Il decreto correttivo al Testo unico in materia di società partecipate all’insegna dell’incremento delle deroghe
Il 26 giugno 2017 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il d.lgs. 16 giugno 2017, n. 100 che introduce misure correttive ed integrative al d.lgs. 175/2016 recante il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. Il testo definitivo ricalca in molti punti quello dello schema preliminare – già oggetto di commento su questa rivista – anche se vi introduce alcune innovazioni che, se da un lato hanno il pregio di chiarire taluni profili della prima formulazione del d.lgs. 175/2016, dall’altro, rischiano di affievolirne il carattere generale e l’efficacia sistematica, incrementandone notevolmente le ipotesi derogatorie.
Quanto ai principali correttivi, è possibile individuarne diverse tipologie.
Innanzitutto vi sono misure di tipo metodologico e procedimentale.
Un primo gruppo di norme mira a promuovere, nella disciplina del fenomeno delle società a partecipazione regionale o locale – proprio in ragione dei rilievi sollevati nella sent. 251/2016 della Corte costituzionale – un maggior ricorso allo strumento dell’intesa in sede di Conferenza Unificata. Questo per l’individuazione dei requisiti di onorabilità, professionalità ed autonomia dei componenti gli organi amministrativi e di controllo (art. 11, comma 1), così come degli indicatori dimensionali atti a definirne i limiti massimi dei compensi (comma 6), nonché in materia di gestione/ricognizione del personale dipendente (art. 25, comma 1), oggetto peraltro di ulteriori innovazioni ex art. 19, comma 8.
Un secondo insieme di interventi riguarda poi la proroga di alcuni termini: la ricognizione del personale dipendente (art. 25, comma 1) e delle partecipazioni di ciascuna amministrazione ai fini della loro revisione straordinaria (art. 24) dovranno ora effettuarsi entro il 30 settembre 2017 (e non più entro il 30 giugno come previsto nello schema di decreto).
Ma le novità principali riguardano la ridefinizione del perimetro attuativo della disciplina contenuta nel d.lgs. 175/2016 – e dei vincoli che questa pone – e la connessa maggior capacità di agire riconosciuta alle amministrazioni pubbliche per il tramite di società partecipate.
Circa l’efficacia generale del Testo unico, viene chiarito come il principio secondo cui le sue disposizioni si applicano alle società quotate «solo ove espressamente previsto» (art. 1, comma 5) valga anche per le loro partecipate, salvo che queste siano controllate o partecipate «non per il tramite di società quotate» da amministrazioni pubbliche, nel qual caso torna ad applicarsi la regola generale della piena efficacia del Testo unico. Quest’ultima eventualità – che esclude quindi la validità della suddetta deroga – sembra così oggi valere per le società partecipate da quotate pubbliche che siano tuttavia contestualmente partecipate-controllate o “in via diretta” da amministrazioni pubbliche (come già suggerito dal Consiglio di Stato) o attraverso una diversa società a partecipazione pubblica non quotata. In questo modo, viene circoscritto il perimetro della deroga alla piena validità delle disposizioni del d.lgs. 175/2016. Tuttavia, questo avviene ricorrendo ad un criterio generale che supera la tradizionale impostazione della deroga per le quotate pubbliche (e del gruppo che queste costituiscono con le loro controllate/partecipate), dall’applicazione delle discipline pubblicistiche maggiormente vincolanti, facendo invece prevalere il dato sostanziale della presenza “diretta” di una amministrazione pubblica nella compagine sociale della società aderente al gruppo.
Ancor più significative sono poi le innovazioni apportate in merito all’efficacia dell’art. 4 del d.lgs. 175/2017, chiamato ad individuare i confini entro cui deve collocarsi l’attività delle società a partecipazione pubblica e la possibilità delle amministrazioni di mantenerne o acquisirne quote di capitale. In linea generale, vengono ora ammesse, come già previsto dallo schema di decreto, sia società aventi per oggetto sociale prevalente «la produzione di energia da fonti rinnovabili» (art. 4, comma 7) o «la realizzazione di progetti di ricerca finanziati dalle istituzioni dell’Unione europea» (art. 26, comma 2), sia «la possibilità, per le università, di costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche» (art. 4, comma 8); ma parimenti, nel testo definitivo, sono fatte salve anche le partecipazioni in società preesistenti autorizzate «alla gestione delle case da gioco» (art. 26, comma 12-sexies), senza tuttavia indicare un criterio generale cui ricondurre tali deroghe che appaiono piuttosto il frutto di valutazioni operate dal legislatore rispetto a singoli casi e quindi difficilmente in quadrabili in una prospettiva unitaria.
