Le nuove funzioni di regolazione in materia di rifiuti, nella legge di bilancio per il 2018

23.01.2018

 

La legge di bilancio per il 2018 ha previsto alcune importanti novità anche in tema di servizi pubblici. Tra queste va certamente segnalata la definitiva attribuzione delle competenze regolatorie e di controllo in tema di ciclo dei rifiuti, all’Autorità di regolazione per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), allo scopo ridenominata Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA). Viene così, dunque, a compimento quel percorso ben più risalente – e temporaneamente interrottosi – che mira a configurare un quadro regolatorio coerente ed unitario in materia ambientale.

I commi 527-530 della legge di bilancio, infatti, ricalcano sostanzialmente quanto già previsto dall’art. 16 del precedente schema di decreto legislativo recante il testo unico dei servizi pubblici locali di interesse economico generale, in attuazione della delega di cui agli art. 16 e 19 della legge 124/2015 di riforma della pubblica amministrazione, e decaduto per la mancata definitiva approvazione a seguito della nota sentenza 251/2016 della Corte costituzionale (già oggetto di commento su questa rivista).

Il comma 527, della legge 205/2017 prevede anzitutto che le suddette funzioni regolatorie siano attribuite all’Autorità – e, come tali, esercitate nel contesto operativo e di principio tracciato dalla disciplina di cui alla legge 481/1995, istitutiva delle Autorità di regolazione per i servizi di pubblica utilità – con l’obiettivo di «[…] migliorare il sistema di regolazione del ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, […] garantire accessibilità, fruibilità e diffusione omogenee sull’intero territorio nazionale nonché adeguati livelli di qualità in condizioni di efficienza ed economicità della gestione, armonizzando gli obiettivi economico-finanziari con quelli generali di carattere sociale, ambientale e di impiego appropriato delle risorse» secondo quanto già disposto dal citato art. 16. A tali fini generali, però, si affianca ora quello ulteriore di «garantire l’adeguamento infrastrutturale agli obiettivi imposti dalla normativa europea», che consente così di superare le procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti del governo italiano – da questa deferito alla Corte di giustizia –, per il mancato adempimento degli obblighi in materia di bonifica e chiusura di discariche che costituiscano grave fattore di rischio ambientale e per la salute umana, di cui alla Direttiva 1999/31/CE.

Quanto alla loro concreta estensione, si tratta delle più tipiche funzioni di tipo regolatorio comprendenti: l’emanazione di direttive per la separazione contabile e amministrativa della gestione dei servizi (c.d. unbundling), la valutazione dei costi delle singole prestazioni, anche ai fini della loro corretta disaggregazione – per funzioni, per area geografica e per categorie di utenze –, e la definizione di indici di valutazione dell’efficienza e dell’economicità delle gestioni stesse (comma, 527, lett. a); la definizione dei livelli di qualità dei servizi e la vigilanza sulle modalità di loro erogazione (lett. b); la diffusione della conoscenza e della trasparenza delle condizioni di svolgimento dei servizi a beneficio degli utenti e la tutela dei diritti degli stessi, anche tramite la valutazione di reclami, istanze e segnalazioni (lett. c, d); l’esercizio di poteri di regolamentazione e controllo nei confronti delle autorità di ambito, sia nello svolgimento dei rapporti di queste con il soggetto affidatario, attraverso la definizione degli schemi tipo di contratto di servizio (lett. e), che nella predisposizione dei loro piani di ambito, con la verifica della corretta redazione degli stessi (lett. i); rilevanti funzioni di natura tariffaria (lett. f, g, h) su cui meglio si dirà in seguito; ed, infine, interventi di proposta e relazione sull’attività svolta (lett. m, n).

