Con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla natura degli accordi quadro delle regioni che prevedono l’affidamento diretto del servizio sanitario di trasporto d’urgenza e di emergenza ad associazioni di volontariato convenzionate e sui profili di compatibilità di tale modalità di organizzazione del servizio con il diritto dell’Unione europea..
Nella fattispecie, una ASL, sulla base dell’Accordo quadro regionale per la regolamentazione dei rapporti tra aziende sanitarie ed ospedaliere e le associazioni di volontariato e la Croce Rossa Italiana approvato con d.G.R. Liguria n. 283/2010 (ai sensi degli artt. 75-bis e 75-ter, della l.r. Liguria n. 41/2006, aggiunti dalla l.r. n. 57/2009), aveva sottoscritto delle convenzioni per i trasporti sanitari di urgenza ed emergenza con le associazioni di volontariato aderenti all’ Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze (in appresso, “ANPAS”) e con la Croce Rossa.
Due cooperative sociali, tra i soggetti che svolgevano detti servizi in base a preesistenti convenzioni, impugnavano dinanzi al Tar Liguria i suddetti provvedimenti e gli altri atti e provvedimenti ad essi connessi, ivi compresi gli atti di recepimento del relativo Accordo quadro regionale.
Nello specifico, le ricorrenti in primo grado deducevano censure di violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della direttiva 2004/18, degli artt. 49, 56, 105 e 106 del TFUE, da parte dell’art. 75-bis della suddetta l.r. n. 41/2006 (in quanto stabilisce che il servizio di trasporto sanitario venga affidato prioritariamente ed in via diretta solo ad alcuni soggetti – le associazioni di volontariato e la Croce Rossa – con esclusione di altri, tra i quali le cooperative sociali) e degli atti applicativi, nonché di violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della l.r. n. 24/1991 (secondo il quale il trasporto sanitario era affidato, sempre mediante convenzioni, ma a tutti i soggetti presenti sul territorio in grado di svolgere il servizio) ed eccesso di potere sotto vari profili.
Il Tar Liguria, con la sentenza n. 565/2012, accoglieva il ricorso in quanto – muovendo dal presupposto che la nozione di onerosità debba essere interpretata in senso estensivo e che, quindi, l’Accordo quadro impugnato presentasse le caratteristiche di un appalto pubblico – ravvisava l’esistenza di un affidamento diretto, senza gara, come tale in contrasto con i principi di cui agli artt. 49, 56, 105 del TFUE.
Con tre distinti atti di appello, la ASL, la Regione e l’ANPAS impugnavano la sentenza, contestando il presupposto relativo all’onerosità dell’accordo quadro e, pertanto, la necessità di ricorrere ad una procedura ad evidenza pubblica.
La Sezione Terza del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 1195/2013, disponeva la sospensione del giudizio e sottoponeva alla Corte di giustizia dell’Unione europea due questioni pregiudiziali.
1) “Dica la Corte di Giustizia se gli articoli 49, 56, 105 e 106 del TFUE ostano ad una norma interna che prevede che il trasporto sanitario sia affidato in via prioritaria alle associazioni di volontariato, Croce Rossa Italiana ed alle altre istituzioni o enti pubblici autorizzati, per quanto sulla base di convenzioni che stabiliscano l’esclusiva erogazione dei rimborsi delle spese effettivamente sostenute”;
2) “Dica la Corte di Giustizia se il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici – nel caso in esame, trattandosi di contratti esclusi, i principi generali di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità – osti ad una normativa nazionale che permetta l’affidamento diretto del servizio di trasporto sanitario, dovendo qualificarsi come oneroso un accordo quadro, quale quello qui in contestazione, che preveda il rimborso anche di costi fissi e durevoli nel tempo”.
La Corte di giustizia, si è pronunciata con sentenza 11 dicembre 2014, in C-113/13.
Preliminarmente, la Corte ha osservato che i servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza rientrano, al contempo, nella categoria 2 di cui all’allegato II A della direttiva 2004/18, relativamente agli aspetti di trasporto, e nella categoria 25 di cui all’allegato II B, relativamente agli aspetti medici (considerato che la direttiva 2014/24/UE, il cui art. 10, lett. h ne esclude l’applicabilità agli appalti pubblici di servizi aventi ad oggetto il servizio di trasporto sanitario d’emergenza, non si applica ratione temporis alla controversia in esame, giacché, ex art. 91, resta applicabile fino al 18 aprile 2016 la direttiva 2004/18).
