Le politiche di semplificazione normativa in Europa – Resoconto convegno

15.05.2006

Milano, 22 marzo 2006

La giornata che si è tenuta presso l’Università Bocconi di Milano ha inteso presentare i risultati di una ricerca, condotta dalla stessa università insieme al Ministero della Funzione pubblica ed il For-mez, sulle politiche intraprese da quattro paesi europei (Italia, Francia, Germania e Spagna) in mate-ria di semplificazione normativa.

La prima sessione del Convegno è stata presieduta da Mark Courtney, Deputy Director del Cabinet Office del Regno Unito.

Dopo i saluti di rito, il primo interventore è stato l’avv. Federico Basilica, Capo Dipartimento della Funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una relazione dal titolo “Pre-sentazione della ricerca «Gli strumenti di semplificazione normativa in Europa»”. L’avv. Basilica, dopo aver opportunamente sottolineato il ruolo del Dipartimento della Funzione pubblica nello svol-gimento della ricerca presentata, ha sottolineato come il metodo comparato sia ormai imprescindibi-le. La ricerca prende in esame 4 paesi: Francia, Germania, Spagna, e Italia. Il nostro paese è, a detta del rappresentante della Funzione Pubblica, indubbiamente più avanti rispetto agli altri stati. Da ul-timo, infatti, è stata promulgata la legge n. 80/2006, che ha istituito una cabina di regia voluta dal Premier, con una commissione consultiva ed una serie di procedure valutative. Tale spinta alla sem-plificazione è stata influenzata dal mondo economico e dell’impresa, in quanto semplificazione e competitività sono strumenti essenziali per rilanciare l’economia, e perché sono tra le priorità dell’Agenda di Lisbona. L’Italia è l’unico paese ad essersi dato un codice dell’informatica, e ad es-sersi ripromesso di abbattere sistematicamente gli ostacoli amministrativi alla semplificazione.
La semplificazione normativa, tuttavia, non favorisce solo l’impresa, ma la stessa PA. Una volta ab-bandonato il principio di completezza dell’ordinamento, la nuova strada da seguire è la semplifica-zione normativa e regolamentare: regolare meglio e solo ove serva.
Vi è chi dubita che al principio di semplificazione si possa trovare un fondamento costituzionale (che in Francia si fa fatica a rintracciare). La Corte costituzionale, tuttavia, ha per esempio accolto la scu-sabilità dell’errore in diritto penale per oscurità della legge (sent. 364/1988 Corte Cost.), trovando il parametro costituzionale all’articolo 2: la qualità delle norme è un dovere proprio per rispetto del va-lore persona.

E’ poi seguito l’intervento della dott.ssa Fiorenza Barazzoni, Direttrice del servizio per la semplifica-zione e la qualità della regolazione presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, su “Principi e strumenti di qualità della regolazione in Europa: la semplificazione normativa”. La relatrice ha af-frontato il problema della semplificazione da un’ottica più europea. L’esigenza della better-regulation è sentita anche in Europa; essa è strumentale alla crescita economica ed al miglioramento dei rapporti Stato – cittadino. La strategia di Lisbona ha sviluppato una politica coordinata di sempli-ficazione, riguardante in primis il diritto UE, che infatti annovera molti istituti di soft-regulation qua-li incontri informali a livello intergovernativo, piani d’azione elaborati dalla Commissione Europea, sinergie fra Parlamento, Consiglio, Commissione.
Il rapporto presentato a Laeken nel 2001 è ambizioso, e contiene diversi principi (sussidiarietà, ac-countability, ecc…) e strumenti (un più facile accesso alla regolazione, creazione di strutture regola-tive-governative). Le norme vanno rese meno gravose e più accessibili, ed in tale politica non è stato trascurabile il ruolo dell’Italia. Anche l’OSCE ha affrontato lo scottante tema della semplificazione, stabilendo già nel 1995 principi-guida rivisitati poi nel 2005. Ai fini della semplificazione del diritto UE, la Commissione ha voluto anche semplificare l’acquis comunitario, consultando, attraverso il Consiglio, gli stati membri. Proprio l’anno scorso la Commissione ha rilanciato le politiche di sem-plificazione codificando in modo molto innovativo le fonti comunitarie, e cogliendo l’occasione an-che per procedere ad una loro non indifferente semplificazione. Tra l’altro, riferimenti alla semplifi-cazione sono contenuti anche nel progetto di Trattato costituzionale.
L’Italia si caratterizza indubbiamente per una legislazione molto innovativa, che va tuttavia attuata.

