Con ordinanza n. 9828 del 19 settembre 2017, il Tar Lazio – Roma sez. prima quater, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis e comma 1-ter del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, inseriti dall’art. 13, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, nella parte in cui si prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all’art. 14, comma 1, lett. c) ed f) dello stesso decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali, in quanto contrastante con gli artt. 117, comma 1, 3, 2 e 13 della Costituzione.
Con tale pronuncia, il Tar ha sospeso il giudizio in corso presentato da dirigenti pubblici e relativo ai provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali in applicazione ai dirigenti stessi, come disciplinato dalla norma di cui all’art. 14, comma 1 bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 in analogia con quanto già previsto per i titolari di incarichi politici di cui al comma 1. Nella propria premessa, il Tar rileva la questione per cui uno specifico ordinamento nazionale debba preservare il necessario equilibrio tra protezione dei dati personali ed esigenza di trasparenza, garantendo nella divulgazione dei dati l’intensità dell’interesse pubblico, ma anche la tutela dei diritti fondamentali della persona, nel rispetto dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, di matrice comunitaria.
Ritiene, facendo riferimento al principio di uguaglianza formale e sostanziale, che non sia ragionevole la parità di trattamento tra i titolari di incarichi politici ed i titolari di incarichi dirigenziali, i quali non possono essere parificati, in relazione all’art. 3 della Costituzione considerato il grado di esposizione dell’incarico pubblico al rischio di corruzione, l’ambito della relativa azione e le risorse pubbliche assegnate. Tali differenti tipologie si collegano alla natura dell’interesse pubblico perseguito nello specifico dalla norma all’art. 14, comma 1 bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, i cui obblighi di pubblicità vengono al contrario applicati con analogo contenuto ad enti e realtà completamente diverse, che non giustificano l’integrale identità di regolazione ai fini della trasparenza.
Solleva, altresì, questione di legittimità rispetto la prescrizione imposta ai dirigenti di pubblicare i dati in contestazione, senza una loro ragionata elaborazione, che risulterebbe invece più funzionale all’obiettivo di trasparenza amministrativa e scongiurerebbe la diffusione di dati sensibili, direttamente desunti dalla dichiarazione dei redditi.