La Suprema Corte si pronuncia per la prima volta sul nuovo reato di inquinamento ambientale (Cass. Penale, sez. III, 03-11-2016 n. 46170)
La sentenza 3 novembre 2016, n. 46170 della Cassazione penale, sez. III, fornisce una prima interpretazione sul reato di inquinamento ambientale, introdotto dalla legge 22 maggio 2015, n. 68 e previsto dall’art. 452 bis c. p. Nella fattispecie, la Cassazione, nell’esaminare il caso della bonifica dei fondali di due moli nel golfo di La Spezia, annulla con rinvio l’ordinanza al Tribunale del riesame e si sofferma sugli elementi costitutivi del nuovo reato. In primo luogo, la Suprema Corte qualifica come abusiva non solo la condotta realizzata in assenza di autorizzazioni ma anche quella posta in essere attraverso autorizzazioni scadute o palesemente illegittime. In secondo luogo, si interroga sui parametri della significatività e sulla misurabilità della compromissione o del deterioramento derivanti dalla condotta dell’agente e richiesti dalla norma ai fini della realizzazione del reato contestato. La Cassazione, in particolare, equipara i due fenomeni di compromissione e deterioramento poiché equivalenti negli effetti in quanto comportano una condizione di alterazione dell’ambiente; tuttavia, prosegue la Corte, ciò non implica un carattere di tendenziale irrimediabilità dell’alterazione menzionata – sussistente, invece, per reato di disastro ambientale – ma è sufficiente che vi sia uno squilibrio ambientale funzionale o strutturale. Inoltre, la Corte si focalizza sul termine “significativo”, che denota senz’altro incisività e rilevanza, e su quello di “misurabile” ossia “ciò che è quantitivamente apprezzabile o, comunque, oggettivamente rilevabile” a prescindere dall’esistenza di limiti.