Dirigenza pubblica a 10 anni dalla riforma della Corte dei conti (Leggi 19 e 20 del 1994). Focus su problemi aperti e nuove prospettive – Resoconto convegno

14.12.2004

Roma, 18 novembre 2004.

Corte dei Conti

Il 18 novembre 2004, si è tenuta, presso la Corte dei conti, la Tavola rotonda organizzata dall’Associazione Unitaria Dirigenti Corte dei conti – CIDA – ADIGE, sul tema “Dirigenza pubblica a 10 anni dalla riforma della Corte dei conti (Leggi 19 e 20 del 1994). Focus su problemi aperti e nuove prospettive”.

Interventi: Prof. Avv. Vari (Vice Presidente emerito della Corte Costituzionale e Presidente di Sezione della Corte dei conti) – Moderatore-; Sen. Prof. Saporito (Sottosegretario Funzione Pubblica); On. Dott. Lusetti (Componente XI Commissione Lavoro Camera dei Deputati); Avv. De Stasio (Componente Consiglio di Presidenza Corte dei conti); Dott. Zucaro (Presidente CIDA – Funzione Pubblica); Avv. Pellegrino (Presidente Associazione ADIGE); Pres. Sez. avv. Rev. Contab. Todaro Marescotti (Segretario generale della Corte dei conti); Dott. D’Auria (Consigliere della Corte dei conti); Dott.ssa Marconi (Dirigente generale P.C.M. – Dip. Funzione Pubblica), Dott. Guarante (Dirigente generale servizio risorse umane e formazione della Corte dei conti); Dott. Rev. Contab. Palmiero (Dirigente generale Servizio Affari generali della Corte dei conti); Prof. Condemi (Università LUMSA Roma), Prof. Galeotti (Università “La Sapienza” Roma).

Gli anni 90 sono stati anni di profondo mutamento per le Pubbliche amministrazioni, dove, nel susseguirsi delle leggi di riforma (l. n. 142/90, l. n. 241/90, l. n. 20/94), il d.lgs. n. 29/93 ha rappresentato il momento più importante, sia con riferimento alla riforma dell’organizzazione della p.a., che della dirigenza pubblica, nel perseguimento della distinzione tra politica ed amministrazione, riservando alla dirigenza l’attività di gestione avvalendosi dell’autonomia di spesa e di organizzazione. Se tale concetto sembra facilmente individuabile sulla carta, non sono mancate le difficoltà applicative, soprattutto nella ricerca costante di un equilibrio tra il momento di scelta del dirigente e l’autonomia gestionale (Staderini).
Sul sistema di autonomia dirigenziale importanti “influenze” sono rappresentate sia dalla “durata” dell’incarico, che, se eccessivamente breve, come nella modifica proposta dalla l. n. 145/02, incide sull’autonomia del dirigente, che diviene preda del potere politico, che da un adeguato sistema di controlli, atto a garantire la responsabilità di chi detiene l’autonomia gestionale in questione, (sistema di controlli che, per il momento non sembra aver funzionato correttamente) (Staderini).

Gli interventi che si sono susseguiti nel corso della tavola rotonda hanno solo in parte riguardato la dirigenza pubblica con riferimento allo specifico caso della Corte dei conti, mentre ampiamente è stata trattata la problematica relativa alla dirigenza pubblica nell’accezione più generale. Sia pur nella medesima consapevole affermazione della centralità della dirigenza pubblica quale centro propulsore dell’Amministrazione, gli orientamenti emersi durante il dibattito sono stati contrapposti, l’uno volto a proporre la “ripubblicizzazione” della dirigenza pubblica, l’altro volto alla conferma del modello “contrattualizzato” attualmente operante (sia pur sottolineando le criticità emerse a seguito del recente intervento ad opera della l. n.145/02).

L’orientamento che propone un ritorno della dirigenza nella sfera “pubblica” ha sostenuto che la mission della dirigenza pubblica è garantire la legalità dell’azione amministrativa in un agire trasparente, avendo quale principale interlocutore e beneficiario il cittadino, nel perseguimento dell’interesse pubblico ed in un agire democratico, che solo la legge è in grado di garantire (Girotti, Saporito). Lo strumento della privatizzazione della dirigenza pubblica non è riuscito a garantire la separazione tra politica ed amministrazione (Pellegrino). L’autonomia della dirigenza pubblica è stata messa in crisi dalla precarietà del rapporto di lavoro (Pellegrino). La prospettiva di conferimenti di incarichi dirigenziali di brevissima durata per lo sviluppo di un singolo progetto è fortemente destabilizzante, oltre che mortificante per il dirigente pubblico. Dovrebbero essere individuati motivi oggettivi e predeterminati per il rinnovo degli incarichi, nella prospettiva che chi esercita un potere discrezionale debba motivare l’esercizio dello stesso (Saporito). Si innesta in tale contesto un problema di “fiduciarietà”, oggi fiducia personale che si salda in un contratto, mentre dovrebbe essere fiducia istituzionale, che deriva da un giuramento e che non è dunque negoziabile (Pellegrino). In siffatta situazione a nulla varrebbe lo stabilire un termine minimo di durata dell’incarico, per impedire l’uso distorto da parte del potere politico della leva in questione, non si può che ripubblicizzare la dirigenza, anche al fine di garantire “l’interessa nazionale” (Saporito, Zucaro), con la valorizzazione del momento valutativo (Zucaro).
Si propongono dunque, fra le altre, una maggiore incidenza della normativa primaria, una riforma della contrattazione collettiva, la costituzione di una Authority per la verifica della congruità delle scelte, la introduzione di una scala di funzioni a cui si accompagna una scala di funzionari (Zucaro).
Occorre tener da conto gli assetti che derivano dal decentramento, che potrebbe comportare tra regioni diverse, dirigenze diverse (Pellegrino).