L’intervento di Dominik Boellhoff, member of Division “Reduction of Bureaucracy”, ha riguardato “La semplificazione normativa in Germania”, innanzitutto sottolineando le numerose somiglianze in-tercorrenti fra Francia, Germania e Spagna. Ma il vero problema riguarda l’identificazione dell’oggetto della semplificazione; non si tratta, infatti, di abbassare gli standard di normazione, ben-sì di semplificarli, mediante l’uso massiccio della sussidiarietà orizzontale.
In Germania ampio è stato il dibattito sulla semplificazione: in due anni vi sono state ben cinque leg-gi di semplificazione, che hanno eliminato mille dei cinquemila atti federali vigenti (tra leggi ed or-dinanze). Se il precedente governo Schröder mirava a semplificare le leggi allora in vigore, il nuovo esecutivo presieduto da Angela Merkel vuole prevenire interventi successivi di semplificazione, so-prattutto nell’ambito dei costi-standard.
Per quanto concerne il diritto europeo, la semplificazione finora attuata non è sufficiente: e ciò non fa altro che riverberarsi sulla semplificazione normativa anche degli stati membri.
Casi di semplificazione interessanti ci sono offerti anche da paesi che non sono stato oggetto della ricerca che si è presentata a Milano, quali ad esempio l’Olanda, un caso sicuramente interessante per le tecniche di semplificazione adottate.

Gli ultimi due interventi della mattinata sono stati condotti dal prof. Nicola Lupo dell’Università LUISS “Guido Carli” di Roma, e dal prof. Lorenzo Cuocolo dell’Università Bocconi di Milano.
Nicola Lupo ha da subito precisato che, ormai, in Italia la semplificazione normativa è una politica, non più una tecnica; e deve quindi fare i conti con altre politiche.
La semplificazione è una politica di lungo periodo; buone, a questo proposito, le leggi annuali di semplificazione. Ma le politiche di semplificazione devono essere anche:

– stabili
– meditate tecnicamente (altrimenti, invece di semplificare, possono addirittura complicare le cose)
– condivise sia dalla maggioranza di governo che dall’opposizione (ed è proprio in questo che si orienta il relativo comitato parlamentare)

Nella XIV legislatura le politiche sono state sì meditate, ma non condivise; l’esatto contrario era av-venuto nella XIII legislatura (basti vedere i testi unici misti allora emanati).
Nel corso della legislatura appena conclusasi si è deciso di cambiare politica: dai testi unici ai codici. Questi “codici di settore” (così chiamati dal Consiglio di Stato) possono nascondere esigenze rifor-matrici. Il problema, tuttavia, è rappresentato dallo scarso controllo parlamentare nei confronti delle politiche di semplificazione: la genericità delle leggi-delega al Governo, infatti, potrebbero determi-nare uno sbilanciamento nei confronti di quest’ultimo, mascherato da deleghe conferite per motivi tecnici.
A livello governativo, la “cabina di regia” è stata affiancata da una Commissione per la qualità della semplificazione (così come era stato subito avvertito dall’OSCE). A tali previsioni si inserisce poi il meccanismo che abroga tutte le leggi anteriori al 1970, escludendo eccezioni espressamente indivi-duate dal legislatore entro il 12 giugno 2009. Tuttavia, problemi non marginali nascono proprio dall’individuazione degli ambiti esclusi dall’automatismo dell’abrogazione: quali sono, per esempio, gli ambiti assistenziali, tributari, se essi non sono individuati nominatamente dal legislatore? E cosa succede, poi, se le leggi anteriori al 1970 vengono riprodotte in leggi nuove? Annullerebbero le leggi nel frattempo intervenute, secondo il principio tempus regit actum? Si tratta di problemi aperti cui, per una efficace politica di semplificazione, bisognerà trovare concrete soluzioni operative.

