L’incentivo alle dimissioni anticipate dal servizio istituito dall’art. 17 della Legge n. 18/2017 della Provincia autonoma Trento è in contrasto con le previsioni dell’art. 117 comma 2 lett. l) della Costituzione
Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge 29 dicembre 2017, n. 18 della Provincia autonoma di Trento che, al fine di favorire il ricambio generazionale, istituisce un incentivo all’esodo del personale della stessa Provincia autonoma, degli enti strumentali pubblici, degli enti locali e delle aziende pubbliche di servizi alla persona, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in caso di dimissioni anticipate dal servizio. Tale incentivo è calcolato in misura percentuale della retribuzione lorda annua che sarebbe spettata al dipendente dalla data di cessazione alla data di maturazione del primo requisito di pensione e demanda a successivi provvedimenti legislativi la determinazione delle modalità di attuazione della misura.
La questione è stata promossa per la violazione dei seguenti parametri costituzionali: a) violazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica in materia di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, che costituiscono limiti da osservare per la Provincia autonoma nell’esercizio delle competenze statutarie; b) violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. per la disparità di trattamento che scaturisce dall’introduzione della misura fra il personale della Provincia autonoma e quello delle altre amministrazioni pubbliche e private; c) violazione dei principi di cui all’art. 81 Cost., in tema di equilibrio di bilancio e di mancata previsione di entrate idonee a far fronte ai maggiori oneri provocati, poiché, incentivando l’esodo del personale impiegato, la misura determina maggiori oneri previdenziali per l’erogazione dell’anticipo di trattamento di fine servizio non quantificati né con copertura, con conseguente aggravio sulla finanza pubblica; d) violazione dell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost. che assegna la materia dell’ordinamento civile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato per evitare ingiustificate disparità di trattamento tra i dipendenti di diversi datori di lavoro pubblici, visto che la norma impugnata, nei fatti, disciplina la materia della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro in modo difforme rispetto alla normativa nazionale; e) violazione dell’art. 117, comma 2, lett. o) Cost. che devolve alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della previdenza sociale, in quanto la norma istituisce una misura previdenziale per intero e non si limita a integrare disposizioni di legge dello Stato; f) violazione dell’art. 117, comma 3, Cost. in materia di coordinamento della finanza pubblica, in relazione alla quale però, essendo materia di legislazione concorrente, è sempre riservato allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, e visto che la misura introdotta comporta minori entrate per l’ente previdenziale con effetti negativi sulla finanza pubblica.
La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 della legge 29 dicembre 2017, n. 18 della Provincia autonoma di Trento per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. l) Cost., essendo la disciplina del lavoro pubblico contrattualizzato riconducibile all’ordinamento civile e alla norma di cui al D.lgs. n. 165 del 2001 che, a propria volta, rinvia alla contrattazione collettiva. L’art. 17, infatti, istituisce una misura che si riferisce a tutti i rapporti di lavoro privatizzato dei dipendenti e, per tale ragione, necessita “di una disciplina uniforme sul territorio nazionale. La materia è, dunque, attratta dall’ordinamento civile e, in ragione delle disposizioni di cui all’art. 40 e seguenti del D.lgs. n. 165 del 2001, dalle quali si ricava il principio, deve trovare la propria sede nella contrattazione sindacale tra l’Agenzia provinciale per la rappresentanza negoziale (A.P.Ra.N.) e le organizzazioni sindacali, al fine di realizzare gli specifici obiettivi, pur meritevoli di apprezzamento, relativi al ricambio generazionale, da definire, però, non con una previa normativa, ma con una disciplina collettiva”. Inoltre, proseguono i giudici: “L’art. 17, comma 3, che demanda a future specifiche disposizioni legislative i criteri di attuazione della adozione degli esodi incentivati, contrasta palesemente con la riserva posta dal d.lgs. n. 165 del 2001 alla contrattazione collettiva in tale materia”. Questa violazione assorbe tutte le altre censure invocate dal ricorrente.