L’orientamento contrario, cioè a sostegno del modello di dirigenza pubblica “privatizzata,” ha ritenuto che il passaggio da un’amministrazione “produttrice di atti” ad una “erogatrice di servizi” ha rappresentato il fattore più innovativo della nostra storia amministrativa. Coltivare ritorni al “piccolo mondo antico” è improponibile, oltre che improponibili si presentano gli interventi episodici su quindici anni di normativa organica (Cogliandro). Chi ha sostenuto la tesi della “ripubblicizzazione” della dirigenza ha messo in discussione i presupposti della riforma del 1993, senza ricordare le ragioni di quella scelta. Nel 1992 la politica era stata screditata ed i governi tecnici adottarono la scelta di distinzione tra politica ed amministrazione, nella consapevolezza che l’attività di organizzazione è un’attività neutra. Il confine tra pubblico e privato è sempre stato un confine mobile, esistono infatti dipendenti pubblici a statuto privatistico (es.: in Banca d’Italia, che, tra l’altro, sino a poco tempo fa era addetta ad un importantissimo compito: “la politica monetaria”), notai, che svolgono una funzione pubblica, servizi, come il trasporto ferroviario, l’erogazione della corrente, dell’acqua etc.., che sono stati privatizzati (D’Auria).
Il dirigente moderno non svolge una attività di pedissequa esecuzione nell’osservanza di procedure, ma deve conseguire risultati, utilizzando gli strumenti che ha a disposizione in modo duttile e flessibile, nell’esercizio di poteri di spesa, organizzazione, gestione delle risorse umane e controllo. In tale sistema, l’autonomia si accompagna necessariamente alla responsabilità, che va accertata attraverso opportuni sistemi di controllo. Emerge un circolo che intercorre nel corretto funzionamento del sistema di controlli delineato, interno (di gestione) ed esterno (strategico), sistema che purtroppo non funziona come dovrebbe (Cogliandro). Al fine di incentivare la messa in opera dei controlli interni, è possibile ipotizzare interventi volti ad incidere sulla retribuzione di risultato dei dirigenti, che non dovrebbe essere erogata ove non sia possibile effettuare una reale valutazione (Cogliandro). Già da alcuni anni la politica si è riappropriata dell’amministrazione, infatti, non sono solo i controlli a non essere posti in essere, già a monte manca il momento di programmazione, inoltre, attraverso i regolamenti di organizzazione, i nuovi Ministeri si appropriano continuamente di “pezzi” di amministrazione, che dovrebbero spettare a Regioni ed Enti locali (D’Auria).
L’orientamento politico attuale è quello di ripubblicizzare la dirigenza pubblica, già con la legge n. 145/02 si introduce una fidelizzazione del ceto dirigenziale, a cui il dirigente non si sottrarrà per il solo fatto di ritornare all’ancien régime, mentre, un’adeguata garanzia può derivare, nella individuazione della durata dell’incarico dirigenziale, dall’applicazione un principio di proporzionalità tra obiettivo ed incarico (D’Auria).

Senza contare le contraddizioni del Governo in carica, che porta avanti una riforma della l. n. 241/90, che pone il diritto privato quale mezzo ordinario di regolazione dei rapporti tra privati cittadini e pubbliche amministrazioni, salvo che nel caso di atti autoritativi o di legge che disponga diversamente (come sottolineato da Saporito), mentre la stessa logica non sembra valere per i rapporti di lavoro dei dirigenti pubblici, che invece, dovendo operare attraverso l’uso del diritto civile, non possono che essere di natura privata (D’Auria).

Relativamente alla dirigenza della Corte dei conti è emersa:

– una convergenza tra poteri di indirizzo politico ed attività di amministrazione, con incertezze relativamente ai compiti della dirigenza, ai quali possono però addursi alcune scusanti, quali una “partenza” più ritardata rispetto alle altre amministrazioni e la componente magistraturale della Corte dei conti (Meloni);
– la necessità di puntare alla formazione, perché il dirigente della Corte dei conti dovrebbe conoscere problemi istituzionali e principi contabili, oltre ad avere un adeguato uso dell’innovazione tecnologica (Meloni);
– la necessità di scindere il momento decisionale da quello istruttorio, in quest’ultimo potrebbe infatti rilevarsi importante l’apporto della dirigenza anche attraverso l’affidamento di specifici compiti con apposita delega (Todaro Marescotti);
– troppa l’enfasi sui efficienza dell’amministrazione dimenticando il profilo della legittimità (Condemi).

È stata inoltre presentata (Marconi) un’indagine svolta sulla dirigenza pubblica, pubblicata nel volume “La dirigenza pubblica: il mercato e le competenze dei ruoli manageriali”, e disponibile sul sito web: www.cantieripa.it.

Daniela Bolognino