All’intervento del prof. Lupo è poi seguito quello del prof. Cuocolo, che ha cominciato rilevando il grande fermento che, in tema di semplificazione, ha coinvolto tutti e quattro gli ordinamenti analiz-zati, sebbene in assenza di specifiche norme costituzionali. Per quanto concerne più specificamente l’Italia, il nostro paese non si è affatto mosso con ritardo rispetto agli altri paesi: al contrario, in alcu-ni aspetti è all’avanguardia. E’ opportuno, tuttavia, rilevare come quasi tutti i tentativi di semplifica-zione siano falliti, e che i contributi più importanti ad essa siano venuti non da pubblicisti, bensì da giuristi di ambiti diversi. La crisi non è del diritto, bensì della statualità del diritto. Crisi che è anche crisi delle leggi, non dal punto di vista quantitativo bensì qualitativo. Ciò ha determinato anche un cambiamento del ruolo del giudice, da bouche de la loi a fabbro plasmatore del diritto. Ma anche la posizione del Governo è mutata: ormai esso amministra legiferando, c’è un’”amministratizzazione della legge” cui è legato l’aspetto della motivazione della legge.
Tali grandi trasformazioni sul ruolo della legge rischiano anche di ridimensionarne fortemente la sa-cralità.

La sessione pomeridiana è stata presieduta da Mario Egidio Schinaia, presidente aggiunto del Consi-glio di Stato il quale, prima di cedere la parola al prof. La Spina, ha proposto all’attenzione della pla-tea una serie di riflessioni, la prima delle quali riguarda la chiarezza del diritto, che attiene quasi ad uno “Statuto di cittadinanza”. In tale prospettiva il Consiglio di Stato è stato sempre molto attento a questi problemi ma, vista proprio la quotidiana esperienza della Suprema magistratura amministrati-va con il diritto, ne auspica una razionale armonizzazione. La crisi della legge scaturisce dalla sua i-nidoneità a governare compiutamente un fenomeno; in ciò si innesta la competenza generale delle Regioni a legiferare. La legislazione statale, quindi, perde importanti ambiti di validità e può ormai essere presa ad esempio dalle Regioni solo per la sua autorevolezza, non autorità.

Per il prof. Antonio La Spina, docente presso l’Università degli Studi di Palermo, successivo inter-ventore con un contributo dal titolo “Semplificazione normativa e qualità delle regolazioni nell’esperienza delle regioni italiane”, la semplificazione normativa è uno degli strumenti della rego-lazione, la cui qualità modifica indubbiamente l’intervento sui fenomeni statuali. Un testo chiarissi-mo, infatti, può essere inattuabile dalla PA, o imporre un comportamento inesigibile da parte dei consociati. La regolazione, quindi, non può essere solo comprensibile, ma deve caratterizzarsi per al-tre ragioni. La distinzione è quella classica fra:

– Law in the books
– Law in action

Nel 1999 l’Italia si proponeva – sulla carta – di avvicinarsi al paese più avanzato: il Regno Unito. Tut-tavia, le previsione di legge sono rimaste inattuale, nonostante diversi tentativi fatti in tal senso.
Un altro aspetto riguarda i rapporti tra enti; se la semplificazione per lo Stato è un obbligo, ciò non vale per le Regioni: e difatti solo la Basilicata si è data una legge generale di semplificazione. In al-cuni statuti regionali vi sono semplici di chiarezza, ma la loro precettività è da escludere.
Su chiarezza e regolazione, cinque regioni settentrionali (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia – Romagna, Toscana) sono molto più avanti addirittura dello Stato.
Anche in alcune regioni è stato adottato il testo unico misto, altre si sono servite di un decreto taglia-leggi, etc… Tuttavia, gli enti regionali sono molto più facilitati nel tenere sotto controllo la propria legislazione, in quanto minore è la quantità delle leggi in vigore in ogni singola regione, sebbene gli organi dirigenti regionali preferiscano, a politiche di semplificazione, politiche di regolazione.

