La Commissione Europea impone all’Italia il recupero degli aiuti di Stato illegalmente concessi ad Ilva

23.01.2018

Con il comunicato stampa dello scorso 21 dicembre, la Commissione europea (Commissione) ha reso nota la propria decisione (Decisione) con la quale ha disposto in capo allo Stato italiano l’obbligo di recupero di alcuni aiuti di Stato concessi ad Ilva S.p.A. (Ilva), che avrebbero procurato a quest’ultima un vantaggio competitivo stimabile in circa 84 milioni di euro.

L’indagine della Commissione, avviata nel gennaio 2016, trae origine da quattro segnalazioni trasmesse da concorrenti di Ilva nel corso del 2014 (le prime due risalgono all’aprile 2014) e 2015, i quali avevano individuato come illeciti anticoncorrenziali (per i profili relativi alla materia degli aiuti di stato) le seguenti cinque misure statali: i) la possibilità che sarebbe stata concessa ad Ilva, tramite il decreto legge n. 1/2015, di avvalersi di importi (per finanziare il piano ambientale, con particolare riferimento allo stabilimento di Taranto) sequestrati ai principali azionisti ed ex dirigenti di Ilva e temporaneamente nelle disponibilità di trust statunitensi e svizzeri, prima della conclusione del relativo processo penale; ii) il prestito (peraltro, non tempestivamente rimborsato alla scadenza prevista) che Ilva avrebbe ottenuto da alcune banche solamente alla luce di una modifica normativa intervenuta nel 2014 che qualificava eccezionalmente come prededucibili i prestiti concessi ad imprese con almeno mille dipendenti e uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale poste in amministrazione straordinaria per la realizzazione di piani di tutela ambientale e sanitaria; iii) la garanzia statale (sempre attraverso il decreto legge n.1/2015) che ha permesso ad Ilva di negoziare con le banche crediti prededucibili (fino a 400 milioni di euro), da destinare all’attuazione del già citato piano ambientale; iv) l’erogazione ad Ilva di 156 milioni di euro da parte di Fintecna (successore legale dell’IRI, detenuta dallo Stato italiano), a seguito di un accordo transattivo (vertente su una richiesta di risarcimento di danni ambientali), sottoscritto al termine di una negoziazione ventennale; v) la possibilità di stanziare per il Fondo per lo sviluppo e la Coesione (strumento governativo di finanziamento) risorse pubbliche supplementari nei confronti di Ilva, circostanza, tuttavia, mai verificatasi e, pertanto, non presa in considerazione dalla Commissione, che ha ritenuto di fondare la Decisione solo sulle prime quattro misure segnalate.

Da quanto si evince dal press release in questione, in particolare, le misure sub ii) e iii) soddisfano le condizioni cumulative richieste dall’art. 107 TFUE affinché un sostegno possa costituire un aiuto, in quanto si tratterebbe dell’utilizzo di risorse statali, conferente un vantaggio selettivo (in particolare, la misura sub ii) appare di fatto applicabile solo ad Ilva), idoneo a falsare (o minacciare di falsare) la concorrenza e gli scambi tra Stati membri.

Pronunciatasi sulla vicenda, la commissaria Vestager ha, peraltro, precisato che “la migliore garanzia di sostenibilità futura della produzione siderurgica dell’area di Taranto consiste nella cessione degli attivi dell’Ilva a condizioni di mercato; l’impresa non può dipendere dal sostegno artificiale dello Stato”; a tal riguardo, appare certamente utile ricordare che la procedura consistente nell’acquisizione della maggior

parte degli attivi di Ilva da parte di un consorzio guidato da Arcelor Mittal, attualmente ancora all’esame della Commissione e la cui decisione è attesa per il prossimo 4 aprile, rappresenta un procedimento distinto e separato rispetto all’indagine in commento in materia di aiuti di Stato.

La Decisione interviene, quindi, in un periodo cruciale per il comparto siderurgico, considerato strategico a livello nazionale ed europeo, in cui, oltre alle già citate vicende che interessano più direttamente Ilva, sembra profilarsi un’altra rilevante operazione che porterebbe all’acquisizione di Tata Steel da parte di ThyssenKrupp, andando a creare il secondo player mondiale nel settore dell’acciaio.

a cura di Filippo Alberti