Quanto all’Accordo quadro, esso è riconducibile all’art. 1, par. 5, della direttiva 2004/18 e rientra quindi nella nozione di appalto pubblico, senza che assumano rilievo decisivo – in senso contrario – né la circostanza che sia stato concluso per conto di associazioni che non perseguono fini di lucro, né il fatto che l’accordo quadro e la convenzione attuativa non prevedano trasferimenti finanziari a favore delle associazioni di volontariato diversi dal rimborso di costi.
Di conseguenza – ritiene la Corte – ha scarsa rilevanza accertare se i costi che devono essere rimborsati coprano unicamente i costi diretti collegati allo svolgimento delle prestazioni oppure anche una parte delle spese generali.
Ciò posto, alla suddetta natura mista dei servizi in esame consegue – una volta verificato il superamento della soglia di valore di cui all’art. 7 – l’applicazione del criterio di prevalenza del valore economico tra le due categorie (art. 22), per stabilire se trovino applicazione gli articoli da 23 a 55 della direttiva (ipotesi di prevalenza dei servizi allegato II A) o soltanto gli articoli 23 e 35, par. 4, oltre ai principi generali di trasparenza e parità di trattamento derivanti dagli articoli 49 e 56 TFUE (ipotesi della prevalenza dei servizi allegato II B).
In questo secondo caso, qualora si tratti di attività i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro, deve essere altresì previamente verificata la sussistenza di un interesse transfrontaliero certo all’applicazione dei principi comunitari (la verifica deve essere compiuta dal giudice del rinvio, sulla base di indici quali: l’importo dell’appalto, il luogo di esecuzione, le caratteristiche tecniche, l’esistenza di denunce, reali e non fittizie, presentate dagli operatori ubicati in altri Stati membri).
Sulla compatibilità del sistema di convenzioni in discorso con il diritto dell’Unione, la Corte ha statuito:
– da un lato, che il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici, riguardo ai servizi, è diretto a garantire la libera circolazione dei servizi e l’apertura ad una concorrenza non falsata e più ampia possibile negli Stati membri e che un sistema di convenzioni come quello instaurato dall’art. 75-ter della l.r. Liguria n. 41/2006 conduce ad un risultato contrario a detti obiettivi, in quanto esclude i soggetti non finalizzati al volontariato da una parte essenziale del mercato interessato (in particolare, l’affidamento diretto di un appalto, in mancanza di qualsiasi trasparenza, costituisce disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate a tale appalto, che, salvo che risulti giustificata da circostanze obiettive, costituisce una discriminazione indiretta in base alla nazionalità, vietata in applicazione degli articoli 49 e 56 TFUE);
– dall’altro lato, che – ai sensi dell’art. 75-ter, par. 1 e 2, lettera a), della l.r. n. 41/2006 (in coerenza con la disciplina italiana del volontariato, dettata dal principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., dall’art. 45 della legge n. 833/1978 e dalla legge-quadro n. 266/1991) – le modalità di organizzazione del servizio di trasporto sanitario in questione, incentrate sul ricorso in via prioritaria alle associazioni di volontariato convenzionate, sono motivate dai principi di universalità, di solidarietà, di efficienza economica e di adeguatezza, la cui realizzazione costituisce obiettivi presi in considerazione dal diritto dell’Unione, che non incide sulla competenza degli Stati membri a configurare i loro sistemi di sanità pubblica e previdenziali e decidere il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui tale livello deve essere raggiunto.
Quindi, la Corte ha concluso affermando che: “Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale che, come quella in discussione nel procedimento principale, prevede che la fornitura dei servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza debba essere attribuita in via prioritaria e con affidamento diretto, in mancanza di qualsiasi pubblicità, alle associazioni di volontariato convenzionate, purché l’ambito normativo e convenzionale in cui si svolge l’attività delle associazioni in parola contribuisca effettivamente alla finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio su cui detta disciplina è basata”.
La Corte ha anche precisato che spetta al giudice del rinvio di verificare in concreto se il sistema di organizzazione del servizio di trasporto sanitario oggetto di controversia, quale disciplinato dalla normativa e attuato con l’accordo quadro regionale e le specifiche convenzioni che da esso discendono, contribuisca effettivamente alla finalità sociale ed al perseguimento degli obiettivi predetti.
A tale riguardo, quali elementi di valutazione ed indici di legittimità del concreto svolgimento dell’attività, è necessario:
(i) che “le associazioni di volontariato non perseguano obiettivi diversi da quelli menzionati”;
(ii) che “non traggano alcun profitto dalle loro prestazioni, a prescindere dal rimborso di costi variabili, fissi e durevoli nel tempo necessari per fornire le medesime”;
(iii) che “non procurino alcun profitto ai loro membri”;
(iv) che le attività delle associazioni, in particolare per quanto riguarda l’utilizzazione di lavoratori, rispetti “rigorosamente i requisiti loro imposti dalla legislazione nazionale” (in particolare, “l’attività delle associazioni di volontariato può essere svolta da lavoratori unicamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento”).
