La gestione delle risorse umane nei piccoli comuni: meno limiti e più opportunità – Resoconto convegno

16.09.2004

Nell’ambito della IV Conferenza Nazionale ANCI sui piccoli comuni, tenutasi a Riva del Garda nei giorni 10 e 11 settembre, si è svolto un incontro tematico dedicato a “la gestione delle risorse umane nei piccoli comuni: meno limiti e più opportunità”.

I lavori sono stati introdotti da Valeria Castronovo, che ha messo in evidenza la crescente attenzione che gli operatori e gli attori politico-istituzionali ripongono verso le problematiche vissute dalle realtà comunali minori. In particolare, con il nuovo contratto collettivo per il personale degli enti locali si è cercato di individuare alcune risposte alle esigenze avanzate dalle autonomie individuando una serie di strumenti di semplificazione per l’utilizzo e la gestione del personale coinvolto nel processo dell’associazionismo, favorendo i processi di trasferimento del personale dai comuni aderenti all’Unione e consentendo agli enti di individuare incentivi e maggiori garanzie per il personale incaricato di posizioni di responsabilità.
Mario Caldarani si è soffermato sull’innovazione nei processi e nelle metodologie di gestione e di riqualificazione nei comuni privi di personale dirigenziale. In tutte le amministrazioni comunali è necessario procedere ad un cambiamento di una serie di fattori che incidono sull’organizzazione dell’ente comunale e sulla gestione, ma soprattutto negli enti privi di dirigenza questi cambiamenti sono imprescindibili. A tal proposito l’ultimo contratto collettivo prevede importanti novità per i comuni privi di dirigenza con specifiche disposizioni che dovranno trovare un’ulteriore integrazione nella definizione del nuovo ordinamento professionale, soprattutto con la previsione di profili polifunzionali che possano abbracciare mansioni appartenenti anche a categorie diverse. Anche il sistema di valutazione delle prestazioni lavorative dovrebbe risultare semplificato per questi Comuni, prevedendo espressamente nuclei di valutazione in forma associata o composti dal segretario e da un esperto esterno.
La gestione di questi comuni dovrebbe essere improntata al massimo dell’efficienza e dell’efficacia, ispirandosi ai criteri organizzativi delle piccole aziende. La Giunta deve chiaramente individuare gli obiettivi da perseguire, questi devono essere trasmessi alla struttura burocratica perché possano divenire risultati, attraverso una programmazione del lavoro e il raggiungimento di obiettivi di miglioramento sia qualitativo che quantitativo. Inoltre, nei piccoli comuni uno dei problemi più rilevanti è quello dell’aggiornamento e della formazione professionale del personale che deve essere perseguita con costanza nel tempo garantendo a tutti i dipendenti i necessari interventi formativi perché possano svolgere al meglio le funzioni loro affidate, rilevando i fabbisogni formativi e costruendo dei piani annuali di formazione. Anche nei piccoli e medi comuni occorre creare un sistema premiante per il personale che fa capo a tre strumenti fondamentali: le progressioni orizzontali, le progressioni verticali, gli incentivi di produttività. Queste possibilità devono essere gestite in modo serio secondo criteri meritocratici e non come un qualcosa che è a tutti dovuto.
Il tema delle Unioni di comuni e dei servizi convenzionati è stato svolto da Sergio Albenga, che ha analizzato in particolare le nuove regole per la gestione ed incentivazione del personale introdotte dal recente contratto collettivo nazionale.
L’esigenza di dettare regole precise è stata quanto mai sentita, per una duplice ragione. Nel caso delle Unioni, la loro qualificazione giuridica di nuovo ente locale non poteva non trovare una adeguata regolamentazione anche sotto il profilo dell’applicazione del contratto collettivo di lavoro, tenendo tuttavia conto della specificità della loro situazione e del fatto che stiamo tuttora vivendo, nella maggior parte dei casi, una fase di carattere transitorio, nella quale il personale utilizzato dalle Unioni è spesso il medesimo che opera presso gli enti che le costituiscono. L’altro aspetto riguarda invece la gestione dei servizi in forma associata, nella quale non ci si trova di fronte ad nuovo soggetto giuridico, bensì ad una modalità di cooperazione, prevista e consentita dalla legge, tra più enti, i quali per raggiungere il loro scopo si avvalgono di proprio personale, nella misura e con le modalità che sono disciplinate in una convenzione appositamente stipulata. In particolare per i piccoli Comuni, l’esigenza di associarsi per garantire servizi meno costosi e più efficienti è venuta progressivamente ad affermarsi nel tempo, anche a causa di numerosi interventi legislativi che hanno reso oggettivamente insostenibile la prosecuzione di una gestione limitata ad un solo Comune, specie quando si tratta di sedi con una ridotta consistenza demografica.
Superata lentamente e faticosamente la cultura del «campanile» e con ogni probabilità più per una reale necessità che per una chiara e convinta volontà politica, molti enti hanno scelto la forma della convenzione per gestire alcuni servizi. Si tratta di una modalità associativa che rispetto ai modelli tradizionali, quali per esempio il consorzio, presenta caratteri di maggiore flessibilità ed elasticità. Accanto alla gestione associata dei servizi si è parallelamente affermata una forma di cooperazione che riguarda direttamente l’utilizzo del personale, soprattutto nei piccoli comuni, laddove è particolarmente sentita la carenza di professionalità adeguate e sussiste l’impossibilità economica di sostenere la spesa per assunzioni a tempi pieno.