Sempre rispetto all’efficacia dei vincoli ex art. 4, il correttivo introduce poi altre due importanti modifiche: da un lato, estende la possibilità di sottrarne dall’applicazione singole società pubbliche individuate non più solo con decreto motivato del Presidente del Consiglio dei ministri ma ora anche con provvedimento, parimenti motivato, dei presidenti di Regione o delle Province Autonome di Trento e Bolzano, per le società da queste partecipate (art. 4, comma 9); dall’altro, consente – a condizione che l’affidamento dei servizi segua procedure ad evidenza pubblica – alle amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni «in società che producono servizi economici di interesse generale a rete […] anche fuori dall’ambito territoriale della collettività di riferimento», in deroga quindi al criterio previsto dall’art. 4, comma 2, lett. a) (art. 4, comma 9-bis).
Altrettanto significativo è poi l’intervento operato sull’art. 4, comma 2, lett. d) che sembrerebbe ridefinire il perimetro della strumentalità – ammettendo la partecipazione in società che svolgano attività di autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti «o allo svolgimento delle loro funzioni» – non vincolandola più necessariamente al solo esercizio dell’azione istituzionale del socio pubblico ma anche all’“esistenza” di questo. Stando al tenore letterale della norma, la divaricazione interna al profilo della strumentalità, scissa tra quella rivolta all’ente e quella riferita alla sua funzione, potrebbe così giustificare la presenza di società che pongano in essere anche solo attività finalizzate al reperimento delle risorse finanziarie ed operative necessarie per il “sostentamento” ed il funzionamento dell’amministrazione socia (si pensi al tema, rilevantissimo, delle partecipazioni meramente finanziarie).
Inoltre, sempre in merito all’attività che può essere svolta da società partecipate, il d.lgs. 100/2017 prevede adesso espressamente che, nel caso di società in house, la produzione ulteriore rispetto al limite dell’ottanta per cento di fatturato da realizzare nello svolgimento dei compiti affidati dall’ente socio possa essere rivolta «anche a finalità diverse» (art. 16, comma 3-bis). Una formulazione vaga che non definisce però in maniera puntuale se tali debbano essere intese le finalità connesse alle funzioni affidate dal socio pubblico – ipotesi che appare tautologica trattandosi già di per sé di produzione “ulteriore” –, quanto piuttosto quelle connesse ai suoi fini istituzionali o ancora alle attività consentite ai sensi dell’art. 4 del Testo unico, così ulteriormente derogato. Tuttavia, la necessaria finalizzazione di tale attività alla maggior efficienza ed economicità di quella principale – i.e. al conseguimento di connesse «economie di scala o altri recuperi di efficienza» –, la farebbe ricadere tra le attività strumentali all’esercizio delle funzioni dell’amministrazione socia, in questo caso attuate per mezzo dell’in house, ora comunque ammesse ex art. 4, comma 2, lett. d), consentendo peraltro di trovare così una giustificazione, benché solo parziale, alla modifica subita da quest’ultimo.
In fine, si segnalano altre due rilevanti innovazioni che incidono sull’attività dell’azionista pubblico.
Anzitutto se ne affievolisce l’onere motivazionale in ordine alla decisione di costituire una nuova società o di acquisire ulteriori partecipazioni, eliminando il riferimento all’indicazione della possibile «destinazione alternativa delle risorse pubbliche [così] impegnate» (art. 5, comma 1).
In secondo luogo, se ne incrementa la possibilità di intervenire a copertura delle perdite subite dalla società partecipata – attraverso le somme a tal scopo accantonate –, purché ciò avvenga «nei limiti della […] quota di partecipazione e nel rispetto dei principi e della legislazione dell’Unione europea in tema di aiuti di Stato» (art. 21, comma 3-bis). L’effetto che ne deriva è così quello di rafforzare la connessione finanziaria tra società e socio pubblico che il Testo unico, nella formulazione originaria, mirava invece a circoscrivere.