Mancata indicazione degli oneri di sicurezza aziendali in sede di gara dopo l’Adunanza Plenaria n. 3 e n. 9 del 2015: il Consiglio di Stato rimette nuovamente la questione all’Adunanza Plenaria. 

27.07.2016

Il Consiglio di Stato, con Ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria n. 1116 del 2016, ha posto la questione se, in costanza di un principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria, in presenza o in assenza di una verifica espressa della rispondenza alla disciplina dell’Unione Europea, che venga sospettato di contrasto con la normativa dell’Unione, la singola Sezione deve rimettere la questione ai sensi dell’art. 99 co. 3 c.p.a., oppure può sollevare autonomamente una pregiudiziale alla Corte di Giustizia e se il principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria n. 9/2015 sia rispettoso dei principi euro-unitari.

L’Adunanza Plenaria, in quella occasione, aveva affermato che non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3/2015. In base a tale precedente pronuncia era stato statuito che l’obbligo per le ditte partecipanti di indicazione separata, nell’offerta, degli oneri di sicurezza aziendale deve ritenersi sussistente anche per le procedure di affidamento relative ai lavori, pena l’esclusione dell’offerta, anche se non previsto nel bando di gara.

Il Consiglio di Stato era giunto a tali conclusioni sulla base di un’interpretazione sistematica delle norme in quel momento vigenti, dal combinato disposto degli artt. 46 co. 1bis, 87 co. 4 e 86 co. 3bis del D.Lgs. n. 163 del 2006 e dell’art. 26 co. 6 del D.Lgs. n. 81 del 2008. L’art. 46 co. 1bis prevedeva che “La stazione appaltante esclude… i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal… codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge…, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto…”. L’art. 87 co. 4 disponeva: “Non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza… e alla relativa stima dei costi… Nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture”. In tale norma l’obbligo di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale era letteralmente riferito ai soli appalti di servizi e forniture. L’art. 86 co. 3bis recitava: “Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture”, qui l’obbligo di indicazione degli oneri della sicurezza sembrava essere riferito a tutti gli appalti pubblici; tuttavia appariva riguardare gli enti aggiudicatori e non agli offerenti. Inoltre, l’art. 26 co. 6 del D.Lgs. n. 81 del 2008 dispone: “Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture”.

Oltre che dall’Ordinanza del Consiglio di Stato n. 1116/2016, è stato rilevato anche dalla giurisprudenza di merito, a più riprese, il possibile contrasto con la normativa dell’Unione Europea di quella nazionale citata, se interpretata, come fatto dall’Adunanza Plenaria, nel senso che, pur in assenza di specifica indicazione nella lex specialis dell’obbligo di indicare i costi della sicurezza e della predisposizione da parte della stazione appaltante di moduli per la formulazione dell’offerta, nei quali non sia previsto un campo nel quale indicare i costi de quibus, l’offerta che ne sia priva debba essere esclusa dalla stazione appaltante. Una simile

impostazione trascura il comportamento dell’amministrazione che induca in errore i concorrenti (TAR Piemonte, Sent. n. 1745/2015; TAR Molise, Sent. n. 77/2016; TAR Marche, Sent. n. 104/2016, TAR Campania Sent. n. 990/2016).

Diversi TT.AA.RR. hanno proposto la questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE, concernente la compatibilità della normativa nazionale, così come interpretata dall’Adunanza Plenaria, con i principi euro-unitari. È stato posto, in particolare, in rilievo il principio della tutela del legittimo affidamento, in quanto le discipline di gara non prevedevano espressamente l’obbligo di indicazione separata, nell’ambito dell’offerta economica, degli oneri di sicurezza aziendale. Né può dirsi che tale obbligo può trarsi con certezza dal diritto positivo il quale ha richiesto l’intervento dell’Adunanza Plenaria. I Collegi de quibus si sono domandati se il principio della tutela del legittimo affidamento, insieme a quelli della certezza del diritto, della trasparenza e della proporzionalità ostino ad una regola del diritto italiano, che obblighi ad escludere da una procedura di evidenza pubblica un’impresa che abbia fatto affidamento sulla completezza degli atti amministrativi disciplinanti la gara. Il diritto interno, secondo i Giudici dei rinvii, pretenderebbe di imputare una colpa inescusabile all’impresa che, nel silenzio degli atti di gara, non abbia provveduto ad integrare la lex specialis, non semplicemente con riguardo a quanto disposto dalla legge, ma nel senso che sarebbe derivato dalla richiamata interpretazione estensiva dell’Adunanza Plenaria, anche indipendentemente dal fatto che quest’ultima si sarebbe pronunciata solo successivamente alla conclusione della fase di presentazione delle offerte. Assumono rilievo, in tal senso, anche i principi euro-unitari del favor partecipationis e della parità di trattamento sostanziale tra le imprese, posto che nemmeno è stato revocato in dubbio che le offerte economiche interessate fossero rispettose degli oneri di sicurezza. L’esclusione delle concorrenti, pertanto, in applicazione del diritto nazionale, dovrebbe essere disposta per ragioni di natura formale, senza che sia nemmeno concessa la possibilità, mediante il rimedio del soccorso istruttorio, di dimostrare che effettivamente le offerte presentate siano adeguate, anche con riguardo ai costi di sicurezza aziendale. Si restringerebbe indebitamente la platea dei possibili concorrenti, in violazione dei principi di libera concorrenza e libera prestazione dei servizi. La normativa italiana potrebbe comportare discriminazioni nei confronti delle imprese comunitarie che volessero partecipare ad un appalto di lavori bandito da un’amministrazione, attese sia le oggettive difficoltà di conoscenza del diritto italiano, quale risultante dalla riportata interpretazione nomofilattica, sia dalla connessa riconosciuta prevalenza del profilo formale (mancanza dell’indicazione separata) rispetto al profilo sostanziale (effettivo rispetto dei costi di sicurezza interni). Finanche il principio di proporzionalità parrebbe essere violato, laddove la tutela della sicurezza del lavoro potrebbe essere agevolmente garantita nell’ambito del sub-procedimento di valutazione della congruità dell’offerta, per cui la sanzione espulsiva, comminata a prescindere dalla correttezza sostanziale dell’offerta, sembra eccessiva rispetto allo scopo perseguito.

Secondo altra recente giurisprudenza (TAR Umbria, Sent. n. 1/2016) pur venendo prospettati profili di giustizia sostanziale alla Corte Europea, non sembra che possa evidenziarsi un vulnus al principio di tutela del legittimo affidamento, come pure a quello di certezza del diritto e di proporzionalità, al principio del favor partecipationis e della parità di trattamento tra le imprese concorrenti in un’interpretazione certamente rigorosa, ma non priva di un fondamento di razionalità, in quanto strettamente connessa a garantire un’adeguata ponderazione dei costi interni per la sicurezza e salute dei lavoratori, che trova il proprio fondamento negli artt. 32, 35 e 41 della Costituzione, derivante dall’esegesi giurisprudenziale, la quale, quand’anche proveniente dall’organo con funzione nomofilattica, ha valore puramente dichiarativo e non costituisce novum ius.

Non ci resta che attendere le pronunce dell’Adunanza Plenaria e della Corte di Giustizia sulla questione; infine, interessante sarà capire l’interpretazione che verrà data alle previsioni del D.Lgs. 50/2016 appena entrato in vigore.

a cura di Annalisa Maccarelli