La Corte di Giustizia si pronuncia in via pregiudiziale sulla possibilità per le autorità di vigilanza di aumentare il prezzo di un’offerta pubblica di acquisto in caso di collusione tra l’offerente o le persone che agiscono di concerto con il medesimo e uno o più venditori.
La sentenza dello scorso 20 luglio rappresenta uno dei primi casi in cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CdG) si è pronunciata in via pregiudiziale in merito all’interpretazione delle norme contenute nella direttiva 2004/25 sulle offerte pubbliche di acquisto di società (nel caso di specie, in particolare, art.5.4).
In estrema sintesi, la vicenda oggetto del contenzioso pendente innanzi al giudice del rinvio ha origine con la decisione con cui la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) aveva accertato l’esistenza di un meccanismo collusivo tra Lauro Sessantuno S.p.A. (Lauro 61) e altri soggetti che agivano di concerto con essa e Malacalza Investimenti Srl (MCI), per cui quest’ultima, come contropartita della vendita a Lauro 61 di azioni di Camfin S.p.A. (Camfin) – circostanza che aveva contribuito a scaturire l’obbligatorietà dell’offerta pubblico di acquisto (OPA) da parte di Lauro 61 su Camfin -, avrebbe acquistato – da soggetti aderenti ad un sindacato di blocco (di cui era parte anche la stessa Camfin) fino ad allora in essere su azioni di Pirelli & C S.p.A. (Pirelli) – azioni Pirelli ad un prezzo inferiore a quello corrispondente al valore di mercato. Pertanto, la Consob, ritenendo che fosse stata integrata una fattispecie collusiva, aveva stabilito l’aumento del prezzo delle azioni Camfin, assumendo questa decisione sulla base di un proprio regolamento attuativo dell’art. 106 del Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo Unico della Finanza (TUF), che, a sua volta, recepiva, le disposizioni di cui all’art. 5.4 della summenzionata direttiva.
Senza entrare nel merito del giudizio amministrativo successivo all’impugnazione della delibera Consob in questione, essenzialmente incentrato sull’eventuale obbligo della stessa Consob di accertare la presenza dell’elemento volitivo in capo a tutti i partecipanti all’illecito collusivo, il Consiglio di Stato, sollevando la questione in via pregiudiziale, ha inteso chiedere alla CdG, in sostanza, se “l’art. 5.4 della direttiva 2004/25 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente all’autorità nazionale di vigilanza di aumentare il prezzo di un’OPA in caso di collusione, senza precisare le condotte specifiche che caratterizzano tale nozione”.
Come rilevato anche nelle conclusioni dell’Avvocato Generale, la CdG si è trovata, di fatto, a valutare la compatibilità della normativa italiana in materia (che non prevede ulteriori specificazioni o dettagli rispetto al caso di collusione tra l’offerente o le persone che agiscono di concerto con il medesimo e uno o più venditori) con i principi generali cardine del diritto europeo, tra cui la certezza del diritto, la tutela del legittimo affidamento, la proporzionalità, la ragionevolezza, la chiarezza, la trasparenza e la non discriminazione.
La CdG ha concluso che gli Stati membri – indipendentemente dalla codificazione di specifici criteri predeterminati – devono provvedere affinché l’interpretazione di tali disposizioni relative alla possibilità di aumento del prezzo dell’OPA da parte di un’autorità di vigilanza sia desumibile in maniera sufficientemente chiara, precisa, e semplice nell’ambito del proprio ordinamento, spettando al giudice del rinvio, nel caso di specie, di effettuare tale valutazione circa la nozione di collusione.