Si tratta, come è evidente, di funzioni complesse e rilevanti che consentono di definire una comune cornice regolatoria che coinvolga i principali servizi in materia di ambiente ed energia, completando così quel processo avviato con l’art. 21, comma 19, del d.l. 201/2011 che già attribuiva all’allora Autorità per l’energia elettrica ed il gas, analoghe prerogative rispetto al settore idrico. Tuttavia, l’adozione di un intervento normativo così significativo all’interno del “disorganico” contesto della legge di bilancio sembra privarlo di quella necessaria sistematicità che caratterizzava, invece, il citato art. 16 dello schema di decreto collocato, come avrebbe dovuto essere, nella più generale riforma della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale. E questo, anche tenuto conto di come l’art. 3-bis del d.l. 138/2011, in materia di ambiti territoriali, già riconosca espressamente la natura di servizio di rilevanza economica a rete per l’insieme complessivo delle attività di gestione dei rifiuti.

Inoltre, lo stesso perimetro operativo delle funzioni regolatorie così previste – i.e. i confini materiali delle attività economiche che vi sono sottoposte – consente di circoscrivere in maniera assai puntuale la generale portata precettiva della normativa de qua.

Dal punto di vista oggettivo, infatti, questa non coinvolge, in una prospettiva omnicomprensiva, l’intero settore del trattamento/smaltimento dei rifiuti, ma limita l’intervento dell’Autorità ai pur rilevantissimi, specie dal punto di vista quantitativo, servizi afferenti al ciclo di quelli urbani e assimilati, anche differenziati (comma 527, primo periodo): solo a questo specifico segmento vanno dunque riferiti i due successivi richiami, in materia di potestà tariffarie, sia al «servizio integrato dei rifiuti» (lett. f, h) che ai «singoli servizi che costituiscono attività di gestione» (lett. f). A sostegno di ciò, peraltro, sembrerebbe esprimersi lo stesso dato normativo, essendo perfettamente in linea con quanto già stabilito dalla stessa legge delega 124/2015 che, tra i criteri dell’art. 19, comma 1, lett. n), richiama espressamente proprio quello della «individuazione e allocazione dei poteri di regolazione e controllo tra i diversi livelli di governo e le autorità indipendenti, al fine di assicurare la trasparenza nella gestione e nell’erogazione dei servizi […]».

Tornando poi all’analisi delle nuove competenze di cui al comma 527 della legge di bilancio, è evidente come tra le principali innovazioni vadano segnalate quelle che coinvolgono il profilo tariffario.

In particolare, l’Autorità è chiamata anzitutto a predisporre ed aggiornare i criteri metodologici necessari alla «determinazione dei corrispettivi sia del servizio integrato dei rifiuti che dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione», di modo che sia assicurata la copertura dei costi – non solo di gestione/esercizio ma anche di investimento –, tenendo conto della remunerazione dei capitali e promuovendo il principio europeo “chi inquina paga”, di cui all’art. 14 della Direttiva 2008/98/CE e all’art. 191 del TFUE (comma 527, lett. f). Parimenti, sempre rimessi all’Autorità sono la «fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento» (lett. g) e l’«approvazione delle tariffe definite […] dall’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento» (lett. h).

Il sistema così delineato sembrerebbe dunque favorire il progressivo e definitivo passaggio – più volte auspicato – ad un sistema pienamente tariffario che, emancipandosi dalla prospettiva più marcatamente tributaristica tipica della tassa, faccia pienamente corrispondere il costo delle prestazioni al “valore” dei servizi resi, a copertura integrale di questi e di modo che il “peso” dello smaltimento dei rifiuti gravi su chi li abbia materialmente prodotti.

Ciò che sembra mancare è, tuttavia, un pieno coordinamento con il quadro normativo di riferimento in materia, al fine di individuare, in maniera ancor più puntuale, i criteri necessari sia a “tracciare” i costi dei servizi concretamente resi che, di riflesso, a definirne i corrispettivi per i singoli utenti.

La legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge finanziaria per il 2014), infatti, pur attribuendo espressamente al nuovo “strumento” di finanziamento dei costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, posto a carico dell’utilizzatore dell’immobile, la natura di tassa – la c.d. tassa sui rifiuti

(TARI), che rappresenta una delle componenti della generale imposta unica comunale (IUC) – già prevede specifici criteri di principio e meccanismi operativi – a loro volta derivanti dalla disciplina più risalente – capaci di farne emergere, almeno in parte, taluni profili tariffari. Una prospettiva che sembra essere, peraltro, confermata anche dalla scarsa coerenza terminologica dello stesso testo normativo il quale, con riferimento alla citata TARI, ricorre ora al termine “tassa” ora a quello di “tariffa”. Quanto ai suddetti elementi tariffari, non solo la legge 147/2013 fa espresso richiamo tanto alla necessaria copertura integrale dei costi (art. 1, comma 654) che, nella loro determinazione, al ricorso ai risultati dei fabbisogni standard (comma 653); ma, proprio in attuazione del principio del “chi inquina paga”, consente espressamente ai comuni che abbiano realizzato «sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico» – la cui disciplina è stata dettata, ai sensi del comma 667, dal decreto del Ministero dell’ambiente del 20 aprile 2017 – di «[…] prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI» (comma 668). Proprio in ragione delle evidenti connessioni tra disciplina della tassa sui rifiuti e rinnovate potestà tariffarie attribuite all’Autorità sarebbe stato, dunque, quanto mai opportuno un maggioro sforzo di coordinamento sistematico tra i due piani normativi – che risultano così eccessivamente “sconnessi” –, promuovendone una crescente convergenza sia negli obiettivi generali (anche di politica “fiscale”) che nella definizione dei meccanismi operativi.

Brevi cenni meritano, da ultimo, i commi 528-530 della legge di bilancio per il 2018, che disciplinano le modalità di finanziamento dell’Autorità ed i profili di organizzazione interna della stessa.

Sotto questo secondo versante, in ragione dell’incremento delle funzioni e delle competenze specialistiche che le stesse richiedono – in controtendenza, quindi, rispetto all’art. 16 dello schema di decreto, già oggetto sul punto di rilievi da parte del Consiglio di Stato –, il comma 528 stabilisce ora che il numero dei componenti dell’Autorità sia innalzato a cinque (compreso il presidente) con conseguente abrogazione dell’art. 1, comma 23, lett. c) del d.l. 201/2011 che lo fissava, riducendolo, a tre; mentre il successivo comma 529 avvia procedure di reclutamento per aumentarne la pianta organica di 25 unità. Quanto, invece, alle modalità di finanziamento dell’Autorità – ed in attuazione di quel principio di invarianza finanziaria di cui al comma 530 –, il comma 529, primo periodo, stabilisce che vi si provveda «mediante un contributo di importo non superiore all’uno per mille dei ricavi dell’ultimo esercizio versato dai soggetti esercenti il servizio di gestione dei rifiuti medesimi, ai sensi dell’articolo 2, comma 38, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, e dell’articolo 1, comma 68-bis, della legge 23 dicembre 2005, n. 266». Pur trattandosi di un criterio ampiamente affermato in tema di autorità di regolazione – come dimostra appunto il richiamo alla legge 481/1995 – non sembrerebbe del tutto chiarito se e come tale contributo verrà “scaricato” sugli utenti finali, andando così a costituire una specifica voce del computo tariffario, o, viceversa, graverà integralmente sui soggetti erogatori dei servizi, potendo eventualmente essere in parte anche traslato sull’ente affidante, e dunque rideterminato, in sede di predisposizione dei contratti di servizio.

In conclusione, le nuove prerogative attribuite all’ARERA in tema di ciclo dei rifiuti estendono le competenze regolatorie dell’Autorità verso una dimensione operativa sempre più generale, favorendo così una crescente convergenza delle misure adottabili in materia ambientale. Non sembrano, dunque, emergere particolari problemi interpretativi quantomeno dal punto di vista della definizione e struttura “interna” di tali competenze, che corrispondono alle più “classiche” funzioni regolatorie, secondo quanto già previsto dalla legge 481/1995. Tuttavia, alcuni dubbi permarrebbero in ragione della scarsa sistematicità delle disposizioni in commento rispetto ai diversi ed ulteriori piani normativi con i quali, in concreto, l’esercizio delle suddette funzioni deve poi necessariamente rapportarsi: e questo, in relazione sia alla più generale disciplina dei servizi pubblici che, sul piano più squisitamente economico-finanziario, a quella di matrice tributaristica tutt’ora vigente in tema di rifiuti.

a cura di Alessio Antonelli