La Commissione Europea ha deciso di avviare un’indagine formale in merito al progetto di aiuto di Stato (circa 16 milioni di euro) che l’Italia intende erogare all’AEM Torino per la copertura dei costi sostenuti nel processo di liberalizzazione del settore dell’elettricità (cd. “costi non recuperabili”).
In precedenza, la Commissione, sulla base di un metodo applicato dal 2001, ha approvato diversi aiuti ad imprese attive nel settore energetico destinati a coprire i «costi non recuperabili» (cfr. IP/01/1077). In particolare, nel dicembre del 2004, la Commissione ha autorizzato la compensazione di «costi non recuperabili» per l’ENEL, l’operatore nazionale del settore dell’energia elettrica (cfr. IP/04/1429).
Nella valutazione che la Commissione effettuerà ai fini della verifica dell’assenza di potenziali distorsioni della concorrenza causate dalla misura di ausilio statale in favore dell’AEM Torino, si terrà anche conto dell’aiuto statale illegale di cui l’AEM Torino aveva già beneficiato, aiuto che la Commissione stessa ha in seguito dichiarato illegale ed incompatibile e che l’ex municipalizzata torinese non ha ancora rimborsato[1].
In base alla giurisprudenza della Corte di giustizia, la Commissione non può autorizzare aiuti ad un’impresa che non abbia ancora rimborsato un precedente aiuto illegale. Inoltre, sempre secondo quanto affermato dalla Corte nella sentenza Deggendorf (causa C-355/95 P), la Commissione, quando valuta la compatibilità di un nuovo aiuto, deve tenere conto anche della possibilità che i beneficiari non abbiano ottemperato a precedenti decisioni della Commissione che imponevano di rimborsare precedenti aiuti illegali ed incompatibili. In simili casi, la Commissione deve, infatti, verificare gli effetti sui beneficiari del nuovo aiuto abbinato al vecchio sussidio incompatibile non ancora rimborsato.
[1] Nel giugno del 2002, infatti, la Commissione aveva adottato una decisione negativa (cfr. IP/02/817) in merito agli aiuti fiscali concessi dall’Italia alle imprese municipalizzate. Dal momento che, a circa quattro anni dall’adozione della decisione, l’Italia non ha ancora provveduto al recupero degli importi illegittimamente erogati, la Commissione ha recentemente deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia per non aver dato esecuzione alla sua decisione (cfr. IP/05/76).