma 19 in quanto nel disporre che i criteri di cui al comma 18 valgono ai fini della costituzione delle Comunità montane e non rilevano in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionale, non è in grado di pregiudicare alcuna prerogativa regionale ed anzi limita l’efficacia di quelle norme nei cui confronti si appuntano con forza le doglianze delle Regioni ricorrenti che, pertanto difettano di interesse alla sua impugnazione.
La Corte, invece, dichiara fondata la questione di legittimità costituzionale del comma 20 per violazione delle competenze regionali, di cui all’art. 117, comma 4, Cost. Infatti, tale disposizione, contente la disciplina degli effetti in caso di mancato intervento di riordino della Comunità montane da parte delle Regioni, in quanto disciplina di dettaglio ed auto applicativa, non può essere ricondotta all’alveo dei princípi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto non lascia alle Regioni alcuno spazio di autonoma scelta e dispone, in via principale, direttamente la conseguenza, anche molto incisiva, della soppressione delle Comunità che si trovino nelle specifiche e puntuali condizioni ivi previste. A ciò va aggiunto che il comma stesso contiene anche una disposizione (quella relativa alla garanzia della presenza delle minoranze negli organi consiliari delle Comunità) che, all’evidenza, esula dalla materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto attiene esclusivamente all’ambito dell’ordinamento dei predetti organismi, che – come si è precisato – rientra nella competenza residuale delle Regioni; essa, dunque, è estranea rispetto alle esigenze del contenimento, a regime, della spesa corrente per il loro funzionamento. Le disposizioni impugnate, pertanto, in quanto determinano un vulnus alle prerogative di autonomia costituzionale delle Regioni, devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione dell’art. 117 Cost.
Parzialmente fondata, altresì, è la questione di costituzionalità relativa al comma 21: la prima parte del comma, che prevede un semplice accertamento, a fini meramente ricognitivi, dell’effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa di cui al citato comma 17, sulla base delle leggi regionali promulgate e delle relative relazioni tecnico–finanziarie, si presenta immune da vizi di costituzionalità, in quanto si tratta di attività che, sebbene rimessa ad un provvedimento amministrativo dello Stato, non è idonea a ledere prerogative di autonomia regionale e tra l’altro, opportunamente la prima parte del comma in questione dispone che il d.P.C.m. avente le suindicate finalità conoscitive e ricognitive è adottato sentite le singole Regioni interessate, vale a dire mediante il loro diretto coinvolgimento in tale attività accertative; la seconda parte, invece, che prevede un meccanismo di accertamento delle effettive riduzioni di spesa, basato su un provvedimento amministrativo adottato dal Governo da cui si fa derivare la caducazione delle leggi regionali qualora ritenute inadeguate, è illegittimo in quanto non previsto da alcuna norma costituzionale ed incompatibile con il sistema delineato dall’art. 127 Cost.
Infine, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale del comma 22, il quale dispone che le Regioni provvedono a disciplinare gli effetti conseguenti all’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 17, 18 e 20 ed in particolare alla soppressione delle Comunità montane, e nel caso di non intervento delle Regioni succedono i Comuni anche con riguardo alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, per violazione dell’art. 117, Cost. Si tratta, infatti, di una disciplina, autoapplicativa e di dettaglio, che non riveste carattere di principio fondamentale della materia relativa al coordinamento della finanza pubblica e che, pertanto, risulta invasiva di ambiti di autonomia delle Regioni, alle quali deve essere riconosciuto il potere di disciplinare direttamente e, appunto, in autonomia gli aspetti relativi alla fase successiva alla soppressione delle Comunità montane, in particolare per quanto concerne la successione dei Comuni alla Comunità montana soppressa nei rapporti giuridici riferiti a quest’ultima, con specifico riguardo, tra l’altro, ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei dipendenti.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara:
a) l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 20, 21, ultimo periodo, 22 della legge n. 244/2007;
b) l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 17, 18, 19, 20, 21 e 22, della suddetta legge n. 244 del 2007, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
c) la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 17 e 18, della suddetta legge n. 244 del 2007, in riferimento, nel complesso, agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.

Giurisprudenza richiamata:
– Sui parametri costituzionali di riferimento per le Regioni: Corte cost. sentt. nn. 289 e 216 del 2008;
– Sulla definizione degli ambiti materiali prevalenti: Corte cost. sentt. nn. 159 del 2008; n. 181 del 2006 e n. 417 del 2005;
– Sulla definizione delle competenze regionali in materia di Comunità montane: Corte cost. sentt. nn. 244 del 2005;
– Sulla definizione dei principi di coordinamento della finanza pubblica: Corte cost. sentt. nn. 425 e 4 del 2004, n. 417 e 64 del 2005, 267/2006.

a cura di Valentina Lepore