Dichiarazione d’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, co. 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, co. 1, lett. b), della legge n. 194 del 1978, accertate da apposite strutture pubbliche. Il divieto in esame lede irragionevolmente il diritto alla salute della donna che intenda accedere alle tecniche di PMA ed è pertanto in contrasto con gli artt. 3 e 32 Cost.
Oggetto della q.l.c. è la dedotta violazione degli artt. 3 e 32 Cost. da parte degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, co. 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), che vietano l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita con diagnosi preimpianto alle coppie fertili, anche se affette da gravi patologie genetiche ereditarie, suscettibili di trasmettere al nascituro rilevanti anomalie o malformazioni.
Secondo il Giudice delle leggi, il divieto in questione è irragionevole, perché le coppie citate non possono accedere alla PMA e alla diagnosi preimpianto ma possono poi ricorrere all’interruzione di gravidanza ex art. 6, co. 1, lett. b), della legge n. 194 del 1978, qualora il feto sia affetto dalla patologia di cui i genitori sono portatori sani. In proposito, la Corte precisa che «il sistema normativo, cui danno luogo le disposizioni censurate, non consente (pur essendo scientificamente possibile) di far acquisire “prima” alla donna una informazione che le permetterebbe di evitare di assumere “dopo” una decisione ben più pregiudizievole per la sua salute. Dal che, quindi, la violazione anche dell’art. 32 Cost. […], per il mancato rispetto del diritto alla salute della donna. Senza peraltro che il vulnus, così arrecato a tale diritto, possa trovare un positivo contrappeso, in termini di bilanciamento, in una esigenza di tutela del nascituro, il quale sarebbe comunque esposto all’aborto».
L’irragionevole ponderazione degli interessi in gioco, peraltro già rilevata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza del 28 agosto 2012 (“Costa e Pavan c. Italia”), conduce alla declaratoria d’illegittimità costituzionale delle disposizioni menzionate, nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, co. 1, lett. b), della legge n. 194 del 1978, accertate da apposite strutture pubbliche. Il giudice costituzionale afferma infine che spetta ora al legislatore introdurre apposite norme che individuino le malattie che giustifichino l’accesso alla PMA con diagnosi preimpianto alle coppie fertili.