Il prof. Lucio Pegoraro, docente di Diritto pubblico comparato presso l’Università di Bologna (“Drafting e semplificazione nell’esperienza regionale: Emilia-Romagna”), ha esordito con una con-siderazione molto affascinante: che lo stesso linguaggio tocca la separazione dei poteri.
Uno dei problemi rilevati nella stesura dei nuovi statuti è che, spesso, c’è una commistione tra ruolo politico e tecnico.
Ma, soprattutto, sono gli aspetti formali della redazione dei nuovo statuti regionali ad essere forte-mente criticabili. Si va da un errato utilizzo delle disgiunzioni, alla divisione in capi e non in titoli, all’uso non sempre lineare della numerazione ad articoli. Questi problemi, che prima facie potrebbe-ro essere solamente estetici, diventano invece interpretativi. Numerosi sono poi i rilievi che si posso-no muovere più specificamente allo statuto della Regione Emilia-Romagna, di carattere più sostan-ziale, quali la disciplina delle iniziative legislative popolari.

Dopo il contributo del dott. Luca Dainotti (dirigente alla Direzione centrale Affari istituzionali e legi-slativo presso la Presidenza della Regione Lombardia, intervenuto con “Drafting e semplificazione nell’esperienza regionale: Lombardia”), che ha illustrato le procedure di semplificazione che sono state introdotte in Lombardia (da procedure più rapide nel procedimento legislativo a semplificazioni per il rilascio di atti amministrativi), la prof.ssa Arianna Vedaschi, docente di Diritto pubblico com-parato presso l’Università Bocconi, ha spiegato, con una relazione intitolata “Le tecniche legislative nel diritto comunitario”, come le istituzioni europee abbiano ascritto particolare interesse alla sempli-ficazione. Tra i vari strumenti, sono stati elaborati appositi formulari (da parte del Consiglio europeo) contenenti regole minime per la produzione di una buona legislazione; in ambito comunitario, un problema in più è costituito dalle divergenze linguistiche. Il problema della semplificazione si pone all’inizio degli anni Novanta. Tra il 1992 ed il 2002 sono le singole istituzioni ad affrontare il discor-so della semplificazione, esercitando un approccio congiunto. Tuttavia, risoluzioni del Consiglio o atti monocamerali sulla semplificazione hanno trovato un fondamento normativo solo nel 1997, in un allegato al Trattato di Amsterdam. Per quanto concerne un altro strumento introdotto dalle politiche di semplificazione, la valutazione di impatto delle politiche di semplificazione, non ha prodotto risul-tati sempre apprezzabili. Il Piano d’Azione Europeo sulla semplificazione individua:

– tempestività della valutazione di impatto
– obbligo della valutazione di impatto non solo prima, ma anche durante il procedimento legi-slativo
– potenziamento delle consultazioni

Anche tenendo conto che la valutazione di impatto può ridurre anche i costi.

Ha chiuso il convegno il prof. Giuseppe Franco Ferrari, il quale ha sottolineato come le politiche di semplificazione si siano diffuse anche in relazione alle vicende storiche che hanno portato alla caduta del Muro di Berlino.
Più specificamente, la conclusione presentata dal relatore è che il nostro ordinamento ha spesso pre-ferito l’imitazione degli ordinamenti stranieri, mentre esso funzionerebbe forse meglio se cercasse di trovare delle risposte più originali.

Giorgio Giuliano