Relativamente al rimborso dei costi – precisa ancora la Corte – occorre verificare che nessun scopo di lucro, nemmeno indiretto, possa essere perseguito sotto la copertura di un’attività di volontariato, e altresì a che il volontario possa farsi rimborsare soltanto le spese effettivamente sostenute per l’attività fornita, nei limiti previamente stabiliti dalle associazioni stesse.
Applicando dette statuizioni della Corte di giustizia, con la sentenza in esame il Consiglio di Stato ha accertato che, nella fattispecie, l’attività direttamente affidata alle associazioni di volontariato appellanti contribuisce effettivamente alla finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio su cui detta disciplina è basata.
Infatti, per quanto riguarda la disciplina normativa, la Sezione Terza sottolinea che:
– in base all’art. 2 della legge quadro sul volontariato n. 266/1991, l’attività di volontariato è “quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà” (comma 1) e la mancanza di fini di lucro è resa concreta con il divieto per il volontario di essere retribuito in alcun modo, potendogli essere “soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata” (comma 2), anche in considerazione dell’incompatibilità fra la qualità di volontario e qualsiasi forma di rapporto di lavoro e ogni altro rapporto patrimoniale di contenuto patrimoniale con l’organizzazione stessa (comma 3);
– l’art. 5 stabilisce che le organizzazioni di volontariato possono trarre le loro risorse economiche unicamente da contributi degli aderenti, di privati o di istituzioni, da donazioni e lasciti testamentari, da “rimborsi derivanti da convenzioni” e da entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali;
– l’art. 7 disciplina dette convenzioni, che possono essere stipulate unicamente con le associazioni iscritte nei registri istituiti e tenuti dalle regioni e dalle province autonome e che devono contenere disposizioni dirette a garantire l’esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti, prevedendo forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità e altresì delle “modalità di rimborso delle spese” (comma 1), con una copertura assicurativa a carico dell’ente pubblico col quale viene stipulata la convenzione (comma 2);
– la l.r. Liguria n. 15/1992 ha attuato i principi della legge quadro, prevedendo in particolare l’istituzione del registro regionale delle organizzazioni di volontariato, comprendente il settore “sanitario” (art. 3, comma 1), l’aggiornamento annuale del registro e la cancellazione da esso delle organizzazioni che non abbiano ottemperato all’obbligo di trasmettere copia del bilancio o del rendiconto annuale ed una relazione sull’attività svolta o che abbiano perduto i requisiti necessari per ottenere l’iscrizione (commi 4 e 5);
– l’art. 75-ter, comma 3, della l.r. Liguria 41/2006, dispone che “Le convenzioni e i protocolli di collaborazione e reciproche intese [di cui alla lettera a) del comma 2] prevedono per le associazioni di volontariato, la Croce Rossa Italiana e per le altre istituzioni o enti pubblici autorizzati l’esclusiva erogazione di rimborsi delle spese effettivamente sostenute, secondo i criteri stabiliti dalla Giunta regionale sulla base dei principi di economicità, efficienza e non sovracompensazione dei costi sostenuti”.
Per quanto concerne il livello amministrativo (id est: l’Accordo quadro regionale, le delibere di giunta regionale e le conseguenti convenzioni), il Consiglio di Stato afferma che, nella fattispecie, lo schema di rendiconto, in coerenza con le previsioni normative, si presenta come mero riepilogo di voci di costi che devono essere sostenuti dal soggetto affidatario del servizio, ferma restando l’impossibilità di superare il tetto massimo erogabile stabilito dall’Accordo quadro e considerata altresì la verifica, mediante controlli, della corrispondenza della rendicontazione alla documentazione contabile.
Tutto ciò – secondo la Sezione Terza – dovrebbe impedire di ottenere un rimborso superiore a quanto effettivamente speso dall’associazione di volontariato.
Inoltre, è ragionevole che tale modalità organizzativa del servizio, giovandosi dell’espletamento dell’attività di volontariato in modo “determinante e prevalente” – a fronte del solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e, quindi, senza remunerazione (di buona parte) del personale utilizzato e senza margini di profitto imprenditoriale – conduca ad un risparmio significativo di costi.
Pertanto, ad avviso del Consiglio di Stato, non si ravvisano ragioni per dubitare che, nella fattispecie, il ricorso in via prioritaria alle associazioni di volontariato ed alla Croce Rossa costituisca una modalità di organizzazione del servizio idonea a garantire ad un tempo il perseguimento degli obiettivi di solidarietà sociale e di efficienza economica.