Della problematica del segretario comunale nei piccoli comuni si è occupato Maurizio Mascara. Il futuro della categoria dei segretari comunali e provinciali è oggetto di un annoso dibattito, esageratamente lungo se si considera che la medesima figura ha subito solo qualche anno fa, con la Bassanini bis, una trasformazione epocale. La categoria dei segretari costituisce per le comunità locali, al tempo stesso, un riferimento ed una opportunità. A seguito delle riforme dell’ultimo decennio il segretario comunale deve ormai considerarsi parte integrante della realtà degli enti locali. È finito ormai il tempo dello statalismo centralistico ed è bene che non inizi quello del neocentralismo regionalistico. La legge n. 127 del 1997 se da un lato ha sancito che la figura del segretario è una componente del mondo delle autonomie locali, dall’altro non ha avuto la lungimiranza di prevedere che l’eventuale coesistenza tra la figura del segretario e quella del direttore generale avrebbe potuto consumare progressivamente lo spazio necessario per esaltare compiutamente le capacità e le professionalità del segretario. A tal proposito la rapida evoluzione della pubblica amministrazione locale e dell’attività amministrativa consentono di individuare una serie di funzioni ulteriori, rispetto a quelle individuate dalla legge, che possono essere attribuite al segretario. Innanzitutto il segretario può costituire l’elemento di mediazione nell’attuazione del processo federalista, processo di estrema complessità che ha ridisegnato i rapporti tra gli attori istituzionali. In secondo luogo può essere affidato al segretario il coordinamento delle attività di implementazione della tecnologia informatica nella pubblica amministrazione locale. Inoltre il segretario può essere preposto al sistema dei controlli interni, finalizzati ad accertare che l’azione amministrativa sia stata non solo legittima ma anche efficiente ed efficace. Infine un ulteriore compito che l’ente può attribuire al segretario è quella di considerarlo quale titolare della funzione di direzione generale dell’ente per attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo del medesimo ente.
Successivamente Aurelio Iori ha presentato la ricerca sulle competenze professionali nei piccoli comuni, realizzata da Forumautonomie. I piccoli comuni manifestano una endemica carenza di risorse sia finanziarie che umane relativamente ai compiti loro assegnati. La strada intrapresa in numerose realtà di consorziare o associare più Comuni per la gestione condivisa di servizi può elevare la soglia dimensionale delle strutture preposte alla gestione amministrativa e all’erogazione dei servizi ed è certamente una soluzione da adottare con forza e convinzione. Tuttavia questa dell’associazionismo non è una soluzione semplice perché pone questioni rilevanti sul tema delle competenze necessarie per coloro che operano in servizi di dimensioni contenute.
Il ruolo del dipendente di un piccolo comune presenta delle peculiarità: egli non conosce l’appartenenza ad una burocrazia ma è parte integrante di una comunità locale, non gli è permesso trincerarsi dietro l’ufficialità dell’atto pubblico perché la prossimità con i destinatari è totale, entra spesso in competizione con profili politici perché la distinzione tra finalità e azione è spesso impossibile, dubita di possedere un mestiere perché non riesce a consolidare un processo.
La ricerca ha messo in evidenza che il mondo professionale dei piccoli comuni è significativamente diverso da quello dei medi-grandi comuni. I responsabili delle principali funzioni del comune sono sollecitati quotidianamente verso attività prevalentemente operative in cui il momento della analisi dei problemi e di impostazione delle soluzioni è ridotto ai minimi termini. L’assenza di tempo per l’aggiornamento e la ricerca delle soluzioni ai dubbi normativi spingono il dipendente a consultare la rete dei colleghi che operano in comuni limitrofi. In questo senso la strada da percorrere non è quella di forzare la situazione rendendo obbligatoria una attività di aggiornamento, quanto quella di proporre una «sapere» che sia adatto al contesto dei piccoli comuni.
In conclusione Roberto Andriolo ha esposto il documento elaborato dall’ANCI sul tema della gestione del personale nei piccoli comuni. Per i piccoli comuni si pone l’esigenza di acquisire non solo strumenti, risorse e sostegno per far fronte alle difficoltà strutturali ed organizzative, ma soprattutto «specificità». Di fronte alla mancanza di strumenti adeguati per le strutture semplici e per dotazioni organiche ridotte, i comuni si sono organizzati, costruendo sistemi di gestione associata di servizi nonché di Unioni di comuni. Il nascere di queste nuove entità, variamente dislocate sul territorio, con caratteristiche diverse non solo di tipo dimensionale ma anche per le differenti capacità economiche dei territori sui quali insistono le stesse, ha posto in questi anni numerosi problemi in ordine alla gestione ed organizzazione delle risorse umane utilizzate, ai quali il recente contratto collettivo ha cercato di dare adeguate soluzioni. Tuttavia si rende necessario pensare ad una politica contrattuale che riconosca in modo chiaro la necessità di differenziare i singoli istituti contrattuali. Al contempo va rivista l’attuale disciplina sulla contrattazione collettiva ancora troppo centralizzata, che impone tempi inaccettabili per i rinnovi contrattuali soprattutto non controllabili dalle autonomie.
Ma non sono solo gli aspetti contrattuali su cui bisogna riflettere. È tutto l’impianto normativo che va rivisto, ripartendo dal disegno di legge sui piccoli comuni, ancora fermo al Senato. Occorrono meccanismi di semplificazione, maggiore autonomia nell’individuazione dei compiti, delle responsabilità e dei soggetti competenti; occorre incentivare la gestione associata dei nuclei di valutazione, degli uffici del personale, con evidenti economie di spesa.
Infine, per i piccoli comuni risulta necessario che non venga più imposta alcuna limitazione sulla gestione delle risorse, già di per sé esigue ed insufficienti, e che si proceda invece alla previsione di incentivi per la gestione associata degli uffici ed in particolare per il personale.

Vincenzo Antonelli